Выбрать главу

«Ho controllato i dati sulle schede informative dei ragazzi Foley,» disse Joanne «e c’è qualcosa che non torna.»

«Che cosa?» chiese Stone.

«L’ultima visita di controllo risale al febbraio del 1984. Probabilmente una visita a domicilio, o almeno una telefonata.»

Holland aveva trovato la pagina che cercava. Fece scorrere il dito sulla lista, fermandosi alla data del 1984. «Il signore e la signora Noble» disse. Dovevano essere ormai tornati dalle vacanze. Holland aveva lasciato loro un messaggio, ma non era stato ancora richiamato.

Joanne Lesser si sporse in avanti sulla sedia, spostando lo sguardo da Stone a Holland mentre parlava. «Ho controllato anche la data di nascita dei ragazzi, tanto per essere sicura, ma il problema rimane.»

Holland confrontò le date sui suoi appunti. «Non erano abbastanza grandi» disse alla fine.

Lesser annuì, iniziando ad arrossire intorno al collo. Holland sentì che in realtà avrebbe dovuto essere lui ad arrossire: avrebbe dovuto notare quel particolare, e lo avrebbe notato senz’altro, se non avesse considerato quella pista una totale perdita di tempo. Avrebbe dovuto permettere a Stone di dargli una mano, quando gliel’aveva offerta. Ora Stone sicuramente si stava divertendo un mondo, vedendo un’addetta dei servizi sociali che indicava a Holland i collegamenti tra una serie di dati.

«1984?» intervenne Stone. «All’epoca i ragazzi avevano…»

«Quindici e tredici anni» rispose la donna. «Mark stava per compierne sedici, in realtà, e se si fosse trattato soltanto di lui non mi sarei posta il problema. Ma è impossibile che siano stati interrotti i controlli per una ragazzina di tredici anni. Perciò ho pensato che potesse essere un dettaglio importante…»

«Quali sono i motivi per cui di solito si interrompono i controlli su un affido?» chiese Holland.

«Solo due, credo. Se la famiglia cambia residenza, tutto dovrebbe essere trasferito a una diversa zona o addirittura a un diverso stato.»

«Credo sia questo il caso» disse Holland. Sfogliò di nuovo gli appunti, fino a trovare l’indirizzo attuale dei Noble. «Romford è abbastanza lontano per cadere sotto la competenza di un altro ufficio?»

Joanne Lesser annuì.

«Ma sappiamo da quanto vivono a Romford?» chiese Stone.

«No, devo controllare. Il 1984 è anche l’ultimo anno in cui esistono dati riguardanti Mark e Sarah Foley nelle scuole locali, perciò probabilmente si sono trasferiti in quell’anno.» Si voltò verso Joanne. «Lei ha parlato di due motivi. Uno è il trasferimento in un’altra zona. L’altro…»

«L’adozione.» Holland e Stone la fissarono senza capire. «Lo ripeto, adesso è tutto più rigoroso, ma a quell’epoca, una volta firmate le carte per l’adozione, la faccenda finiva lì. Non era più di nostra competenza.»

«Ho la sensazione che lei abbia già controllato anche questo…»

La donna si strinse nelle spalle. «Ho chiamato una amica all’ufficio Adozioni. I loro schedari sono un po’ meglio organizzati dei nostri. Se volete prendere un appunto…»

Holland non poté evitare di sorridere. Prese una penna dalla scrivania e disse: «Dica pure…».

«Irene e Roger Noble hanno adottato formalmente Mark e Sarah Foley il 12 febbraio 1984. Forse si sono trasferiti subito dopo, o forse no, ma quello è stato l’ultimo contatto che i due ragazzi hanno avuto con i servizi sociali dell’Essex.»

Holland scarabocchiò in fretta le informazioni. Stando ai dati in loro possesso, quello sembrava essere l’ultimo contatto che Mark e Sarah Foley avessero avuto con chiunque.

Fecero lentamente il giro del campo da cricket, verso il campo giochi per bambini. Il sentiero era ombreggiato da querce e carpini. Le scuole erano chiuse, quindi c’era parecchia gente in giro. La temperatura stava scendendo a mano a mano che il cielo si rannuvolava, ma qua e là c’erano sprazzi di blu, come lividi sulla carne gonfia.

