Lei aveva il viso un po’ più magro, allora, e lui forse un po’ più pieno. Gli occhi erano più sgranati e la pelle più liscia, ma Holland aveva già visto quei volti.
Stava guardando le foto di persone che conosceva.
CAPITOLO 30
Thorne era a letto e cercava di immaginare, in base ai rumori che sentiva, che cosa stesse succedendo in bagno.
A corto di cose più originali da dire, aveva offerto a Eve un caffè ed era stato felice che lei lo avesse rifiutato. Eve era andata in bagno e lui aveva cominciato a girare per l’appartamento, aprendo le finestre e sorridendo alla sua immagine nello specchio davanti al caminetto.
Aveva messo Good year for the roses e, quando si era voltato, lei era dietro di lui…
L’avvicinamento alla camera da letto era stato un po’ un danzare e un po’ un barcollare incerto, finché erano caduti sul materasso nuovo. Le risate avevano lasciato il posto a suoni più appassionati e a movimenti di bocche e mani, resi più frenetici e spasmodici dal vino e dalla lunga attesa.
A un tratto Eve si era fermata, era scesa dal letto ridendo e aveva annunciato che aveva bisogno di tornare in bagno. Dopo che lei si era chiusa la porta alle spalle, Thorne si era spogliato rapidamente ed era scivolato sotto le lenzuola, contento di avere evitato di esporre la ciccia, ma anche un po’ dispiaciuto perché una certa spontaneità si era persa.
Ora non udiva più nulla dietro la parete che divideva il bagno dalla camera da letto. Anche l’eccitazione era un po’ scemata, ma non più di quanto sarebbe successo al momento di infilarsi goffamente il preservativo. Ne aveva comprato un pacchetto al distributore automatico nel bagno del Roval Oak e lo teneva nel cassetto del comodino, accanto alla crema per il piede d’atleta e alle pastiglie digestive.
Decise di risparmiare tempo, tirandone fuori uno e tenendolo pronto. Mentre allungava la mano per aprire il cassetto, gli venne in mente che forse in bagno lei stava cercando goffamente di infilarsi il diaframma.
Udì scorrere l’acqua e appoggiò l’orecchio al muro. Forse si stava lavando i denti…
Thorne si chiese se non fosse il caso di raggiungerla. Come sarebbe stato appoggiare la bocca in cui ancora indugiava il sapore del curry contro i denti puliti di Eve? Sarebbe sembrato strano sputare insieme l’acqua nel lavandino, prima di aver fatto l’amore?
La porta si aprì ed Eve tornò nella stanza. Si fermò accanto al letto e lo guardò. Era vestita e in ordine, come se fosse già il mattino dopo e lei si stesse preparando ad andarsene. Era più sexy che mai, eppure per un attimo Thorne si domandò se non fosse davvero sul punto di lasciarlo lì e andare via. Poi, prima che potesse parlare, lei appoggiò la borsa a un lato del letto, fece un passo indietro e cominciò a spogliarsi.
Il numero di casa era occupato e così Holland provò a chiamare sul cellulare. Il telefono di Irene Noble era su un tavolino in una nicchia del sottoscala, in cui Holland aveva dovuto incunearsi facendosi largo tra ombrelli, soprabiti e borse di plastica piene di scarpe.
La donna era dietro di lui. «Chi stai chiamando? O è un segreto d’ufficio?»
«Sto chiamando l’ispettore Thorne. Lo ha conosciuto l’altro giorno.»
«Ah, sì. E non ha un cellulare?»
«È il numero che sto provando a chiamare adesso.» Holland si voltò, sentendo un improvviso disagio per la vicinanza della donna. Nella fretta di comunicare la sua scoperta, non aveva pensato alla privacy. Solo cinque minuti prima era rilassato e tranquillo. Adesso era di nuovo in servizio e c’erano cose che doveva dire a Thorne e che Irene Noble non doveva sentire. «Mi dispiace, ma devo chiederle di…»
Holland ascoltò la voce registrata di Thorne che si diceva spiacente di non poter rispondere e suggeriva di lasciare un messaggio. Holland interruppe la comunicazione. Il suo era un messaggio che preferiva riferire di persona.
