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«Così divennero come gli spiriti dell’acqua o quelli dei bo­schi: gli spiriti che in seguito gli uomini giunsero a venerare», os­servai.

«Proprio così. Ma stai precorrendo i tempi. La mia reazione a queste prime due Rivelazioni fu come quella di molti apparte­nenti alle mie legioni; non appena percepimmo una scintilla di vita emanata da questi organismi vegetali pluricellulari, comin­ciammo anche a percepirne la morte, quando un organismo ne divorava un altro oppure lo depredava e gli rubava il cibo; no­tammo molteplicità e distruzione! Ciò che prima era stato sem­plice cambiamento — scambio di energia e materia — adesso as­sunse una nuova dimensione. Cominciammo a vedere l’inizio della Terza Rivelazione. Solo che non lo capimmo finché i primi organismi animali non si differenziarono dalle piante. Mentre os­servavamo il loro movimento energico, determinato, la loro gam­ma di scelte che sembrava più ampia, sentimmo che la scintilla di vita che mostravano era davvero molto simile alla vita dentro di noi. E cosa stava succedendo a queste creature? A questi minu­scoli animali e a queste piante? Morivano, ecco cosa stava succe­dendo. Nascevano, vivevano e morivano, e cominciavano a decomporsi. E quella fu la Terza Rivelazione dell’evoluzione: deca­dimento e morte.» Il viso di Memnoch divenne più cupo di quanto non l’avessi mai visto. Conservò l’innocenza e la meravi­glia, ma venne rannuvolato da qualcosa di terribile che sembrava un misto di paura e delusione; forse si trattava semplicemente dell’ingenuo stupore che anticipa una orribile conclusione.

«La Terza Rivelazione fu decadimento e morte», gli feci eco. «E tu ne eri disgustato.»

«No, non disgustato! Mi limitai a supporre che doveva trat­tarsi di un errore! Salii fulmineo in cielo! Dissi a Dio: ‘Guarda, questi esseri minuscoli possono cessare di esistere, la scintilla può lasciarli — quando invece non potrebbe mai lasciare te o noi —, e poi la materia che si lasciano alle spalle marcisce’. Non fui l’unico angelo a volare fino a Dio con questo grido. Ma credo che i miei inni di meraviglia fossero maggiormente soffusi di sospetto e paura. La paura era nata nel mio cuore. Non lo sapevo, ma mi era giunta con la percezione del decadimento e della morte; e alla mia mente quella percezione sembrava punitiva.» Mi guardò. «Ricorda che siamo angeli. Fino a quel momento non c’era stato niente di punitivo per la nostra mente; niente che provocasse sof­ferenza nei nostri pensieri! Capisci? E io soffrivo; e la paura rap­presentava una minuscola componente di tutto ciò.»

«E cosa rispose Dio?»

«Secondo te, cosa rispose?»

«Che faceva tutto parte del piano.»

«Esatto. ‘Osserva. Osserva e guarda, e vedrai che essenzial­mente non sta succedendo niente di nuovo; c’è lo stesso scambio di energia e materia.’»

«E la scintilla, allora?» gridai io.

«‘Siete creature viventi’,disse Dio. ‘La tua capacità di perce­pire una cosa simile fa onore al tuo intelletto sopraffino. Adesso osserva. Non è ancora finita.’»

«Ma la sofferenza, il carattere punitivo...»

«Venne tutto risolto in una grande discussione. La discussio­ne con Dio comporta non solo parole coerenti ma anche l’im­menso amore di Dio, la luce che hai visto, che ci circonda e per­mea tutti. Ciò che Lui ci fornì fu una rassicurazione, forse la ras­sicurazione richiesta da quel pizzico di sofferenza dentro di me: che non c’era niente di cui aver paura

«Capisco.»

