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Il tavolo e le sedie erano orientali, l’elemento cinese tanto in voga. Credo che ci fossero anche un paio di urne dipinte.

E sotto di noi avevamo il lato di San Patrizio affacciato sulla Cinquantaduesima, e gente laggiù sulla Quinta che saliva e scen­deva i gradini innevati. La quieta visione della neve.

«Non abbiamo molto tempo. Dobbiamo raggiungere i quar­tieri residenziali, e io devo rendere inespugnabile l’appartamen­to di Roger oppure trasferire altrove tutti i suoi preziosi Oggetti. Non permetterò che succeda qualcosa all’eredità di Dora», di­chiarai.

«Possiamo riuscirci, ma, prima che usciamo di qui, fa’ un ten­tativo, ti prego. Descrivi di nuovo quell’uomo... Non lo spettro di Roger, la statua vivente o quella alata, ma l’uomo che hai visto ritto nell’angolo della stanza d’albergo quando è sorto il sole.»

«Un tipo comune, te l’ho detto, molto comune. Anglosasso­ne? Sì, probabile. Palesemente irlandese o nordico? No. Sempli­cemente un uomo. Francese, non direi. Piuttosto una varietà comune di americano. Abbastanza alto, come me, non straordina­riamente alto come te. Non posso averlo visto per più di cinque secondi. Era l’alba e lui mi aveva intrappolato là, non potevo scappare. Sono andato completamente in confusione. Il materas­so mi è caduto addosso e, quando mi sono riavuto, l’uomo non c’era più. Svanito nel nulla, come se mi fossi immaginato tutto, eppure non me lo sono immaginato!»

«Grazie. I capelli?»

«Biondo cenere, quasi grigi. Sai quanto il biondo cenere può sbiadire fino a trasformarsi in un... un castano grigiastro o addi­rittura sembrare incolore, una sorta di grigio intenso.»

Fece un impercettibile gesto per indicare che capiva.

Mi appoggiai alla parete di vetro con cautela: data la mia for­za, sarebbe stato facilissimo mandarla in frantumi, pur senza vo­lerlo. L’ultima cosa al mondo che desideravo era commettere un errore grossolano. Com’era ovvio, lui voleva che dicessi di più e io ci stavo provando. Ricordavo in modo piuttosto chiaro l’uo­mo. «Un viso gradevole, molto gradevole. Era il genere di perso­na che non ti colpisce per la statura o la fisicità, quanto per una specie di aria vigile, quello che potresti definire un misto di com­postezza e intelligenza. Sembrava un uomo interessante.»

«Vestiti?»

«Niente di particolare. Neri, credo, forse addirittura un po’ impolverati. Penso che me ne ricorderei se fossero stati di un ne­ro lucente, particolarmente leggiadro o elegante.»

«Occhi degni di nota?»

«Solo per l’intelligenza dello sguardo. Non erano grandi né di colore intenso. Lui sembrava tranquillo, sicuro di sé. Sopracci­glia scure ma non troppo cespugliose. Fronte normale, capelli folti, bei capelli, ben pettinati, ma non con un’acconciatura ri­cercata come la mia, o la tua.»

«E pensi che abbia davvero pronunciato quelle parole?»

«Ne sono certo. L’ho sentito chiaramente e ho sobbalzato. Ero sveglio, capisci, sveglissimo. Ho visto il sole. Guarda la mia mano.» La mia pelle non era più pallida come prima che avessi raggiunto, in un recente passato, il deserto dei Gobi, dove avevo sfidato il sole a uccidermi. Ma entrambi potevamo comunque notare la scottatura là dove i raggi solari mi avevano colpito. E sentivo pure quella sul lato destro del viso, per quanto invisibile perché forse avevo fatto in tempo a voltare la testa.

«E, riavendoti, ti sei ritrovato sotto il letto, che era messo di traverso, si era capovolto ed era poi ricaduto al suo posto.»

«Nessun dubbio al riguardo. Una lampada era caduta a terra. Non lo avevo sognato più di quanto avessi sognato Roger o qua­lunque altra cosa. Senti, voglio che tu venga nei quartieri residenziali con me. Voglio che esamini questo appartamento. Le cose di Roger.»

