«È gialla.»
«Più precisamente, “giallo pulsar”.»
Holland girò lentamente intorno all’auto, come se stesse esaminando un cadavere appena scoperto. Thorne indicò l’interno. «Sedili in pelle…»
Holland fissò la targa. «“P”? Ma quando…?»
«Nel portabagagli c’è uno stereo automatico che tiene dieci CD…»
«Di che anno è?»
Thorne sapeva che non c’era modo di far suonare bene quella data. «Millenovecentosettantacinque.»
Holland rise. «Cristo, ha quasi la mia età.»
«Ha solo settantottomila chilometri…»
«Capo, lei è impazzito. Ha fatto almeno controllare che non ci sia ruggine?»
«Sì, ho dato un’occhiata e sembra proprio che sia tutto a posto.»
«Sotto, intendo. L’ha fatta mettere su un ponte?»
«Quattro anni fa le hanno rifatto il motore e il tizio dell’officina mi ha detto che da allora ha fatto solo quindicimila chilometri.»
«Quanto l’ha pagata?»
«La frizione è praticamente nuova. O era la scatola del cambio? Be’, una delle due, insomma.»
«Cinquemila?» Thorne non disse nulla. «Cristo, non le daranno mai una cifra del genere per la Mondeo.»
«È un regalo che mi sono fatto, va bene? Non ho altro per cui spendere soldi.»
«Ma non sa nulla di macchine d’epoca. Avrebbe potuto comprarne una quasi nuova, per la stessa cifra. E questa con il passare del tempo le costerà una fortuna.»
«Ma è bellissima, non credi?» Thorne prese da una tasca un fazzoletto di carta e iniziò a pulire il simbolo sul cofano.
Holland aprì la portiera. «La bellezza non conta, quando ti trovi seduto sull’asfalto.»
Thorne si sedette al volante, scuro in volto. «Avrei fatto meglio a non invitarti, miserabile guastafeste.»
«Sto solo cercando di essere pratico. Cosa succede se ci lascia a piedi mentre siamo diretti sul luogo di un delitto?»
«La prossima volta,» disse Thorne, girandosi verso Holland «chiederò a Trevor Jesmond se gli va di venire a bere qualcosa con me.»
Un’ora dopo, l’umore di Thorne era migliorato notevolmente. Una volta fatte le presentazioni, Eve e gli altri erano corsi fuori a vedere la macchina e tutti l’avevano trovata bellissima. Ma Holland cercava alleati e, poco dopo, mentre le ragazze erano andate a prendere da bere, si rivolse a Ben Jameson. «Tu, al posto suo, non avresti comprato qualcosa di più recente?»
«Io credo che sia un’ottima auto» rispose Ben. «Anch’io ho una BMW.»
Thorne sollevò la sua bottiglia in direzione di Jameson e rivolse a Holland un sorriso sarcastico. «Tom dice che sei un regista.» «Faccio video aziendali, più che altro.» «Se hai una BMW, deve andarti abbastanza bene…»
«Non mi lamento, ma vorrei tanto riuscire a far decollare un mio progetto…»
«Non deve essere semplice, immagino.»
«È solo questione di soldi. Devo farmi affidare più lavori da clienti come la Sony o la Deutsche Bank.»
«A che cosa stai lavorando, adesso?»
Jameson bevve un sorso dalla sua bottiglia di Budvar. «Oh, una cosa appassionante. Un concerto di beneficenza e alcuni spot per la QVC.»
Thorne prese una manciata di patatine da una confezione aperta sul tavolo. «Ah, allora sei tu il colpevole…»
Jameson alzò le mani. «Reo confesso.»
Holland rivolse a Thorne un sorriso sfottente. «Non credevo che fosse un fan delle televendite.»
«Seguo il calcio su Sky, ovviamente» disse Thorne. «Ma quando, a notte fonda, non ho nulla di meglio da fare, non mi dispiace guardare un attore fallito che cerca di vendermi un aspirapolvere.»
Rimasero in silenzio per un po’. Thorne lanciò un’occhiata alla sua auto, attraverso la vetrata. Holland annuì ascoltando la canzone dei Coldplay che in quel momento riempiva il locale e Jameson si voltò a vedere che cosa facevano Eve e Denise al bancone.
