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«Stai guardando la faccenda da una prospettiva sbagliata. Smettila coi rimpianti. Se avessi reso famosa la sua chiesa, avresti affrettato il tuo smascheramento e, di conseguenza, lo scanda­lo.»

«No: una volta che la chiesa fosse diventata abbastanza cele­bre, lo scandalo non avrebbe avuto nessuna importanza. È pro­prio questo il trucco. Ma Dora è rimasta semisconosciuta e, se sei semisconosciuto, uno scandalo ti può annientare!» Scosse di nuovo il capo, con rabbia. Cominciava ad agitarsi troppo, ma la sua immagine non faceva che diventare più nitida. «Non possia­mo permettere che io distrugga Dora...» La sua voce si affievolì di nuovo. Lui rabbrividì e mi fissò. «Qual è il nocciolo del pro­blema, Lestat?» chiese.

«Dora deve sopravvivere. Deve aggrapparsi alla sua fede do­po che si saprà della tua morte!» risposi.

«Sì. Morto o vivo, sono il suo peggior nemico. E riguardo alla sua chiesa, Dora sta camminando sul filo del rasoio, sai; non è una puritana, mia figlia. Considera Wynken un eretico, ma igno­ra fino a che punto la sua moderna compassione per la carne sia esattamente ciò di cui parlava Wynken.»

«Capisco. Ma che mi dici di Wynken? Devo salvare anche lui? Cosa devo farne?»

«Dora a modo suo è un genio, in realtà. È questo che intende­vo quando l’ho definita una teologa. È riuscita nell’impresa quasi impossibile di padroneggiare il greco, il latino e l’ebraico, pur non essendo bilingue fin da bambina. Sai benissimo quanto sia difficile», continuò lui, ignorando le mie domande.

«Sì, per noi non lo è, ma...» Mi bloccai. Un pensiero orribile mi aveva assalito con violenza, interrompendo ogni altra conside­razione. Era troppo tardi per rendere immortale Roger. Era mor­to! Non mi ero nemmeno reso conto che — per tutto quel tempo, mentre parlavamo e la sua storia si dipanava — avevo dato per scontato di poterlo prendere con me, volendo, di poterlo tenere lì e impedirgli di proseguire il suo viaggio. Ma all’improvviso, con uno shock violentissimo, avevo ricordato che Roger era un fanta­sma! Stavo parlando con un uomo già morto. La situazione era così penosamente frustrante e inconsueta che rimasi attonito e avrei anche cominciato a gemere, se non avessi dovuto maschera­re il mio turbamento affinchè lui continuasse il racconto.

«Che cos’hai?» mi chiese.

«Niente. Parlami ancora di Dora. Spiegami che genere di co­se dice.»

«Parla della sterilità attuale, di quanto la gente abbia bisogno dell’ineffabile. Sottolinea il problema della criminalità dilagante e della mancanza di obiettivi nei giovani. Ha intenzione di creare una religione in cui nessuno faccia del male agli altri. È il sogno americano, d’altronde. Conosce le Scritture alla perfezione, ha letto tutti gli pseudoepigrafi, i vangeli apocrifi, le opere di sant’Agostino, Marcione, Maimonide! È convinta che il proibi­zionismo sessuale abbia distrutto il cristianesimo; concetto non certo originale, naturalmente, e che senza dubbio affascina le donne che la ascoltano, sai...»

«Sì, sì, ho capito; quindi Dora deve aver provato almeno una certa simpatia per Wynken.»

«Per lei i libri di Wynken non rappresentavano una serie di visioni, come per me.»

«Capisco.»

«E a proposito, non sono soltanto perfetti, sono anche unici sotto molti punti di vista. Wynken svolse la sua attività nel quar­to di secolo immediatamente precedente all’invenzione della macchina da stampa di Gutenberg. Fu scrivano; rubricator, colui che con inchiostro rosso tracciava i segni di richiamo in margine alla pagina, alcuni titoli e iniziali; e pure miniaturista: aggiunse tutte le persone nude che se la spassano nell’Eden e l’edera e i rampicanti che si avviluppano su ogni pagina. Fu costretto a oc­cuparsi personalmente di ogni fase del lavoro in un’epoca in cui gli scriptoria, cioè le sale riservate alla scrittura nei monasteri, suddividevano questi incarichi. Lasciami finire con Wynken. Adesso stai pensando a Dora. Lasciami tornare a lui. Sì, devi prendere quei libri.»

