E la statua? Mesopotamica? Assira? Agendo d’impulso, dimenticò tutti i problemi d’ordine pratico, allungò una mano e toccò il granito. Dio, la adorava! La adorava e si stava comportando come uno stupido. Voglio dire che avrebbe potuto esserci uno dei suoi nemici, lì. Ma, in tal caso, perché mai un gangster o un investigatore federale avrebbero dovuto portare un regalo del genere?
Era affascinato dall’opera d’arte. Io ancora non riuscivo a distinguerla chiaramente. Avrei voluto togliermi gli occhiali viola, cosa che mi sarebbe stata di grande aiuto, ma non osavo muovermi. Volevo vedere, capire questa sua adorazione per l’oggetto. Percepivo il suo irriducibile desiderio della statua, la sua brama di possederla, di averla lì... proprio il tipo di desiderio che all’inizio mi aveva attirato verso di lui.
Non riusciva a pensare a nient’altro se non al pregevole intaglio, al fatto che fosse recente e non antica, per evidenti motivi stilistici, forse del XVII secolo, una dettagliata rappresentazione di un angelo caduto.
Angelo caduto. Lui fece di tutto, tranne che alzarsi in punta di piedi per baciarlo. Sollevò la mano sinistra e la passò sul viso e i capelli di granito. Dannazione, non riuscivo a vedere! Come poteva sopportare, lui, questa oscurità? Ma, in fin dei conti, era addossato alla statua mentre io mi trovavo a sei metri di distanza, infilato tra due santi, senza godere di una perfetta visuale.
Alla fine si voltò e accese una delle lampade alogene, simile a una mantide religiosa. Spostò il sottile braccio di metallo nero in modo che la luce colpisse direttamente il viso della statua. Adesso riuscivo a vedere entrambi i profili a meraviglia!
Emise flebili suoni di lussuria. Era un oggetto davvero unico! Ormai il mercante d’arte era del tutto secondario, la porta posteriore dimenticata, il temuto pericolo svanito. Infilò di nuovo la pistola nella fondina, quasi automaticamente, e si alzò in punta di piedi, cercando di portare i propri occhi al livello di quelli della raccapricciante scultura. Ali fatte di piume. Adesso riuscii a notarlo. Non da rettile, piumate. Ma il viso, classico, intenso, il lungo naso, il mento... eppure c’era una certa ferocia nel profilo. E come mai la statua era nera? Forse si trattava di san Michele che spingeva i demoni all’inferno, furibondo e virtuoso. No, i capelli erano troppo rigogliosi e arruffati. Armatura o corazza, e poi scorsi i dettagli rivelatori: aveva zampe e zoccoli caprini. Diavolo.
Fui assalito da un brivido. Come la Cosa che avevo visto. Ma era stupido! E non avevo affatto l’impressione che il Pedinatore mi fosse vicino, adesso. Nessun senso di disorientamento; non ero nemmeno seriamente spaventato. Era un semplice fremito, niente di più.
Rimasi immobile. Fa’ con calma, pensai. Cerca di capire bene. Hai la tua vittima, e questa statua rappresenta solo un dettaglio casuale che arricchisce ulteriormente l’intero scenario.
Lui puntò verso la statua il fascio di luce di un’altra alogena. Il modo in cui la esaminava aveva un che di erotico. Sorrisi. Erotico era il modo in cui io stavo studiando lui, questo quarantasettenne con una salute di ferro degna di un giovane e la perfetta padronanza di sé degna di un criminale. Indietreggiò impavido, ormai dimentico di qualunque tipo di minaccia, e guardò il suo nuovo tesoro. Da dove arrivava? Da chi? Non gliene fregava niente del prezzo. Se solo Dora... No, a Dora quell’oggetto non sarebbe piaciuto. Dora. Dora, che quella sera gli aveva spezzato il cuore rifiutando il suo dono.
Il suo atteggiamento mutò; non voleva ripensare alla figlia e a tutte le cose che aveva detto: che lui doveva rinunciare alla sua attività, che lei non avrebbe mai accettato un centesimo per la chiesa, che non poteva fare a meno di volergli bene e di soffrire nel caso lui fosse finito in tribunale, che non voleva il velo...
Quale velo? Solo una copia, aveva spiegato lui, ma una delle migliori che avesse trovato finora. Velo? Improvvisamente collegai quest’impetuoso e fugace ricordo con un oggetto appeso alla parete più lontana, un pezzo di tessuto incorniciato, il viso di Cristo dipinto. Velo. Il velo di Veronica.
