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Bodie si fermò, si voltò e la fissò negli occhi che luccicavano. Il dolore di Melanie lo turbava, gli faceva male. Ma le parole… Che cosa stava dicendo?

Si cacciò il fazzoletto in tasca e le cinse le spalle con il braccio. Si accorse troppo tardi di avere del sangue sulle dita. «Voglio capire», dichiarò.

Melanie s’irrigidì. Abbassò la testa e si asciugò il naso con il polsino. «C’era qualcosa che veniva verso di me», attaccò con voce tremante. «Era una cosa scura, faceva rumore e correva nella mia direzione e allora ho capito che dovevo togliermi di mezzo altrimenti mi avrebbe uccisa. Ma non avevo tempo, la cosa andava troppo veloce e mi ha raggiunta.»

Lui l’attirò dolcemente a sé. Melanie abbassò il viso contro il collo dell’uomo. «Forse, non è tutto successo nella tua mente?» le sussurrò. «Mentre… tremavi e ti dibattevi?»

Sentì che annuiva. «Gesù», mormorò Bodie.

«L’altra volta che è successo avevo undici anni, ero al campeggio estivo. Allora si trattava della mamma.»

Aveva già parlato a Bodie della perdita della madre, che era scivolata nella vasca da bagno fracassandosi la testa prima di morire annegata. «Quella volta avevi avuto una visione… come stasera?» volle sapere Bodie.

«Non esattamente come stasera… ma sì, ecco perché so che papà è morto.»

«Non lo sai», obiettò lui. «Non per certo.»

Lei non rispose.

«Andiamo, torniamo a casa. Puoi telefonare a tuo padre. Magari è tutto normale.»

Nel loro appartamento a due isolati dal campus, Bodie rimase in piedi silenzioso dietro Melanie mentre la ragazza componeva il numero. Sulla camicetta bianca si vedevano le macchie di sangue lasciate dalle sue dita.

Melanie rimase in ascolto per lungo tempo, poi riappese e si voltò verso di lui. «Non risponde nessuno.»

Bodie guardò l’orologio. Le nove e mezzo. Otto e mezzo, in California. «Può darsi che siano usciti a cena. Perché non riprovi fra un’ora?»

«Non serve.»

«Non puoi essere così sicura», disse lui. «Quante volte hai avuto queste… visioni?»

«Solo una volta, così. Forte come questa. Quando mamma è stata uccisa.»

«Perché non me ne hai mai parlato?»

Lei tacque un momento e strinse le braccia attorno a lui. «Non volevo che mi prendessi per una un po’ strana.»

«Tanto lo sapevo già.»

«Ti amo, Bodie.»

«Vedi? Questo dimostra che sei un po’ strana.»

«Già.»

«Senti, che cosa vuoi fare?»

«Andare da papà.»

«Adesso, subito?»

«Sì, devo andare. Non resisto.»

«Vuoi che venga con te?»

«Ti dispiace?»

«No di certo.»

«Puoi tornare in tempo per le lezioni di lunedì, io mi fermerò finché…» Melanie s’interruppe e scrollò le spalle.

«Forse troveremo che tutto è normale.»

Lei non commentò.

Mentre si abbracciavano, Bodie pensò al viaggio. La casa del padre di Melanie era a Brentwood, in California, a più di otto ore da Phoenix. Se partivano alle dieci sarebbero arrivati verso le sei di mattina, le cinque per il Pacifico.

Un lungo viaggio, soprattutto senza aver dormito. Ma Bodie provò una certa eccitazione all’idea della corsa, un viaggio notturno nel deserto, con Melanie al suo fianco. Potevano bere un caffè lungo la strada. Sarebbe stata una piccola avventura, anche se l’occasione si prospettava tutt’altro che lieta.

«Facciamo i bagagli e andiamo», decise.

2

«Lui incendia la casa e pensa: brucio il corpo, così non rimane nessuna traccia. Sono proprio intelligente. Invece non è così intelligente come crede. Ci vuole ben altro che un incendio in una casa per disfarsi di un cadavere, anche se arrostisce come una bistecca di manzo.»

Il medico legale della contea di Los Angeles sogghignò e annuì alle proprie osservazioni, che provocarono risatine e gemiti nel suo pubblico. Pen si guardò attorno. Il piccolo orientale, un incrocio fra Quincy e Charlie Chan, aveva incantato i suoi ascoltatori. Pendevano dalle sue labbra.

