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«Sì.»

«Quello che voglio dire è che, se ti apri a ciò che vuole mo­strarti, questo non significa che hai accettato lui, vero? Anzi, è lui ad avere l’obbligo di farti adottare il suo punto di vista, o così sembrerebbe. Inoltre, la cosa importante è che tu infrangi le re­gole, quali che siano.»

«Non può trascinarmi all’inferno con l’inganno, vuoi dire.»

«Dici sul serio? Credi che Dio lascerebbe che la gente venga trascinata all’inferno con l’inganno?»

«Io non sono la gente, Dora. Sono ciò che sono. Non intendo fare paragoni con Dio, nei miei epiteti ripetitivi. Voglio solo dire che sono malvagio. Molto malvagio. Lo so. Lo sono sin da quan­do ho cominciato a nutrirmi degli umani. Sono Caino, l’assassi­no dei suoi fratelli.»

«Allora Dio potrebbe relegarti all’inferno in qualunque mo­mento volesse. Perché no?»

Scossi il capo. «Magari lo sapessi. Magari sapessi perché non l’ha ancora fatto. Vorrei tanto saperlo. Ma quello che stai dicen­do è che qui sono coinvolte forme di potere su entrambi i lati della barricata.»

«È evidente.»

«E credere in una sorta di stratagemma equivarrebbe quasi alla superstizione.»

«Precisamente. Se vai in paradiso, se parli con Dio...» S’in­terruppe.

«Lo seguiresti se lui ti stesse chiedendo di aiutarti, se ti stesse dicendo che non è malvagio, ma che è l’avversario di Dio e po­trebbe farti cambiare idea sulla situazione?» le chiesi.

«Non lo so», rispose. «Forse sì. Conserverei il mio libero ar­bitrio durante l’intera esperienza, ma potrei benissimo seguirlo.»

«Proprio così. Libero arbitrio. Sto forse perdendo il libero arbitrio e la ragione?»

«Mi sembri nel pieno possesso di entrambi e di un’enorme forza sovrannaturale.»

«Percepisci in me la presenza del male?»

«No, sei troppo bello, lo sai.»

«Ma dentro di me dev’esserci qualcosa di marcio e crudele che riesci a percepire e vedere.»

«Mi stai chiedendo un conforto che non posso darti», spiegò. «No, non lo percepisco. Credo a ciò che mi hai detto.»

«Perché?»

Rifletté a lungo. Poi si alzò e raggiunse la parete di vetro. «Ho fatto una richiesta al sovrannaturale, gli ho chiesto una visione», mormorò, guardando giù, forse fissando il tetto della cattedrale. Non potevo stabilirlo, da quella distanza.

«E pensi che io potrei rappresentare la risposta.»

«Forse», congetturò, voltandosi per fissarmi di nuovo. «Non voglio dire che tutto ciò stia succedendo a causa di Dora e di quello che Dora desidera. Dopotutto, sta succedendo a te. Ma io ho chiesto una visione e mi è stata concessa una serie di avveni­menti miracolosi, e, sì, ti credo, con la stessa certezza con cui cre­do nell’esistenza e nella bontà di Dio.» Si avvicinò a me, posan­do con cautela i piedi tra i raccoglitori sparsi a terra. «Sai, nessu­no di noi può dire perché Dio tolleri l’esistenza del male.»

«Già.»

«O quando il male sia apparso nel mondo. Eppure nel mon­do intero siamo milioni, noi popolo della Bibbia — musulmani, ebrei, cattolici, protestanti —, discendenti di Abramo, e conti­nuiamo a essere coinvolti in storie e schemi in cui è presente il male, in cui c’è un Diavolo, in cui c’è un elemento tollerato da Dio, un avversario, per usare la definizione del tuo amico.»

«Sì. Avversario. E proprio così che ha detto.»

«Confido in Dio», disse.

«E stai dicendo che dovrei farlo anch’io?»

«Cosa mai potresti perdere, facendolo?»

Non risposi.

Lei si aggirò per la stanza, riflettendo, i capelli neri che si spo­stavano in avanti formandole un ricciolo sulla guancia, le lunghe gambe fasciate di nero che sembravano penosamente magre ep­pure eleganti, mentre camminava. Si era tolta il cappotto ormai da tempo, ma solo allora notai che indossava un sottile vestito di seta nera. Sentii di nuovo l’odore del sangue, il suo recondito, profumato sangue femminile. Distolsi lo sguardo da lei.

