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«‘Se stai attento, puoi toccarli, Roger’,mi diceva. Da due anni mi lasciava entrare ad ascoltare i suoi dischi di musica classica, e facevamo lunghe passeggiate insieme. Proprio allora, pur ignorandolo, stavo iniziando a diventare sessualmente interessante ai suoi occhi, ma ciò non ha nulla a che vedere con quello che devo dirti. Lui era al telefono e stava parlando di una nave attraccata nel porto. Dopo pochi minuti eravamo diretti verso la nave. Sali­vamo di continuo su queste imbarcazioni. Non sapevo mai cosa stessimo facendo. Doveva trattarsi di contrabbando. Tutto quel­lo che ricordo è il vecchio capitano seduto a un grande tavolo ro­tondo insieme coll’intero equipaggio, tutti marinai olandesi, cre­do, e un ufficiale gentile e dall’accento straniero molto marcato che mi faceva visitare la sala motori, la sala nautica e la sala radio. Non ne avevo mai abbastanza. Amavo le navi. A quei tempi i moli di New Orleans brulicavano di attività, erano pieni di topi e cime di canapa.»

«Lo so.»

«Ricordi quelle lunghe funi che andavano dalle navi al molo, ricordi che erano dotate di placche antitopo... dischetti di metal­lo su cui i ratti non potevano arrampicarsi?»

«Sì.»

«Quella sera tornammo a casa e, invece di andare a letto co­me avrei fatto normalmente, lo supplicai di lasciarmi entrare nel­le sue stanze per sfogliare quei libri. Dovevo assolutamente esaminarli prima che lui li vendesse. Mia madre non era in corri­doio, così immaginai che fosse andata a dormire. Lascia che ti descriva brevemente mia madre e la pensione. Ti ho già detto che era una casa elegante, vero? Puoi immaginare le suppellettili, pesante revival rinascimentale, fatte in serie, del genere che ave­va ingombrato le ville sin dal decennio 1880-90.»

«Capisco.»

«La casa aveva un’imponente e sinuosa scalinata posta davan­ti a una finestra di vetro istoriato e, ai suoi piedi, nella curva de­scritta da questo capolavoro di scala di cui Henry Howard dove­va essere stato straordinariamente orgoglioso — nella tromba del­le scale —, c’era l’enorme tavolino da toeletta di mia madre, e lei si sedeva lì, nell’atrio principale, a spazzolarsi i capelli! Il solo pensiero mi provoca l’emicrania. O almeno me la provocava quando ero vivo. Era uno spettacolo davvero tragico e lo sapevo, benché fossi cresciuto assistendovi quotidianamente; sapevo che un tavolino da toeletta con marmo e specchi e applique e decorazioni in filigrana e una donna anziana dai capelli scuri non sono adatti a un atrio formale...»

«E i pensionanti lo accettavano?» chiesi.

«Sì, perché la casa era stata accaparrata da questo e da quello, il vecchio signor Bridey che viveva in quella che un tempo era stata una veranda per i domestici, e la cieca signorina Stanton nell’angusta e opprimente stanzetta al piano di sopra! E quattro appartamenti ricavati dagli alloggi per i domestici sul retro. Io sono ipersensibile in fatto di disordine; intorno a me puoi trova­re un perfetto ordine oppure il trascurato guazzabuglio dell’ap­partamento in cui mi hai ucciso.»

«Me ne rendo conto.»

«Ma se dovessi abitare di nuovo in quel posto... Ah, non im­porta. Quello che sto cercando di spiegarti è che credo nell’ordi­ne e che da giovane lo sognavo perennemente. Volevo diventare un santo... be’,una specie di santo laico. Ma lasciami tornare ai libri.»

«Continua.»

«Mi gettai sui libri sacri posati sul tavolo. Ne estrassi uno dal suo sacchetto e rimasi incantato dalle minuscole illustrazioni. Quella notte esaminai i volumi a uno a uno, proponendomi di ri­farlo con più calma in un secondo tempo. Naturalmente il latino mi risultava illeggibile, in quella forma.»

«Troppo denso. Troppi tratti di penna.»

«Santo cielo, hai una cultura illimitata, vero?»

«Forse ci sorprendiamo a vicenda. Continua.»