«Magnifico», risposi in tono cupo.

«Lascia che ti aggiorni. Amerai di certo quei libri, anche se Dora non l’ha mai fatto. Li ho tutti e dodici, come credo di averti già detto. Lui era un cattolico della Renania, costretto da ragazzo a entrare nell’ordine dei benedettini, ed era innamorato di Blan­che de Wilde, moglie di suo fratello. Fu lei a ordinare che i libri venissero realizzati nello scriptorium, ecco come cominciò tutto questo, il suo legame segreto con l’amante monaco. Ho delle let­tere che Blanche e la sua amica Eleanor si scambiarono. Ho rico­struito alcuni avvenimenti decifrando le poesie. E, cosa più triste di tutte, ho le lettere scritte da Blanche a Eleanor dopo che Wyn­ken venne giustiziato. Lei le fece recapitare di nascosto a Elea­nor, che poi le spedì a Diane, e ci fu un’altra donna coinvolta nel­la vicenda, ma sono rimasti pochissimi frammenti di missive scritte di suo pugno. Ecco quel che venne annotato.

«Avevano l’abitudine di riunirsi nel giardino del castello de Wilde per praticare i loro riti. Non si trattava affatto del giardino del convento, come avevo precedentemente ipotizzato. Non so come Wynken riuscisse ad arrivarci, ma accenni contenuti in al­cune lettere indicano che sgattaiolava fuori del monastero e, per­correndo un passaggio segreto, entrava nel castello del fratello. E questo era logico. Aspettavano che Damien de Wilde fosse im­pegnato in qualunque cosa facciano i conti o duchi, e poi s’in­contravano, danzavano intorno alla fontana e facevano l’amore. Wynken si portava a letto tutte le donne, a turno, oppure si dedi­cava con loro a celebrazioni particolari. Tutto questo è più o me­no registrato nei libri. Fatto sta che vennero scoperti. Damien evirò e accoltellò Wynken davanti alle donne, che poi scacciò. Conservò i resti del fratello! Poi, dopo diversi giorni d’interroga­torio, le donne terrorizzate furono costrette a confessare il loro amore per Wynken e come lui avesse comunicato con loro attra­verso i libri; e suo fratello prese tutti e dodici i libri di Wynken de Wilde, tutto quello che questo artista avesse mai creato, capi­sci...»

«La sua immortalità», sussurrai.

«Già, la sua progenie! I suoi libri! Damien li fece seppellire insieme col cadavere di Wynken nel giardino del castello, accan­to alla fontana che compare in tutte le miniature dei volumi! Ogni giorno, dalla sua finestra, Blanche poteva osservare il pun­to del terreno in cui era stato sepolto Wynken. Nessun processo, nessuna accusa d’eresia, nessuna esecuzione, niente del genere. Lui si limitò a uccidere il fratello, tutto qui. Probabilmente versò enormi somme di denaro al monastero. Chi può sapere se fosse davvero necessario? Gli altri monaci amavano Wynken? Oggi il monastero è un ammasso di rovine in cui i turisti vanno a fare fo­tografie. Quanto al castello, andò distrutto durante i bombarda­menti della prima guerra mondiale.»

«Ah. Ma cosa successe in seguito, come fecero i libri a uscire dalla bara? Ne possiedi delle copie? Stai parlando di...»

«No, ho tutti gli originali. Mi sono imbattuto in alcune copie, copie grossolane realizzate per ordine di Eleanor, cugina e confi­dente di Blanche, ma, per quanto ne so, questa pratica della copiatura fu poi interrotta. C’erano solo dodici libri. E non so co­me siano tornati in superficie. Posso soltanto azzardare un’ipote­si.»

«Quale?»

«Credo che, una notte, Blanche e le altre donne siano uscite, abbiano disseppellito il corpo, tolto i libri dalla bara o da qua­lunque contenitore in cui erano stati sistemati i resti del povero Wynken, e poi abbiano rimesso tutto a posto.»

«Pensi davvero che avrebbero potuto fare una cosa simile?»

«Sì, credo che l’abbiano fatta. Riesco a vederle mentre scava­no, alla luce delle candele nel giardino, le vedo scavare, tutte e cinque insieme. Tu non ci riesci?»