Thorne smise di fissare la sua nuova macchina e si guardò intorno. Era un pub-ristorante, nuovo, ma già affermato. Eve aveva detto che sul retro c’era una sala dove avrebbero potuto mangiare tranquilli, ma Thorne era contento di stare lì, con una birra belga in mano e olive e patatine davanti.
Erano seduti in un angolo, intorno a un tavolo circondato da sedie scompagnate.
Thorne si era accaparrato una poltrona un po’ sfondata ma comoda e stava cercando di tenerne libera una simile accanto alla sua per Eve.
L’interno del locale era poco affollato, perché la maggior parte della gente aveva preferito sedersi ai tavoli esterni, sul marciapiede. Non c’era l’aria condizionata, ma le pale dei ventilatori a soffitto ruotavano a tutta forza e la birra era fredda.
Thorne, grazie anche alla macchina nuova, si sentiva rilassato e contento come non gli accadeva da tempo.
Eve e Denise tornarono con altre birre e una bottiglia di vino e, poiché mentre aspettavano al bancone dovevano avere bevuto, si misero a prendere in giro Thorne, Holland e Jameson. I tre protestarono, ma in realtà si divertivano.
Parlarono di calcio, televisione e dei prezzi delle case. E, inevitabilmente, di lavoro.
«Dai, Dave» disse Denise. «Parlaci del pazzo che state braccando, quello che ha lasciato il messaggio sulla segreteria di Eve.»
«Den!» cercò di interromperla Eve. Si voltò verso Thorne. «Scusala…»
Thorne si strinse nelle spalle. «Non c’è problema.»
«È vero, è un pazzo» disse Holland. «E lo stiamo braccando. Il che vuol dire che non lo abbiamo ancora preso.»
«Sembra uno dalla psiche piuttosto contorta» intervenne Jameson. «Ma in un certo senso è affascinante.»
Denise si chinò verso Holland. «Ci sono persone così in giro, questo lo sappiamo tutti, ma l’idea di venire in contatto con lui, o con un suo simile, mi dà i brividi.»
«Non preoccuparti» la rassicurò Holland. «Non sei il suo tipo.»
«Lo so. Lui uccide solo uomini, no? Uomini che hanno fatto del male a delle donne.»
Seguì un silenzio imbarazzato, che Denise ruppe con disinvoltura. «La gente è sempre affascinata da cose del genere. Fanno accapponare la pelle, ma sono comunque più interessanti che starsene a fissare un computer…»
Thorne approfittò dell’occasione per fare una battuta in proposito. Gli altri fecero una risatina di cortesia, e poi Denise e Ben ripresero a parlare con Holland. Che lo facessero perché Holland piaceva loro davvero, o solo per non dargli l’impressione di essere lì a reggere il moccolo, a Thorne non interessava. L’importante era che così lui aveva la possibilità di parlare con Eve. Accostò la poltrona alla sua e si piegò verso di lei.
«È stata una bella idea» disse.
«Ma non ne eri sicuro, vero?» disse lei, indicando Holland con un cenno del capo. «Perciò ti sei portato i rinforzi.»
«Sei arrabbiata con me?»
«Un’ora fa lo ero. Adesso non più.»
Thorne allungò una mano verso la sua birra. «Volevo solo mostrargli la macchina…»
Eve lo fissò a lungo. Era chiaro che non gli credeva. «E a parte il tuo caso, che diventa sempre più complicato, che altro è successo?»
Thorne abbassò gli occhi, fece ondeggiare la birra nel bicchiere e rimase in silenzio.
«Credevo che ci tenessi. Me lo hai detto tu stesso.»
«È vero.»
«Ma sei strano. Anche la notte in cui mi hai riaccompagnata a casa eri strano. Ti comporti in modo strano fin da quando sei tornato da quel matrimonio…»
Thorne chinò la testa e abbassò la voce. «Ascolta, io tendo ad agitarmi quando una storia comincia a sembrarmi una cosa seria. Non so più quello che voglio e comincio a…»
«Seria? Ma se non abbiamo neppure ancora dormito insieme.»
«È proprio quello che voglio dire. Sembrava una cosa programmata, inevitabile… E così forse mi sono tirato un po’ indietro.»