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«Mi rispose: ‘Ma, Memnoch, i primati hanno fatto tutto ciò prima di avere l’anima. Tutto, nella natura, divora e viene divo­rato. È questo che Dio sta cercando di dirti sin da quando hai cominciato a protestare a gran voce per il suono della sofferen­za proveniente dalla terra. Questi anime-divinità-spiriti sono espressione degli umani e parte dell’umanità, nati dagli umani e tenuti in vita dagli umani; e persino se questi spiriti diventano tanto forti da poter manipolare mirabilmente gli esseri viventi, sono comunque scaturiti dalla materia e sono parte della natura, come ha detto Dio’.

«‘Quindi, la natura è questo indescrivibile orrore che si sta sviluppando’,ribattei pronto. ‘Non è sufficiente che uno squalo inghiotta tutt’intero un delfino appena nato o che la farfalla ven­ga stritolata dai denti del lupo che la mastica, indifferente alla sua bellezza. Non è sufficiente. La natura deve procedere oltre, e far nascere dalla materia questi spiriti tormentati. La natura arri­va così vicino al paradiso, ma gli è talmente estranea che il solo nome adatto a questo luogo è Sheol.’ Questo discorso fu davvero troppo per Michele. Non si può parlare così a quell’arcangelo, è controproducente. Quindi mi diede subito le spalle, non per rabbia, non per il codardo timore che la saetta di Dio potesse mancarmi per un pelo e frantumargli l’ala sinistra; mi diede le spalle in silenzio, come per dire: Memnoch, sei impaziente e pri­vo di buonsenso. Poi si voltò e disse con misericordia: ‘Memnoch, non osservi abbastanza in profondità. Queste anime han­no appena cominciato la loro evoluzione. Chi può sapere quanto possono diventare forti? L’uomo ha messo piede nell’invisibile. E se volesse diventare come noi?’

«‘Ma come può accadere, Michele?’ chiesi. ‘Come possono scoprire, queste anime, cosa sono gli angeli e cos’è il paradiso? Pensi che se ci rendessimo visibili ai loro occhi e dicessimo loro che sono...’ M’interruppi. Persino io sapevo che questo era im­pensabile. Non avrei mai osato, neanche in svariati milioni di an­ni. Eppure, non appena concepimmo quest’idea e cominciammo a riflettervi sopra, altri angeli si unirono a noi e dissero: ‘Guarda­te, gli esseri viventi sanno che siamo qui’.

«‘Com’è possibile?’ domandai. Nonostante la mia compas­sione per l’umanità, non consideravo molto intelligenti gli uomi­ni e le donne mortali. Tuttavia questi angeli me lo spiegarono: ‘Alcuni hanno percepito la nostra presenza, nello stesso modo in cui percepiscono la presenza di un’anima morta. Si tratta della stessa sezione del cervello che capta altre cose invisibili; siamo stati intravisti e adesso verremo immaginati da queste persone. Vedrete’.

«‘Questo non può essere il volere di Dio’,replicò Michele. ‘Propongo di tornare subito in paradiso.’ La maggioranza si mo­strò d’accordo con lui, così come fanno gli angeli, cioè senza emettere nessun suono. Rimasi fermo, da solo, a osservare la moltitudine.

«‘Allora? Dio mi ha affidato una missione. Non posso tornare prima di aver capito. E, per il momento, non capisco’,insistetti. Seguì un’accesa discussione, ma alla fine Michele mi baciò alla maniera degli angeli, teneramente sulle labbra e le guance, e tornò in paradiso; l’intera coorte salì con lui. Io rimasi lì sulla ter­ra, da solo. Non pregai Dio; non osservai gli uomini; guardai dentro me stesso e pensai: cosa devo fare? Non voglio essere vi­sto come un angelo. Non voglio essere venerato come queste ani­me che sopravvivono. Non voglio irritare Dio, però devo obbe­dire al comandamento che mi ha dato. Devo capire. Ora, sono invisibile. E se potessi fare ciò che fanno queste anime intelligen­ti, cioè attirare a me della materia per crearmi un corpo, riunire abbastanza minuscole particelle prese dal mondo intero? E chi meglio di me sa di cosa è fatto un uomo, chi meglio di me cono­sce la composizione di tessuti, cellule, ossa, fibre e materia cere­brale? Chi meglio di me, tranne Dio?’ Così lo feci. Concentrai il mio essere e tutta la mia energia nel tentativo di crearmi un invo­lucro vivente di carne umana, completo in ogni sua parte, e scelsi — senza nemmeno pensarci — di essere un maschio. Questo ri­chiede una spiegazione?»