«Mark Foley per me è il sospettato numero uno.»

«Anch’io sono di questo parere» disse Thorne. «Vorrei solo che riuscissimo a trovarlo.»

«Lo troverete. Non può restarsene nascosto per sempre.»

«Inoltre, manca ancora un movente.»

Carol Chamberlain gli rivolse uno sguardo di sorpresa un po’ teatrale. «Oh, ero convinta che fossi il tipo a cui non importa nulla del perché…»

«In senso stretto, la cosa non mi riguarda. Ma se può aiutarmi a prendere quell’uomo…»

«Continua.»

«Riesco a immaginare il movente dell’omicidio di Alan Franklin…»

«Già. Franklin è il responsabile di tutto. Praticamente è stato lui la causa della morte dei coniugi Foley. Ma se è così, Mark ha aspettato un bel po’, prima di vendicarsi.»

«L’attesa è una cosa che posso capire.»

Carol rise. «Forse è solo un pigro bastardo.»

Thorne pensava di essere pienamente qualificato per esprimere un parere in fatto di pigri bastardi. «Non credo» disse.

Si fermarono in mezzo al sentiero. «Stava ancora crescendo» disse Thorne. «E anche il suo odio cresceva insieme a lui. Magari ha aspettato che Franklin diventasse vecchio e debole, prima di aggredirlo in quel parcheggio.»

«Solo che poi non è finita lì…»

«No. Ma perché? Mark pareggia i conti, nessuno sospetta di lui. Torna senza problemi alla sua vita.»

«Qualunque essa sia…»

«Allora perché diavolo ricompare? Perché questi altri morti? Perché Remfry, Welch, Southern?»

«Forse uccidere gli piace.»

«Sono certo che gli piaccia ora, ma non è questo il motivo per cui ha ricominciato. Dopo Franklin, deve essere accaduto qualcosa.»

«L’elemento della violenza sessuale è un punto cruciale, come hai sempre sostenuto. Forse è stato violentato anche lui.»

«Forse.» A Thorne sembrava di ritrovarsi su un terreno già esplorato. Avevano già considerato quella possibilità, quando credevano che l’assassino fosse un ex galeotto deciso a regolare vecchi conti. Certo, era possibile che Mark Foley fosse stato violentato, ma gli sembrava una spiegazione trita e ritrita, e comunque inutile.

Dietro di loro si udì un gran chiasso: alcuni ragazzi si erano messi a giocare nel campo da cricket e loro si fermarono a guardarli per qualche minuto. Quando riprese a parlare, Carol dovette accostarsi all’orecchio di Thorne, per farsi sentire al di sopra del rumore.

«Ricordo un verso di una poesia che ho studiato a scuola» disse. «“L’infanzia è il regno dove nessuno muore.”»

«Che poesia è?» chiese Thorne, mentre riprendevano a camminare.

«Non me lo ricordo. Si trovava in una di quelle raccolte antologiche che ti obbligano a studiare per forza…»

Quando ebbero raggiunto le loro auto, parcheggiate sulla via principale, Carol Chamberlain appoggiò una mano sul braccio di Thorne. «Dar libero sfogo alle idee è piacevole e utile, Tom. Ma ricorda che la risposta, se esiste, si trova nei dettagli, nei piccoli fatti che compongono lo schema di un caso.»

Thorne annuì, aprendo la portiera della BMW. Sapeva che c’erano delle risposte. E sapeva di averle già viste da qualche parte, di averle interpretate male e, quindi, di non poterle recuperare facilmente. Ormai si erano perse in mezzo a migliaia di fatti, rilevanti e irrilevanti, relativi al caso, alla crescente massa di stronzate che gli ingombrava la mente: parole, numeri, piccoli gesti, codici di accesso, l’espressione sul viso di un parente, la marca della scarpa dell’ospite di un albergo, il peso del fegato di un cadavere…

Thorne sapeva che la risposta era sepolta lì, da qualche parte, e questo lo disturbava. C’era anche un’altra cosa che lo infastidiva e ci pensò bene prima di menzionarla.

«A proposito di schema…»

«Sì?»

«Tra la seconda e la terza vittima lo schema è cambiato. L’omicidio di Welch e quello di Southern sono piuttosto diversi tra loro.»