Pochi minuti dopo era già fuori dalla porta, con le foto di Mark e Sarah Foley strette in mano.
Dopo aver ringraziato Irene, si diresse a passo svelto verso l’auto, chiedendosi se ci fosse una strada più rapida per tornare e allo stesso tempo sforzandosi di rimanere calmo. I due non potevano sapere che erano stati identificati e non sarebbero andati da nessuna parte.
L’ultima cosa che Holland gridò a Irene Noble, dal finestrino dell’auto, fu la promessa che avrebbe tenuto con cura le foto. In realtà non aveva idea di quando la donna avrebbe potuto riaverle. Holland le avrebbe mostrate a Thorne e a Brigstocke. E loro le avrebbero usate per spiccare un mandato di arresto.
Holland non sapeva con certezza che cosa sarebbe successo dopo. Quale sarebbe stato l’ordine delle operazioni, che cosa sarebbe stato comunicato ai mass media. Ogni caso finiva in modo diverso. Ma se avessero voluto arginare la pubblicità negativa effettuando l’arresto durante il fine settimana, c’era la possibilità che Irene Noble rivedesse quelle foto sulle prime pagine dei giornali, il lunedì mattina.
«Sei splendida» disse Thorne. «Non riesco a credere che ci sia voluto tanto.»
«Di chi è la colpa?»
«Mia, lo so.»
«E sei contento di essere qui, ora?»
«Oh, sì.» Thorne sorrise. «Mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessi risposto al telefono, in quella stanza dove abbiamo trovato il primo cadavere. Se tu avessi chiamato anche solo un’ora dopo, ti avrebbe risposto qualcun altro…»
Lei si strinse nelle spalle. «Semplicemente, adesso ci sarebbe qualcun altro al tuo posto.»
Il corpo di Eve era caldo e liscio. Thorne, nonostante la sua incapacità di interpretare certi segnali, era sicuro di aver letto il desiderio negli occhi di Eve. Eppure un attimo prima, quando le aveva appoggiato una mano sul seno, l’aveva sentita irrigidirsi. C’era stata una tensione, una riserva, che gli era sembrata strana. Era stata lei a condurre il gioco fino a quel momento e a fare tutte quelle battute allusive sul materasso e quant’altro. E, al momento decisivo, si rivelava meno ardita di quanto fingeva di essere.
Thorne sentiva quella barriera. Fragile, pronta a crollare e maledettamente sexy.
Eve voleva che fosse lui a fare tutto. Era come se desiderasse sottomettersi, lasciarsi andare, ma avesse bisogno di aiuto. Thorne era eccitatissimo. Sentiva ciò che sarebbe potuto succedere, se solo lei si fosse spinta oltre la soglia. E lui desiderava più di ogni altra cosa indurla a compiere quel passo.
«Sei bellissima» disse e premette le labbra sulla sua bocca.
Udì diffondersi nell’altra stanza le note della canzone perfetta per quel momento. La storia di un uomo che aveva smesso di amare una donna solo il giorno in cui lo avevano portato via chiuso in una bara. Thorne si lasciò sommergere dalla voce ricca di George Jones, mentre faceva scorrere le mani sul corpo di Eve.
Udì vagamente anche un altro rumore. Quello della porta socchiusa che si apriva, mentre una specie di sibilo si avvicinava. Era un rumore che conosceva e di cui quella notte avrebbe fatto volentieri a meno.
Smise di muovere le mani e sorrise a Eve, in attesa di sentire il gatto piombare sul letto.
Holland seguì Romford Road fino a Forest Gate, quindi tagliò verso Wanstead Flats. Quella era una zona di Londra che non conosceva bene e stava costruendo il percorso un po’ alla volta, con una mano sul volante e l’altra che teneva aperto lo stradario.
Aveva chiamato Sophie non appena aveva lasciato la casa di Irene Noble, per spiegarle il motivo del suo ritardo. Le aveva detto che era accaduta una cosa importante ed era stato contento che non si trattasse più di una menzogna. Lei gli aveva risposto che era stanca e che sarebbe andata a letto presto, ma Holland aveva capito dalla sua voce che non era affatto felice. Almeno era riuscito a dirle che l’amava, prima di chiudere la comunicazione.