Era contenta di aver trovato finalmente il coraggio di venire a una di queste riunioni. Anche se finora aveva venduto solo un racconto, si sentiva orgogliosa di sedere fra tanti scrittori di libri gialli.

Gary Beatty si chinò sulla sua sedia sfiorandola con la spalla. Si levò il sigaro sottile dalla bocca. «Quell’uomo è un bravo oratore», decretò piegando il labbro come Sam Spade. «Peccato che non parli inglese.»

Gary era la prima persona che aveva conosciuto alla riunione. Era arrivata presto, aveva trovato da parcheggiare in una via laterale accanto al Circolo della Stampa e si era affrettata sotto la pioggia a raggiungere il bar del Circolo, si era appena seduta quando lui s’era arrampicato sullo sgabello vicino.

«Ciao, Allen», aveva salutato il barman.

«Gary, come va?» Allen, un orientale, parlava con una voce simile a quella di Paul McCartney. «Che cosa ti servo? Coors o Bud?»

«Facciamo una Coors.»

Allen finì di preparare la vodka-tonic di Pen e mise il bicchiere davanti alla ragazza. Pen fece per aprire la borsetta. Gary scosse la testa. «Offro io.»

«No, davvero…»

«A caval donato…»

«Be’…»

«Non mi costringa a usare le maniere forti, piccola. Potrebbe piacere a entrambi.»

Pen era rimasta con Gary, bevendo e chiacchierando, per una ventina di minuti. Poi lui l’aveva accompagnata nella sala delle riunioni.

«Questo dividerà gli uomini dalle donne», disse Gary, mentre si spegnevano le luci.

«Crede che farà vedere i corpi?» s’informò Pen.

Gary piegò indietro la testa e soffiò un anello di fumo. «Non ne sarei affatto sorpreso.»

Le prime diapositive mostravano l’edificio principale di medicina legale di Los Angeles con i furgoni in dotazione. Mentre apparivano sullo schermo, il coroner fornì le statistiche sul suo dipartimento, il bilancio annuale, il numero di cadaveri esaminati l’anno precedente e il mese prima. Gary, notò Pen, prendeva appunti. «Svolgiamo un gran lavoro», concluse il coroner.

Poi cominciò il peggio.

Mostrò la diapositiva di una sala per le autopsie. Tavoli di acciaio inossidabile immacolato. Vassoi di strumenti chirurgici. Bilancini per pesare gli organi. Tavole inclinate per raccogliere i liquidi fuoriusciti dai cadaveri.

Pen si rese conto di trattenere il respiro. Espirò, poi inalò profondamente e bevve un sorso di vodka che si era portata dal bar.

La diapositiva successiva inquadrava un campo inondato di sole. Uno dei furgoni del coroner era vicino a due auto della polizia. Parecchi uomini stavano in piedi fra le erbacce alte fino al ginocchio. «Bel posticino per un picnic, ma abbiamo un cliente.» Il proiettore scattò e apparve il cliente.

Una donna. Era distesa a faccia in giù. La pelle appariva grigio bluastra e gonfia. I piedi erano sporchi. Attorno a lei si vedevano le scarpe e le caviglie degli uomini della foto di prima. «Non è lì da molto tempo. Una notte, forse.»

Un’inquadratura delle natiche. Ciò che ora sembrava una macchia scura, era in realtà una contusione intorno a un morso. «Il nostro killer ha commesso un grosso errore. Ama i morsi. I segni dei denti non sono impronte digitali, ma quasi. Buon per noi, male per lui. Forse avremo un campione di saliva. In questo caso possiamo ottenere il tipo di sangue dalla saliva. E inchiodarlo.»

L’immagine cambiò.

Un’altra donna nuda. Più robusta della prima. Giaceva prona nella sala delle autopsie. L’ometto si avvicinò allo schermo e puntò il dito sul deretano della donna. Entrambe le natiche erano di un rosso grigiastro. «Lividore post-mortem. Quando il cuore cessa di pompare, la gravità agisce sul sangue. Il sangue filtra.» Il coroner indicò altre chiazze sulle scapole e dietro le gambe.