Выбрать главу

«Per esempio?» chiesi, col tono più educato possibile.

«Per esempio, che le emozioni suscitate nella sezione limbica del mio cervello potevano impadronirsi di me senza essersi pri­ma palesate alla mia coscienza», rispose. «Questo non può succedere a un angelo. Le nostre emozioni non possono eludere la nostra mente cosciente. Non possiamo provare un terrore irra­zionale. Almeno non credo, e, in ogni caso, sicuramente non lo credevo in quel momento, mentre ero fermo sulla terra, rivestito dalla carne di un uomo.»

«Non avresti potuto essere ferito o ucciso, in quella forma?» chiesi.

«No. Ci arriverò fra un minuto, in realtà, perché, mentre mi trovavo in un’area selvaggia e boschiva — nella vallata che è la Pa­lestina, se proprio vuoi saperlo, prima ancora che venisse chiamata così —, mentre mi trovavo lì, sapevo benissimo che il mio corpo poteva essere cibo per gli animali selvatici, perciò creai tutt’intorno a me uno scudo resistentissimo, fatto di essenza an­gelica. Funzionava elettricamente: quando un animale si avvici­nava a me, cosa che successe quasi subito, veniva respinto dallo scudo. Così protetto, decisi di attraversare tutti i vicini insedia­menti umani e osservare le cose, sapendo che nessuno poteva farmi del male, scacciarmi, attaccarmi o qualunque altra cosa. Anzi, avrei dato l’impressione di schivare gli eventuali colpi e avrei cercato di comportarmi in modo che nessuno notasse la mia presenza. Aspettai che calasse la sera, poi raggiunsi l’insedia­mento più vicino, che era il più ampio della zona ed era diventa­to talmente potente da esigere tributi da altri agglomerati poco distanti. Era un enorme luogo di raduno circolare e cinto di mu­ra, pieno di capanne individuali in cui vivevano uomini e donne. In ogni capanna ardeva un fuoco. C’era una sezione centrale dove tutti si riunivano. C’erano recinzioni da chiudere durante la notte. Sgattaiolai dentro, mi coricai di fianco a una capanna e per ore osservai quello che gli abitanti dell’accampamento facevano al crepuscolo e poi nel buio. Sbirciai all’interno delle strette so­glie. Osservai parecchie cose. Il giorno dopo, rimasi a guardare dalla foresta. Seguii un gruppo di cacciatori, in modo da non es­sere visto ma da poterli vedere. Ogni volta che mi avvistavano, scappavo, comportamento che sembrava accettabile e prevedibi­le. Nessuno m’inseguì. Indugiai intorno alla prospera esistenza di questi umani per tre giorni e tre notti, e durante quel lasso di tempo scoprii i loro limiti, i loro bisogni e dolori corporei, e arri­vai a conoscere la loro lussuria perché tutt’a un tratto la sentii ar­dere dentro di me. Ecco come successe. Crepuscolo. Il terzo giorno. Ero giunto a una miriade di conclusioni, riguardo al mo­tivo per cui queste persone non potevano essere considerate par­te della natura. Ero ormai pronto a esporre il mio caso davanti a Dio ed ero sul punto di andarmene. Ma una cosa che aveva sem­pre affascinato gli angeli e che io non avevo sperimentato nella carne era l’unione sessuale. Ora, in qualità di angelo invisibile, ti puoi avvicinare parecchio ai due che si accoppiano, e guardare nei loro occhi semichiusi, udire i loro gemiti, persino toccare la pelle arrossata del seno della donna e sentire il battito concitato del suo cuore. Io lo avevo fatto innumerevoli volte. Solo allora mi resi conto che l’unione appassionata — la possibilità di sperimentarla realmente — poteva rivelarsi decisiva per il mio caso. Conoscevo la sete, conoscevo la fame, conoscevo il dolore, cono­scevo la stanchezza, sapevo come questa gente viveva, sentiva, pensava e conversava. Ma, in realtà, non sapevo cosa succedesse nell’unione sessuale. Così, al crepuscolo del terzo giorno, mentre ero fermo accanto a questo stesso mare, qui, a notevole distanza dall’accampamento, osservandolo per diversi chilometri sulla nostra destra, vidi avvicinarsi, come sbucata dal nulla, una don­na bellissima, una figlia dell’uomo. Avevo visto decine di donne splendide! Come ti ho già detto, quando vidi per la prima volta la bellezza delle donne, prima che gli uomini diventassero quasi altrettanto lisci e glabri, per me fu uno degli shock dell’evoluzio­ne fisica. E naturalmente, durante quei tre giorni nella carne, avevo osservato da lontano molte donne stupende; però, impe­gnato com’ero nel mio piano, non avevo osato avvicinarmi trop­po. Dopotutto, ero rivestito di carne e stavo cercando di non far­mi notare. Da tre giorni, bada bene, avevo questo corpo, e i suoi organi, essendo perfetti, reagirono immediatamente alla visione della donna che si avvicinava camminando con aria spavalda lungo la riva del mare; una donna ribelle, non accompagnata da un guardiano o da altre donne, una ragazza giovane, audace, leggermente irata e bellissima. Era vestita solo di una rozza pelle d’animale, chiusa da una cintura di pelle masticata, era scalza e aveva le gambe nude dal ginocchio in giù. I capelli erano lunghi e scuri, gli occhi azzurri: un abbinamento davvero accattivante. Il suo viso era molto giovane eppure pieno di carattere, il carattere conferito dalla rabbia e dalla ribellione: una ragazza colma di do­lore, d’imprudenza e di un vago desiderio