«Sono vivo?»
«Naturalmente, sì. La tua anima non ha mai sperimentato la morte fisica; non ha mai lasciato la terra, se non con me grazie a una speciale dispensa per questo viaggio. Sai di essere vivo. Sei Lestat de Lioncourt, anche se il tuo corpo è stato modificato dall’invasione di uno spirito alieno e alchemico, di cui tu stesso hai messo per iscritto la storia e le sventure.»
«Per venire con te... per decidere di seguirti... devo morire, vero?»
«Certo», rispose.
Mi trovai di nuovo paralizzato, le mani premute con forza sulle tempie. Fissai l’erba sotto i miei stivali. Percepii la luce, simile a uno sciame di insetti radunati nel sole, che scendeva su di noi. Guardai il riflesso del fulgore e della foresta verdeggiante negli occhi di Memnoch.
Lui sollevò una mano molto lentamente, come per lasciarmi la possibilità di scostarmi, e poi me la posò sulla spalla. Amavo simili gesti, i gesti rispettosi. Cercavo spesso di farli anch’io.
«Hai la facoltà di scelta, ricordi? Puoi tornare a essere esattamente ciò che sei ora.»
Non riuscii a rispondere. Sapevo cosa stavo pensando. Immortale, materiale, legato alla terra, vampiro. Ma non lo espressi a parole. Com’era possibile che qualcuno potesse tornare da tutto ciò? E rividi ancora una volta il viso di Dio e risentii le sue parole. Non saresti mai mio nemico, vero?
«Stai reagendo benissimo a ciò che ti dico. Me lo immaginavo, per diversi motivi», dichiarò Memnoch in tono appassionato.
«Perché?» chiesi. «Dimmi perché. Ho bisogno di essere rassicurato. Sono troppo logorato da tutti i pianti e balbettii precedenti, pur dovendo confessare che non ho molta voglia di parlare di me.»
«Ciò che sei fa parte di ciò che stiamo facendo», affermò.
Avevamo raggiunto un’enorme ragnatela, sospesa, grazie a spessi filamenti scintillanti, sopra il nostro ampio sentiero. Rispettosamente, Memnoch chinò il capo sotto di essa anziché distruggerla, abbassando le ali a ridosso del suo corpo, e io lo imitai.
«Sei curioso, è questa la tua virtù», continuò. «Vuoi sapere. È quello che ti disse il tuo Marius; disse che, avendo vissuto per migliaia di anni o, be’,quasi... avrebbe risposto alle tue domande di giovane vampiro perché venivano poste davvero! Tu volevi davvero sapere. Ed è questo che ti ha reso così attraente anche ai miei occhi, portandomi da te. Nonostante la tua insolenzà, volevi sapere! Sei stato orribilmente offensivo nei confronti miei e di Dio, di continuo, ma lo stesso si può dire di chiunque altro viva nella tua epoca. Non è certo insolito, solo che nel tuo caso hai manifestato un’incredibile e genuina curiosità e meraviglia. Hai visto il giardino selvaggio, invece di assumere semplicemente un ruolo là. Quindi ciò è legato al motivo per cui ti ho scelto.»
«D’accordo», concessi, sospirando. Era logico. Naturalmente ricordavo Marius che mi si rivelava. Lo ricordavo mentre diceva proprio le cose cui Memnoch aveva accennato. E sapevo anche che il mio profondo amore per David, e per Dora, era imperniato su tratti molto simili presenti in entrambi: una curiosità intrepida e pronta ad accettare le conseguenze delle risposte!
«Dio, la mia Dora sta bene?»
«Ah, la facilità con cui ti lasci distrarre continua a sorprendermi. Proprio quando penso di averti davvero sbalordito e di aver completamente catturato la tua attenzione, tu fai un passo indietro ed esigi che ti risponda, alle tue condizioni. Non è una violazione alla tua curiosità, ma un mezzo per assumere il controllo delle domande, per così dire.»
«Mi stai dicendo che devo dimenticarmi di Dora, per il momento?»