Disse: «Io so che cosa ho da perdere, in simili faccende. Se credo in Dio, e non esiste nessun Dio, posso perdere la vita. Posso finire sul letto di morte rendendomi conto di aver sprecato l’unica autentica esperienza dell’universo che mai mi sarà con­cessa».

«Sì, è proprio ciò che pensavo anch’io quand’ero vivo. Non intendevo sprecare la mia vita credendo in qualcosa che non po­teva essere dimostrata ed era fuori questione. Volevo conoscere ciò che mi era permesso di vedere, percepire e assaporare nel corso della mia esistenza.»

«Precisamente. Ma, vedi, la tua situazione è diversa. Sei un vampiro. Sei, in termini teologici, un demone. Hai una potenza tutta tua e non puoi morire di morte naturale. Sei avvantaggia­to.»

Ci pensai su.

«Sai cos’è successo oggi nel mondo?» chiese. «Cos’è succes­so solo oggi? Cominciamo sempre la nostra trasmissione televisi­va con notizie d’attualità; sai quante persone sono morte in Bosnia? In Russia? In Africa? Quante battaglie sono state combat­tute e quanti omicidi commessi?»

«So cosa vuoi dire.»

«Voglio dire che è altamente improbabile che questa creatura abbia il potere di farti fare qualcosa con l’inganno, quindi segui­la. Lascia che ti mostri ciò che promette. E se mi sbaglio... se vie­ni trascinato all’inferno con l’inganno, allora avrò commesso un terribile errore.»

«No, non l’avrai fatto. Avrai vendicato la morte di tuo padre, tutto qui. Ma sono d’accordo con te. I trucchi sono troppo me­schini per poter essere inclusi in questa faccenda. Mi affiderò al­l’istinto. E voglio dirti un’altra cosa su Memnoch il Diavolo, una cosa che forse ti stupirà.»

«Che ti piace? Lo so. L’ho sempre saputo.»

«Com’è possibile? Io non piaccio a me stesso, capisci. Mi vo­glio bene, naturalmente, sarò devoto a me stesso sino alla fine dei miei giorni. Ma non mi piaccio.»

«Ieri notte mi hai detto una cosa», ricordò. «Mi hai detto che, se avessi avuto bisogno di te, avrei dovuto chiamarti con la niente, col cuore.»

«Sì.»

«Fa’ altrettanto. Se segui questa creatura e hai bisogno di me, chiamami. Se non riesci a staccartene spontaneamente e hai biso­gno della mia intercessione, lancia quella chiamata! Ti sentirò. E urlerò ai cieli la mia preghiera per te, non per giustizia, ma per misericordia. Me lo prometti?»

«Certo.»

«Cos’hai intenzione di fare, adesso?» chiese.

«Passare con te le ore rimaste, occupandomi dei tuoi affari. Accertando, tramite i miei numerosi alleati mortali, che niente possa danneggiarti per quanto riguarda tutti questi beni.»

«L’ha già fatto mio padre. Credimi. Ha sistemato tutto in mo­do brillante.»

«Ne sei sicura?»

«L’ha fatto con la sua consueta ingegnosità. Ha lasciato a di­sposizione dei suoi nemici una fortuna più ingente di quella de­stinata a me, proprio perché possano impossessarsene. Non han­no nessun bisogno di cercare chicchessia. Una volta saputo della sua morte, cominceranno ad arraffare tutte le sue proprietà di­sponibili, a destra e a manca.»

«Ne sei sicura?»

«Sicurissima. Sistema i tuoi affari, stanotte. Non hai motivo di preoccuparti dei miei. Prenditi cura di te stesso, assicurati di essere pronto a imbarcarti in quest’avventura.»

La osservai a lungo. Ero ancora seduto al tavolo, mentre lei era in piedi, dando le spalle alla parete di vetro. Ebbi l’impres­sione che fosse stata disegnata su di essa con dell’inchiostro ne­ro, eccettuato il suo viso bianco.

«Esiste un Dio, Dora?» sussurrai. Avevo pronunciato queste parole così tante volte! Avevo fatto questa stessa domanda a Gretchen, quando ero di carne e sangue tra le sue braccia.