Выбрать главу

Tutte le finestre della sala di pronto intervento erano aperte. Dalle scrivanie e dagli schedari volavano pezzi di carta.

Thorne sorseggiò il tè, ascoltando il fruscio dei fogli e i grugniti di quelli che dovevano chinarsi a raccoglierli, e pensò a quanto era diverso da quella donna. Lui si portava il lavoro dappertutto, non solo a casa. Tanto si trattava di una casa vuota. Aveva divorziato dalla moglie Jan cinque anni prima, dopo che lei aveva preso una sbandata per un professore di scrittura creativa. Da allora Thorne aveva avuto un paio di avventure, ma nulla di serio.

Yvonne Kitson infilò il bicchiere di plastica bollente in un altro bicchiere vuoto e soffiò sul tè. «A proposito, è una mia impressione, o davvero nel caso Remfry non abbiamo fatto passi avanti?»

Thorne vide Russell Brigstocke che, dal lato opposto della sala, gli faceva cenno di raggiungerlo nel suo ufficio. «No, non è una tua impressione…» rispose alla collega, mentre si avviava.

Quando Russell Brigstocke era davvero incazzato, aveva una faccia capace di far cagliare il latte. Quando invece cercava di apparire serio, c’era sempre qualcosa di melodrammatico nella sua espressione, un modo di atteggiare la testa e le labbra che strappava sempre un sorriso a Thorne.

«Allora, come siamo messi, Tom?»

Thorne cercò invano di non sorridere. Poi pensò che fosse meglio dargli una risposta più ottimista di quella data a Yvonne Kitson. «Nulla di conclusivo, ma andiamo avanti, signore.» Ci voleva sempre il “signore”, quando Brigstocke aveva quella faccia. «Abbiamo rintracciato la maggior parte dei parenti maschi delle vittime. È una pista non molto interessante, finora, ma potremmo anche avere fortuna. Abbiamo interrogato gli ex compagni di cella di Remfry e la storia su quel Gribbin sembra promettente.»

Brigstocke annuì. «Anche secondo me. Se qualcuno mi avesse quasi staccato il naso con un morso, sarei anch’io ansioso di pareggiare i conti.»

«Remfry sosteneva di essere stato lui a farlo. Forse era solo una vanteria. In ogni modo, non siamo ancora riusciti a trovare Gribbin.»

«Che altro?»

Thorne alzò le mani. «Questo è tutto, per il momento. Appena il comandante Jeffries ci farà sapere qualcosa, potremo cominciare a controllare l’IIS.»

«Jeffries si è già fatto sentire» comunicò Brigstocke. «Ma non eccitarti troppo…»

Stephen Jeffries era un funzionario di polizia di alto rango che lavorava come consigliere ufficiale per il Servizio Carcerario di Sua Maestà e quindi aveva il suo ufficio nel quartier generale del Servizio, un edificio pretenzioso dalle parti di Millbank da cui si potevano vedere gli uffici dell’MI6 dall’altra parte del fiume.

Jeffries aveva indagato con discrezione per verificare la possibilità di una fuga di dati dall’IIS. Se era da lì che l’assassino aveva preso le sue informazioni, parecchie persone avrebbero voluto sapere come ci era riuscito.

«Secondo il parere provvisorio del comandante Jeffries, è improbabile che questa linea di indagine si riveli fruttuosa.»

«Chiedo scusa, ma non ho portato il dizionario di burocratese…»

«Non fare lo scemo, Tom.»

Thorne si strinse nelle spalle. Sembrava che Jeffries provenisse dallo stesso posto che aveva prodotto il sovrintendente Trevor Jesmond. «Sono tutt’orecchi.»

Brigstocke gettò un’occhiata al foglio che aveva sulla scrivania, leggendo rapidamente ad alta voce. «“Le persone che hanno accesso al sistema lavorano all’interno dell’edificio del quartier generale, nonché nei dodici uffici regionali di Londra, Yorkshire, Midlands, eccetera eccetera…”»

Thorne gemette. «Stiamo parlando di centinaia di persone…»

«Migliaia. Controllarle tutti richiederebbe una quantità di uomini di cui non disporremo mai.»