«Farò di meglio. Non hai motivo di preoccuparti. I tuoi amici, Armand e David, l’hanno trovata e stanno badando a lei, senza rivelarsi.» Sorrise con aria rassicurante e fece un lieve, dubbioso, forse ammonitore, cenno del capo. «Ah, non devi dimenticare che la tua preziosa Dora dispone di straordinarie risorse fisiche e mentali. Potresti benissimo aver già esaudito i desideri di Roger. La fede di Dora in Dio l’ha differenziata dagli altri, anni fa; adesso ciò che le hai mostrato ha semplicemente rafforzato la sua dedizione a tutto ciò in cui crede. Non voglio più parlare di lei. Voglio continuare a descrivere la creazione», dichiarò.
«Sì, te ne prego.»
«Dov’eravamo rimasti? C’era Dio e noi eravamo con Lui. Avevamo forme umane, ma non le definivamo tali perché non le avevamo mai viste in forma materiale. Eravamo consapevoli delle nostre membra, delle nostre teste, delle nostre figure, e di una sorta di movimento, che è puramente celestiale ma che riunisce tutte le nostre parti in un insieme armonioso, fluido. Eppure non sapevamo nulla della materia o della forma materiale. Poi Dio creò l’universo e il tempo. Be’,restammo sbigottiti e nel contempo affascinati! Completamente affascinati! Dio ci disse: ‘Osservate, perché ciò che vedrete sarà magnifico e supererà le vostre idee e aspettative, così come le mie’.»
«Dio disse questo?»
«Sì, a me e agli altri angeli. ‘Osservate.’ E se riesamini le Scritture, scoprirai che uno dei primi appellativi usati per noi, gli angeli, era osservatori.»
«Sì, in Enoch e in molti testi ebraici.»
«Esatto. E considera le altre religioni del mondo, i cui simboli e il cui linguaggio ti sono meno familiari; noterai che nelle diverse cosmologie ricorrono esseri simili, un’antica razza di creature simili a Dio che esaminarono o precedettero gli esseri umani. È tutto alquanto confuso, ma, in un certo senso, è già tutto spiegato. Eravamo i testimoni della creazione di Dio. L’avevamo preceduta, quindi non avevamo assistito alla nostra. Ma eravamo là quando Lui creò le stelle!»
«Stai dicendo che le altre religioni hanno la stessa validità di quella cui ci stiamo riferendo? Stiamo parlando di Dio e di Nostro Signore come se fossimo cattolici europei...»
«È tutto alquanto confuso, in innumerevoli testi disseminati nel mondo intero. Ci sono testi, ormai irrecuperabili, che contenevano informazioni molto accurate sulle tesi cosmologiche; e testi conosciuti dagli uomini; e altri che sono stati dimenticati ma che possono essere riscoperti, col tempo.»
«Ah, col tempo.»
«Essenzialmente è la stessa storia. Ma ascolta qual è la mia opinione in proposito e non avrai nessuna difficoltà a conciliarla coi tuoi punti di riferimento e con la simbologia che ti è più familiare.»
«Ma la validità delle altre religioni! Stai dicendo che l’essere che ho visto in paradiso non era Cristo!»
«Non ho detto una cosa del genere. In realtà, ho detto che Lui era Dio Incarnato. Abbi pazienza che ci arriviamo!»
Eravamo usciti dalla foresta e ci trovavamo su quello che sembrava il limitare di un veldt. Per la prima volta, intravidi gli umani il cui odore mi aveva distratto: una banda lontana di nomadi vestiti in modo succinto che avanzavano a ritmo costante sull’erba. Dovevano essere una trentina, forse meno.
«E l’Era Glaciale deve ancora arrivare», ripetei. Ruotai più volte su me stesso, cercando di assorbire e memorizzare i dettagli degli enormi alberi. Ma persino mentre lo facevo, mi resi conto che la foresta era cambiata.
«Osserva attentamente gli esseri umani», mi suggerì Memnoch. «Guarda.» Indicò con un dito. «Cosa vedi?»
Strinsi gli occhi ed evocai i miei poteri vampireschi per studiare la scena più da vicino. «Uomini e donne, che sembrano molto simili a quelli odierni. Sì, direi che questo è l’Homo sapiens sapiens. Direi che appartengono al mio stadio evolutivo.»