«Passai una settimana a studiarli tutti. Marinavo continua­mente la scuola. Era così noiosa. Ero molto più avanti di chiun­que altro, e volevo fare qualcosa di eccitante, capisci, per esem­pio commettere un grave reato.»

«Un santo o un criminale.»

«Sì, suppongo che sembri una contraddizione. Eppure è una descrizione perfetta.»

«Lo immaginavo.»

«Il vecchio capitano mi spiegò qualcosa dei libri. Quello chiu­so nel sacchetto era un libro da fissare alla cintola: gli uomini por­tavano sempre con sé volumi del genere. E questo in particolare era un libro di preghiere, mentre un altro dei testi illustrati, il più grosso e spesso, era un Libro d’Ore, e poi c’era una Bibbia in lati­no, naturalmente. Lui ne parlava con assoluta nonchalance. Ero incredibilmente affascinato da quei libri, non saprei dirti perché. Avevo sempre desiderato di possedere oggetti scintillanti, dai co­lori accesi e preziosi, e in quel momento me ne trovavo davanti la versione più condensata e più rara che avessi mai visto.»

Sorrisi. «Sì, capisco benissimo.»

«Pagine piene di oro e di rosso, e minuscole figure davvero splendide. Presi una lente d’ingrandimento e cominciai a esami­nare attentamente le immagini. Andai nella vecchia biblioteca al Lee Circle — te la ricordi? — a studiare l’intera questione. Libri medievali, come li avevano realizzati i benedettini. Sai che Dora possiede un convento? Non è stato costruito esattamente in base al progetto architettonico di San Gallo, ma ne rappresenta l’e­quivalente ottocentesco.»

«Sì, l’ho visto e ho visto come ci vive Dora. È molto coraggio­sa, non si preoccupa del buio o della solitudine.»

«Crede nella divina provvidenza al punto di rasentare l’idio­zia, e può ottenere dei risultati nella vita se solo non viene di­strutta. Voglio un altro drink. So che sto raccontando in fretta, ma non posso fare altrimenti.»

Feci segno al barman di portare da bere. «Continua. Cos’è successo? Chi è Wynken de Wilde?»

«È l’autore di due dei preziosi libri che erano in possesso del vecchio capitano. Lo scoprii solo dopo alcuni mesi. Mentre stu­diavo le piccole illustrazioni, arrivai alla conclusione che due dei volumi erano stati realizzati dallo stesso artista e poi, benché il vecchio capitano insistesse con veemenza che non c’era nessuna firma, trovai il suo nome in diverse sezioni di entrambi. Ormai sai che il capitano vendeva oggetti di questo tipo, te l’ho già det­to; li smerciava tramite un negozio in Royal Street.»

Assentii.

«Be’,vivevo nel terrore che arrivasse il giorno in cui avrebbe dovuto vendere quei due libri! Non erano come gli altri. Prima di tutto le illustrazioni erano straordinariamente dettagliate. Una pagina poteva contenere un motivo di rampicanti, con fiori ai quali gli uccelli si abbeveravano, e tra i petali figure umane in­trecciate, come in un pergolato. C’erano anche raccolte di salmi. A una prima occhiata li si sarebbe giudicati salmi della Vulgata, sai, la versione latina della Bibbia fissata da san Gerolamo nel IV secolo e che noi abbiamo adottato come testo ufficiale.»

«Sì...»

«Ma non lo erano. Si trattava di salmi mai apparsi su nessuna Bibbia. Lo stabilii confrontandoli con altre ristampe latine dello stesso periodo che avevo preso in prestito dalla biblioteca. Quel­li nei due volumi di Wynken erano salmi originali. Inoltre, le illu­strazioni non contenevano solo minuscoli animali e alberi e frut­ta, ma anche persone nude, che ne facevano di tutti i colori!»

«Bosch.»

«Precisamente. Identico al Giardino delle delizie di Bosch, proprio quel tipo di paradiso, lussurioso e sensuale! Natural­mente, all’epoca non avevo ancora visto il dipinto di Bosch al Prado. Ma era tutto raffigurato in quei libri, in miniatura. Picco­le figure che si danno alla pazza gioia sotto gli alberi rigogliosi.