Thorne annuì. «Quindi, anche se la linea d’indagine dovesse rivelarsi fruttuosa, i frutti non si vedrebbero molto in fretta.» Prese il bicchiere di plastica vuoto che si trovava sulla scrivania di Brigstocke, si voltò e mirò al cestino della carta straccia.

«Già» disse Brigstocke.

Thorne mancò il bersaglio di quasi mezzo metro. Tornò a voltarsi verso l’ispettore capo. «E se si trattasse di un hacker?»

«Porca miseria, qualche migliaio di sospetti è già abbastanza, perché vuoi farli diventare milioni?»

«Non lo voglio affatto, ma se il sistema non è sicuro…»

«Se quel sistema non è sicuro, parecchie persone riceveranno un bel calcio nel culo. L’IIS contiene informazioni dettagliate su tutti i prigionieri del paese, terroristi compresi. Se dovessimo scoprire che qualcuno è riuscito a penetrare nel database, per qualunque motivo… Cristo, il caso di Douglas Remfry arriverebbe in parlamento.»

«Ma stanno controllando, comunque?»

«Per quel che ne so…»

«Hanno dei programmi che li avvisano se qualcuno si è introdotto nel sistema, giusto? Come una specie di allarme.»

«Non chiederlo a me» disse Brigstocke. «Io a malapena sono capace di mandare un’e-mail.»

Fino a poco tempo prima, anche Thorne si trovava nella stessa situazione, ma poi si era messo d’impegno ed era finalmente riuscito a familiarizzare con la moderna tecnologia. Aveva perfino acquistato un computer per casa, anche se per il momento non l’aveva usato molto.

«Quindi, da una parte abbiamo la scarsità di risorse umane e dall’altra un delicato problema a livello politico. Il comandante Jeffries ha qualche suggerimento su quel che possiamo fare?»

Brigstocke si tolse gli occhiali, asciugò il sudore dalla montatura con un fazzoletto e se li rimise. «No, ma ce l’ho io. Secondo me ci sono altri modi in cui l’assassino può avere ottenuto le informazioni che cercava su Remfry.»

«Continua…»

«Per esempio, potrebbe averle ottenute dalla famiglia. Trova il nome della madre sull’elenco telefonico, la chiama e le dice di essere un vecchio amico del figlio, che vorrebbe andare a trovarlo in prigione…» Thorne annuì. Era possibile. «Una volta scoperto in quale carcere si trova Remfry e quando è previsto il suo rilascio, comincia a mandare le lettere…»

«E scopre tutto solo con una telefonata alla madre di Remfry?»

«La madre di Remfry… o forse un membro dello staff della prigione. Quel che voglio dire è che ci sono altre piste che potremmo seguire.»

«Qual è il movente, Russell? È la domanda importante cui non abbiamo ancora risposto. Perché Remfry è stato ucciso?»

Brigstocke sbuffò, spingendosi indietro sulla sedia. «E che ne so! Comunque varrebbe la pena di fare un’altra chiacchierata con la signora Remfry…»

Qualcosa, in ciò che Brigstocke aveva detto, aveva fatto accelerare le pulsazioni di Thorne. Appena un secondo… come il viso di qualcuno in sogno, come un oggetto noto visto da un’angolazione insolita… sparito prima che lui potesse riconoscerlo per ciò che era.

Thorne stava ancora cercando di risolvere quel dilemma, quando disse: «Sto seguendo anche un’altra pista. Qualcosa che ha a che fare con quelle foto».

Brigstocke si chinò in avanti, inarcando un sopracciglio.

«Ti terrò al corrente, se scopro qualcosa» disse Thorne. Guardò l’orologio. «Cazzo, sono in ritardo…»

Il cellulare di Holland squillò proprio mentre lui attraversava la strada per andare a farsi la solita pinta prima di pranzo. Andy Stone lo fissò con la stessa espressione con cui erano soliti guardarlo gli altri colleghi, quando notavano la sua faccia all’apparire della parola “casa” sul display del cellulare.

«Merda» disse Holland.

Stone fece qualche passo verso la porta del pub, poi si fermò. «Ne ordino una anche per te, Dave?»