E, soltanto un’ora prima, lui aveva detto alla figlia: «XIII secolo, e talmente bello, Dora, per l’amor del cielo. Prendilo. Se non posso lasciare queste cose a te, Dora...»
Quindi questo viso di Cristo era il suo prezioso dono?
«Non le accetterò più, papà, te l’ho già detto. Mai più.»
Lui aveva insistito illustrando il progetto di esporre al pubblico questo nuovo regalo. Così come tutte le sue reliquie. Una simile iniziativa le avrebbe permesso di raccogliere fondi per la chiesa.
Lei aveva cominciato a piangere, e tutto ciò era successo in albergo, mentre io e David ci trovavamo nel bar, a pochi metri di distanza da loro.
«E ipotizziamo che questi bastardi riescano ad arrestarmi, grazie a qualche mandato, a qualcosa che non ho sistemato. Mi stai dicendo che non prenderai questi oggetti? Lascerai che finiscano in mano a degli sconosciuti?»
«Rubati, papà, non sono puliti. Sono contaminati», aveva gridato lei.
Lui non riusciva proprio a capire la figlia. Era come se fosse stato un ladro sin dall’infanzia. New Orleans. La pensione, il bizzarro miscuglio di povertà ed eleganza, e sua madre quasi sempre ubriaca. Il vecchio capitano che gestiva il negozio di antiquariato. Tutte queste immagini gli stavano attraversando la mente. Il vecchio capitano alloggiava nelle stanze sul davanti della casa e lui, la mia vittima, gli portava il vassoio della colazione ogni mattina, prima di andare a scuola. Pensione, servizio, anziani eleganti, St. Charles Avenue. L’epoca in cui gli uomini restavano seduti sui balconi, la sera, e anche le signore anziane, coi loro cappelli. Periodi caratterizzati dalla luce del giorno, che io non avrei conosciuto mai più.
Sogni a occhi aperti. No, a Dora quella statua non sarebbe piaciuta. E, all’improvviso, neanche lui ne era più così sicuro. Aveva parametri spesso difficili da spiegare alla gente. Iniziò a balbettare scuse, come se stesse parlando al mercante d’arte che gli aveva portato la statua: «Sì, è bella, ma troppo barocca! Le manca quella deformità grottesca che io apprezzo tanto».
Sorrisi. Amavo la mente di questo tizio. E il profumo del sangue, be’... Ne inspirai deliberatamente una boccata e lasciai che mi trasformasse in un predatore. Piano, Lestat. Hai aspettato per mesi e mesi. Non bruciare le tappe. E lui stesso è un tale mostro. Aveva sparato in testa ad alcune persone, ne aveva uccise altre a coltellate. Una volta, in una piccola drogheria, aveva assassinato un suo nemico e la moglie del proprietario con assoluta indifferenza. La donna gli era d’intralcio. E poi era uscito con nonchalance. L’omicidio risaliva ai suoi primi anni a New York, prima di Miami, prima del Sudamerica. Ma lui se ne ricordava, e quindi io ne ero al corrente. Pensava spesso alle varie morti. Ecco perché ci pensavo anch’io.
Stava esaminando le zampe dotate di zoccoli di quella cosa, quell’angelo, diavolo, demone. Mi resi conto che le sue ali arrivavano al soffitto. Riuscivo a risentire quel brivido, se permettevo a me stesso di farlo. Ma mi trovavo su un terreno saldo, e lì non c’era niente che provenisse da un altro reame.
Lui si tolse il cappotto, rimanendo in maniche di camicia. Era troppo. Mentre si sbottonava il colletto riuscii a vedere la pelle del suo collo e la zona particolarmente attraente appena sotto l’orecchio, il punto speciale tra la parte posteriore del collo di un umano e il lobo dell’orecchio, quello che determina in così larga parte la bellezza maschile.
Diamine, non avevo inventato io l’importanza del collo. Chiunque sapeva cosa significassero quelle proporzioni. Trovavo quell’uomo affascinante, ma si trattava della sua mente, in realtà. Al diavolo la sua bellezza asiatica e tutto il resto, persino la sua vanità che gli permetteva di brillare per quindici metri in ogni direzione. Era la mente, la mente che era concentrata sulla statua e per un attimo misericordioso aveva accantonato ogni pensiero su Dora.