«Non proprio», risposi. «Immagino che tu avessi visto abba­stanza stupri, parti e lotte impotenti per fare la scelta più saggia. So che per me è stato così.»

«Esatto. Ma talvolta mi chiedo... se le cose sarebbero state di­verse nel caso io avessi scelto di essere femmina. Avrei potuto be­nissimo farlo. Le donne ci assomigliano di più, in realtà. Ma se noi siamo entrambe le cose, allora siamo sicuramente più ma­schio che femmina. Le due componenti non sono presenti in parti uguali.»

«In base a quello che mi hai mostrato di te, sono propenso a darti ragione.»

«Bene. Mi rivestii di carne. Il processo richiese un po’ più tempo di quanto si potrebbe pensare. Fui costretto a evocare ogni brandello di conoscenza racchiuso nella mia memoria ange­lica; dovetti plasmare il corpo e poi introdurvi la mia essenza nel­lo stesso identico modo in cui la naturale essenza della vita sareb­be stata presente al suo interno; e dovetti arrendermi, cioè avvol­germi in questo corpo, entrarvi e colmarne le lacune senza farmi prendere dal panico. Infine dovetti guardare attraverso i suoi oc­chi.»

Annuii, con un lieve accenno di sorriso. Avendo rinunciato al mio corpo vampiresco in cambio di un corpo umano, potevo forse immaginare in minima parte ciò che Memnoch aveva sperimentato, tuttavia non volevo vantarmi del fatto che capivo.

«Il processo non comportò dolore», spiegò. «Solo sottomis­sione. E senza nessun motivo valido, in realtà — o forse dovrei di­re semplicemente per natura, tanto per usare il termine preferito di Dio —, rivestii di carne il mio io, la mia essenza. Esclusi dal progetto solo le ali, ed eccomi lì, alto come un angelo. Quando raggiunsi l’acqua limpida di una pozza poco distante e abbassai lo sguardo, vidi per la prima volta Memnoch in forma materiale. Vidi esattamente me stesso, i miei capelli biondi, i miei occhi, la mia pelle, tutti i doni a me concessi da Dio in forma invisibile, adesso resi manifesti nella carne. Capii subito che era troppo! Ero troppo imponente; sfavillavo dell’essenza dentro di me! Non poteva funzionare. Così cominciai subito a dare una nuova forma al corpo e a rimpicciolirlo finché le mie dimensioni non furono più simili a quelle umane. Scoprirai come fare tutto ciò quando ti unirai a me, se scegli di venire, e morire, ed essere il mio luogotenente. Ma, per il momento, lasciami dire che ciò, pur non essendo impossibile, non è semplice; non è come premere i tasti di un complicato programma informatico, appoggiarsi allo schienale e osservare la macchina che esegue i comandi l’uno do­po l’altro. D’altra parte, non è faticoso né troppo consapevole, richiede semplicemente conoscenza, pazienza e volontà angeli­che. Così, accanto allo specchio d’acqua c’era un uomo, nudo, con capelli biondi e occhi chiari, assai simile a molti degli abitan­ti della regione, benché forse più vicino alla perfezione, e dotato di organi fisici dalle dimensioni ragionevoli ma non splendide. Mentre la mia essenza s’introduceva in questi organi, nello scro­to e nel pene, per la precisione, provai qualcosa che mi era stato del tutto ignoto, nella mia qualità di angelo. Del tutto ignoto. Era costituito da molte percezioni diverse. Conobbi il genere, la ma­scolinità, e una certa vulnerabilità umana, direttamente anziché tramite l’osservazione e la percezione; e rimasi stupito da quanto mi sentivo potente. Mi ero aspettato di tremare per l’umiltà, in questa forma! Di rabbrividire di vergogna per la mia piccolezza, per la mia immobilità e per una miriade di altre cose: sensazioni che hai provato anche tu quando hai scambiato il tuo corpo vampiresco con quello di un uomo.»

«Lo rammento bene.»

«Ma io non provai tutto ciò. Non ero mai stato fatto di mate­ria, né avevo mai e poi mai pensato di diventarlo. Non avevo mai e poi mai pensato di voler vedere come sarei potuto apparire in uno specchio terrestre. Conoscevo la mia immagine grazie al suo riflesso negli occhi di altri angeli. Conoscevo le mie parti perché potevo vederle coi miei occhi angelici. Ma adesso ero un uomo. Sentivo il cervello all’interno del cranio. Sentivo i suoi deboli, in­tricati e quasi caotici meccanismi; i vari strati di tessuto, il fatto che includa i primi stadi dell’evoluzione e li unisca a una profu­sione di più elaborate cellule della corteccia in un modo che ap­pariva illogico eppure naturale... se sapevi ciò che io, in quanto angelo, sapevo.»