di farsi del male. Mi vide. Si fermò, rendendosi conto della propria vulnerabilità. E io, non essendomi mai preoccupato degli indumenti, ero nudo, intento a fissarla. E il mio organo la voleva, la voleva immediata­mente e violentemente; allora cominciai a intuire come avrebbe potuto essere quell’unione, sentii cioè il primo moto di autentico desiderio. Per tre giorni avevo vissuto solo cerebralmente, come un angelo. A quel punto il corpo parlò e io lo ascoltai con le orecchie di un angelo. Lei non fuggì, si avvicinò invece di parec­chi passi; e, nel suo animo avventato, prese una decisione. Non potevo sapere su quale esperienza la basasse, ma la prese: decise che mi avrebbe accolto a braccia aperte, se la volevo. E col più fluido e aggraziato movimento dei fianchi, e sollevandosi i capelli per poi lasciarli ricadere con un gesto della mano destra, me lo fece capire. La raggiunsi; lei mi prese la mano e mi guidò su per quelle rocce, là, verso la caverna che puoi vedere subito dietro la tua spalla sinistra e in alto sul pendio. Mi portò da quella parte e quando raggiungemmo l’entrata capii che mi desiderava con lo stesso ardore con cui io desideravo lei. Non era vergine, questa ragazza. Quale che fosse il suo passato, conosceva la passione, sapeva cos’era e la voleva. Il movimento dei suoi fianchi verso di me era deliberato, e quando mi baciò e infilò la lingua nella mia bocca sapeva benissimo cosa cercava. Ero sopraffatto. Per un attimo la tenni scostata da me, solo per guardarla, guardarla nella sua misteriosa bellezza materiale, una cosa di carne e decadimen­to che tuttavia rivaleggiava con qualsiasi angelo io avessi mai vi­sto, e poi ricambiai i suoi baci, brutalmente, spingendola a ridere e a premere il seno contro di me. Dopo qualche secondo erava­mo già caduti insieme sul suolo muschioso della caverna, così co­me avevo visto fare un migliaio di volte ai mortali. E quando il mio organo entrò in lei, quando sentii la passione, seppi ciò che nessun angelo poteva sapere! Non aveva nulla a che fare con la ragione, l’osservazione, l’empatia, l’ascolto, l’apprendimento o il tentativo di comprendere. Mi trovavo all’interno della sua carne ed ero consumato dalla passione, e lei anche; i teneri muscoli della sua piccola, pelosa bocca vaginale si serrarono su di me co­me se lei volesse divorarmi, e quando mi spinsi dentro di lei, an­cora e ancora, la ragazza diventò rosso sangue nell’appagamento, e gli occhi le si rovesciarono all’interno delle orbite e il suo cuore smise quasi di battere. Io venni nello stesso istante. Sentii lo sperma schizzare dal mio corpo al suo. Lo sentii riempire la tiepida, stretta cavità. Il mio corpo continuò a dimenarsi con lo stesso ritmo, e poi quella sensazione, indescrivibile e del tutto nuova, si affievolì e scomparve. Rimasi steso, esausto, al suo fian­co, il mio braccio sopra il suo; la mia bocca cercò la sua guancia e la baciò, e nel suo linguaggio, in un flusso concitato di parole, dissi: ‘Ti amo, ti amo, ti amo, dolce e bellissima creatura, ti amo!’ E lei rispose con un sorriso remissivo e rispettoso, si rannicchiò accanto a me, e parve sul punto di piangere. La sua avventatezza l’aveva portata alla tenerezza! La sua anima soffriva, e io lo sentii attraverso il palmo delle sue mani! Ma in me c’era un tumulto di conoscenza! Avevo provato l’orgasmo! Avevo provato le sensa­zioni fisiche altamente sviluppate che giungono all’apice quando gli umani si accoppiano sessualmente! Fissai il soffitto della ca­verna, incapace di muovermi o di parlare. Poi mi accorsi che qualcosa l’aveva spaventata. Si aggrappò a me, s’inginocchiò e scappò via. Mi misi seduto. La luce era scesa dal paradiso! Stava scendendo dal paradiso ed era la luce di Dio che mi stava cercan­do! Con estrema rapidità m’inginocchiai, mi alzai e corsi fuori nella luce. ‘Eccomi, Signore!’ gridai. ‘Signore, trabocco di gioia! Signore, Dio, cosa ho provato, Signore!’ E proruppi in un gran­de inno e, mentre lo facevo, le particelle materiali del mio corpo si dissolsero tutt’intorno a me, mi vennero strappate di dosso, quasi come dal potere della mia voce angelica, e io mi levai in tutta la mia altezza e spalancai le ali e cantai per ringraziare il pa­radiso per ciò che avevo appena conosciuto tra le braccia di quella donna. La voce di Dio risuonò calma eppure colma d’ira. ‘Memnoch!’ chiamò. ‘Sei un angelo! Cosa ci fa un angelo, un fi­glio di Dio, con una figlia degli uomini?’ Prima che potessi ri­spondere, la luce si ritrasse e mi lasciò nella tromba d’aria, e, vol­tandomi, le mie ali imprigionate nel vortice, vidi che la donna mortale era lì vicino, sulla riva del mare, e che aveva visto e senti­to qualcosa che trovava inspiegabile, e aveva preso a fuggire, ter­rorizzata. Lei corse via e io venni trasportato su fino alle porte del paradiso, e, per la prima volta, quelle porte assunsero altezza e forma per me come hanno fatto per te, e mi si chiusero in fac­cia. La luce mi colpì e caddi, venni spinto giù, precipitando co­me hai fatto tu, stretto tra le mie braccia, soltanto che io ero solo, solo, mentre, invisibile ma contuso, avvilito e piangente, venivo scaraventato di nuovo sulla terra umida.