«Oh, be’,non vedo l’ora», rispose con entusiasmo. «Non me lo perderei per nulla al mondo. Volevo solo che ti riposassi anco­ra un po’,che cercassi di...»

«Cercassi di fare cosa? Di calmarmi? Dopo aver parlato col fantasma di una delle mie vittime? Dopo aver visto quell’uomo in piedi nella mia stanza? Dopo aver visto questa Cosa prendere Roger, questa Cosa che mi ha pedinato per il mondo, questo araldo di follia, questa...»

«Ma non l’hai vista davvero prendere Roger, giusto?»

Riflettei prima di rispondere. «Non ne sono sicuro. Non sono sicuro che l’immagine di Roger fosse ancora animata. Lui sem­brava perfettamente calmo e a poco a poco si è affievolito. Poi il volto della creatura, dell’essere o di qualunque cosa fosse... il volto divenne visibile per un istante. A quel punto ero smarrito, del tutto privo di senso dell’equilibrio e dell’orientamento. Non so se Roger stesse semplicemente svanendo quando la Cosa lo prese o se invece accettò la situazione e le si arrese.»

«Lestat, non hai la certezza che uno di questi due eventi sia davvero accaduto. Sai solo che il fantasma di Roger è svanito e che è comparsa questa Cosa. È tutto ciò che sai.»

«Credo che tu abbia ragione.»

«Guardala in questo modo: il tuo Pedinatore ha scelto di ma­nifestarsi e ha cancellato il tuo spettrale compagno.»

«No, invece. Erano collegati. Infatti Roger l’ha sentito arriva­re! Ha capito che stava arrivando ancor prima che io sentissi i passi. Ringrazio Dio per una cosa.»

«Quale?»

«Il fatto di non riuscire a comunicarti la mia paura. Il fatto di non poterti spiegare chiaramente quanto sia stato terribile. Mi credi, il che è più che sufficiente per il momento, ma se tu capissi davvero, non rimarresti così calmo e controllato, l’esemplare perfetto del gentiluomo inglese.»

«Forse lo sono. Andiamo. Voglio vedere questa stanza del te­soro. Credo che tu abbia ragione: non puoi permettere che la ra­gazza perda tutti quegli oggetti.»

«Donna, giovane, ma donna.»

«E dovremmo scoprire dove si trova lei, subito.»

«L’ho già fatto, venendo qui.»

«Nello stato in cui eri?»

«Be’,mi ero ripreso abbastanza da poter entrare nell’albergo e assicurarmi che se ne fosse già andata. Dovevo verificare alme­no quello. Una limousine l’ha accompagnata al La Guardia alle nove di stamattina. È arrivata a New Orleans oggi pomeriggio. Quanto al convento, non ho idea di come raggiungerla là. Non so nemmeno se ha un telefono. Per il momento è più al sicuro di quanto non sia mai stata finché Roger era ancora in vita.»

«Sono d’accordo. Andiamo all’appartamento.»

Talvolta la paura serve di monito. È come se qualcuno ti posasse una mano sulla spalla e ti dicesse: «Non spingerti oltre».

Quando entrammo nell’appartamento, per un paio di secondi ebbi proprio quest’impressione. Panico. Non spingerti oltre. Tut­tavia io ero troppo orgoglioso per darlo a vedere e David troppo curioso, benché, precedendomi nel corridoio, avesse sicuramen­te notato, come me, che quel posto era senza vita. La morte re­cente? Riusciva a sentirne l’odore con la mia stessa facilità. Mi chiesi se lo trovasse meno sgradevole, visto che non era stato lui a uccidere.

Roger! Nella mia memoria la fusione tra il cadavere mutilato e il fantasma di Roger mi colpì improvvisamente, come un violen­to calcio al petto.

David raggiunse il salotto mentre io indugiavo nel guardare il grande angelo di marmo bianco con la sua acquasantiera a forma di conchiglia, e pensavo a quanto assomigliasse alla statua di granito. Blake. William Blake ne era a conoscenza; aveva visto ange­li e demoni e ne aveva reso adeguatamente le proporzioni. Roger e io avremmo potuto parlare di Blake... Ma ormai era troppo tar­di. Mi trovavo lì, nel corridoio.