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Sorrisi. «Unghie rosa e rossetto lucido rosa.» L’avevo vista sfavillare nella sua mente.

«Non le mancava niente. Il chewing-gum, la catenella d’oro alla caviglia, le unghie dei piedi laccate e il modo in cui, per far­mele vedere, si sfilava le scarpe, proprio lì nella stanza dell’ammalata, l’incavo tra i seni chiaramente visibile, sai, sotto l’unifor­me di nylon bianca. E i suoi occhi dalle palpebre pesanti, magni­ficamente truccati con l’apposita matita e il mascara Maybelline. Si limava le unghie là dentro, di fronte a me! Ma voglio dirti una cosa, non ho mai visto niente che fosse così perfettamente com­piuto, rifinito, ah, ah... Che posso dire? Era un capolavoro.»

Scoppiai a ridere.

Lui m’imitò, ma poi riprese a parlare. «La trovavo irresistibi­le. Era un animaletto senza peli. Cominciai a scoparla ogni volta che potevo. Mentre mamma dormiva, lo facevamo in piedi nel bagno. Una volta o due ci chiudemmo in una delle camere vuote, più giù lungo il corridoio; non impiegavamo mai più di venti mi­nuti! Lo cronometravo! Lei lo faceva con le mutandine rosa abbassate fino alle caviglie! Sapeva di profumo Blue Waltz.»

Proruppi in una risata. «Capisco benissimo cosa vuoi dire. E pensare che lo sapevi; ti sei invaghito di lei pur sapendolo», di­chiarai in tono meditabondo.

«Be’,distavo più di tremila chilometri dalle mie donne di New York, dai miei aiutanti e da tutto il resto, lo spregevole po­tere che accompagna lo spaccio di droga, sai, la stupidità di guar­die del corpo che si precipitano ad aprirti la porta e ragazze che sul sedile posteriore della limousine dicono di amarti solo perché hanno appena saputo che la notte precedente hai fatto secco qualcuno. E così tanto sesso che a volte, nel bel mezzo del mi­glior pompino che ti abbiano mai fatto, non riesci più a concen­trarti.»

«Siamo più simili di quanto io abbia mai sognato. Ho vissuto una menzogna coi doni a me concessi.»

«Cosa intendi dire?» chiese.

«Non c’è tempo. Non hai alcun bisogno di sapere qualcosa di me. Cosa mi dici di Terry? Com’è nata Dora?»

«Misi incinta Terry. Credevo che prendesse la pillola. Pensa­va che io fossi ricco! Non aveva importanza se l’amavo o se lei amava me. Voglio dire che Terry era uno degli esseri umani più ottusi e ingenui che io abbia mai conosciuto. Chissà se tu ti pren­di il disturbo di nutrirti di persone così ignoranti e insulse.»

«Il bambino era Dora.»

«Sì. Terry intendeva sbarazzarsene, se non l’avessi sposata. Feci un patto con lei. Centomila dollari quando ci fossimo sposa­ti (usai uno pseudonimo, il matrimonio non fu mai legittimo se non sulla carta, e questa fu una vera fortuna perché legalmente non esiste nessun collegamento tra Dora e me) e altri cento quando fosse nato il bambino. Dopo di che, le avrei concesso il divorzio. Le spiegai che tutto ciò che desideravo era mia figlia.

«‘Nostra figlia’,rettificò lei.

«‘Certo, nostra figlia’,concessi. Che stupido. Quello che non riuscii a prevedere, benché fosse la cosa più ovvia del mondo, fu che questa donna, questa infermieruccia che si limava le unghie, masticava chewing-gum e usava il mascara, che portava scarpe con la suola di gomma e una fede nuziale di diamanti, si sarebbe naturalmente affezionata alla figlia. Era stupida, ma era un mammifero e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sottrarre la sua bambina, neanche per sogno. Alla fine mi ritrovai col diritto di vedere Dora solo saltuariamente. Per sei anni andai avanti e indietro da New Orleans in aereo non appena ne avevo l’occasio­ne, solo per tenerla tra le braccia, parlarle, passeggiare con lei la sera. E, cerca di capire, questa bambina era mia! Voglio dire che fu carne della mia carne sin dall’inizio. Cominciava a corrermi incontro non appena mi vedeva spuntare in fondo all’isolato. Si lanciava tra le mie braccia. Raggiungevamo in taxi il quartiere francese e attraversavamo il Cabildo, lei lo adorava; e la cattedra­le di San Luigi, naturalmente. Poi andavamo a mangiare muffaletas alla Central Grocery. Conosci sicuramente quei grossi panini pieni di olive, vero?»