«Adesso arriva la Quarta Rivelazione (ricorda che questa mia elaborazione è arbitraria). Non posso illustrarti i dettagli, come ti ho già detto. Definisco la Quarta la Rivelazione del colore. Eb­be inizio con le piante che fiorivano. La creazione dei fiori; l’in­troduzione di un metodo di accoppiamento stravagante e splen­dido degli organismi. Ora, tieni presente che l’accoppiamento avveniva da sempre, persino tra gli organismi unicellulari. Ma i fiori! I fiori introdussero a profusione colori che fino a quel mo­mento non erano mai apparsi in natura, se non nell’arcobaleno! Colori che noi avevamo conosciuto in paradiso e consideravamo meramente paradisiaci, e adesso vedevamo che non lo erano, ma che potevano svilupparsi, per motivi naturali, in quel grande laboratorio chiamato terra. Lasciami sottolineare, a questo punto, che colori spettacolari si stavano sviluppando anche nelle creatu­re marine, nei pesci che vivevano nelle acque tiepide. Ma i fiori, in particolare, mi apparivano di una bellezza squisita, e quando divenne evidente che le specie sarebbero state innumerevoli, che i disegni formati dai fiori sarebbero stati infiniti, i nostri inni si levarono nuovamente verso il paradiso, creando una musica tale che tutto ciò che l’aveva preceduta parve inferiore o non altret­tanto profondo. Naturalmente, questa musica era già stata tinta da qualcosa di scuro... ho il coraggio di dirlo? Dall’esitazione o dall’ombra prodotta in noi dalla rivelazione del decadimento e della morte. E adesso, coi fiori, questo elemento scuro divenne ancora più forte nei nostri canti e nelle nostre esclamazioni di meraviglia e gratitudine, perché, quando i fiori morivano, per­dendo i petali, cadendo sul terreno, questa ci sembrava una per­dita terribile. La scintilla di vita era scoccata davvero energica­mente da questi fiori, e dagli alberi e dalle piante più grandi che stavano crescendo ovunque, a profusione; e così il canto assunse note cupe. Ma eravamo affascinati più che mai dalla terra. In realtà, direi che a quel punto il carattere del paradiso era mutato in modo radicale. Tutto il paradiso, Dio, gli angeli di ogni rango erano adesso concentrati sulla terra. Era impossibile restare in paradiso, cantando semplicemente lodi a Dio, come prima. Il canto avrebbe dovuto includere un accenno alla materia, al pro­cesso e alla bellezza. E, naturalmente, gli angeli autori dei canti più elaborati intrecciarono questi elementi — morte, decomposi­zione, bellezza — in inni più coerenti di quelli prodotti da me. Io ero preoccupato. Avevo una mente insonne nell’anima, credo. Dentro di me c’era qualcosa che era già diventato insaziabile...»

«Queste sono le parole che ho detto a David quando gli ho raccontato di te, dopo che mi hai pedinato per la prima volta», dichiarai stupefatto.

«Sono tratte da un antico poema imperniato su di me, scritto in ebraico, e che adesso è diventato difficile da trovare in tradu­zione. Sono le parole con cui la sibilla ha descritto gli osservatori, gli angeli che Dio aveva inviato a studiare ogni cosa. La sibilla aveva ragione. Mi piacque la sua poesia, per questo la ricordo. L’ho adottata nella definizione di me stesso. Dio solo sa perché mai gli altri angeli siano più prossimi alla contentezza.»

Adesso tutto l’atteggiamento di Memnoch era malinconico. Mi chiesi se la musica del paradiso che io avevo sentito includes­se il carattere cupo che lui mi stava descrivendo oppure se la sua gioia pura fosse stata ristabilita.

«No, ora senti la musica delle anime umane del paradiso, ol­tre a quella degli angeli. I suoni sono del tutto diversi. Ma lascia­mi proseguire con le rivelazioni perché so che non sono facili da comprendere se non come un insieme omogeneo.

«La Quinta Rivelazione fu quella dell’encefalizzazione. Qual­che tempo prima, gli animali si erano differenziati dalle piante nell’acqua, e adesso queste creature gelatinose stavano comin­ciando a sviluppare un sistema nervoso e uno scheletro. Con questo sviluppo giunse il processo dell’encefalizzazione: le crea­ture cominciarono a sviluppare la testa! E non ci sfuggì, neanche per un istante divino, che noi, in quanto angeli, avevamo la testa! I processi di pensiero di questi organismi sempre più evoluti era­no concentrati nella testa. E lo stesso valeva per noi, ovviamente! Non c’era bisogno che qualcuno ce lo dicesse. La nostra intelli­genza angelica sapeva com’eravamo strutturati. Gli occhi ne era­no la prova. Avevamo gli occhi, che facevano parte del nostro cervello, e la vista ci guidava nei movimenti, nelle reazioni e nella nostra ricerca di conoscenza più di qualunque altro senso. Scop­piò un tumulto in paradiso. ‘Signore, cosa sta succedendo? Que­ste creature stanno sviluppando forme... membra... teste’,pro­ruppi. E ancora una volta si levarono gli inni, ma stavolta mi­schiati alla confusione oltre che all’estasi, al timore di Dio perché potevano accadere cose simili, perché dalla materia potevano sorgere esseri dotati di testa.