«Li conosco.»

«Dora mi raccontava tutto quello che era successo durante la mia settimana di assenza. Ballavo con lei per la strada. Cantava­mo canzoni. Oh, che splendida voce ha sempre avuto. Io non ho una bella voce, ma mia madre l’aveva, e anche Terry. E la mia bambina l’aveva ereditata. E che cervello. Salivamo sul traghetto e percorrevamo il fiume in lungo e in largo, cantando appoggiati al parapetto. La portavo a fare spese alla D.H. Holmes e le com­pravo splendidi abiti. A sua madre non diede mai fastidio, que­sta faccenda dei bei vestiti, e naturalmente io ero abbastanza scaltro per scegliere qualcosa anche per Terry, sai, un corsetto ornato di pizzo o un kit di cosmetici francesi oppure un profumo da cento dollari l’oncia. Qualunque profumo tranne il Blue Waltz! Dora e io ci divertivamo alla follia. A volte pensavo che sarei riuscito a sopportare qualsiasi cosa, se solo avessi potuto ri­vederla dopo pochi giorni.»

«Era loquace e dotata di una fervida immaginazione, proprio com’eri tu.»

«Proprio così, piena di sogni e visioni. Devi capire che Dora non è affatto un’ingenua. È una teologa. È questa la cosa sor­prendente. Il desiderio di qualcosa di spettacolare? Quello gliel’ho trasmesso io. Ma la fede in Dio, la fede nella teologia? Non so da dove l’abbia presa.»

Teologia. La parola mi diede da pensare.

«Nel frattempo, Terry e io cominciammo a odiarci. Quando per Dora arrivò il momento di andare a scuola arrivarono anche i litigi. Era un vero inferno. Io per lei volevo la Sacred Heart Academy, lezioni di ballo, di musica, due settimane in Europa con me. Terry mi odiava e mi ripeteva che non avrei trasformato la sua bambina in una mocciosetta viziata. Terry aveva lasciato la casa di St. Charles Avenue, perché la trovava decrepita e angosciante, per trasferirsi in un’orrenda casetta a schiera in stile ranch, situa­ta in una squallida strada nei sobborghi saturi di umidità! Così la mia bambina era già stata strappata dal Garden District e da tutti i suoi colori, e sistemata in un luogo dove la curiosità architettonica più vicina era l’emporio 7-Eleven locale. Cominciavo a disperare e Dora cominciava a diventare grande, forse abbastanza per essere sottratta alla madre, che lei amava in modo molto protetti­vo e gentile. C’era un legame silenzioso tra loro due, sai, un lega­me in cui la conversazione non c’entrava nulla. Terry andava or­gogliosa di Dora.»

«E poi apparve sulla scena il fatidico fidanzato.»

«Esatto. Se fossi arrivato in città anche solo un giorno più tar­di, avrei scoperto che mia figlia e mia moglie se n’erano andate per sempre. Lei stava per tagliare la corda senza avvisarmi! Al diavolo i miei generosi assegni. Voleva andare in Florida col suo elettricista spiantato! Dora non sapeva niente ed era fuori a gio­care. I bagagli erano già pronti! Sparai a Terry e al suo fidanzato, proprio lì in quella stupida, piccola casa a schiera di Metairie do­ve Terry aveva scelto di far crescere mia figlia anziché in St. Char­les Avenue. Sparai a tutti e due. Sporcai di sangue la moquette di poliestere e il tavolo per la colazione rivestito di formica.»