«‘Tu, il mio osservatore! Cosa hai fatto?’ mormorò la voce di Dio, fioca e sicura accanto al mio orecchio.
«Scoppiai a piangere, senza controllo. ‘Signore, Dio, è un terribile malinteso. Lascia... lascia che ti esponga il mio caso...’
«‘Resta coi mortali che ami tanto!’ ribattè Lui. ‘Lascia che siano loro a badare a te, perché io non ti ascolterò finché la mia rabbia non si sarà placata. Abbraccia la carne che brami e da cui sei stato contaminato. Non mi comparirai di nuovo davanti finché non ti manderò a chiamare, e ciò sarà unicamente una mia scelta.’
«Il vento si levò di nuovo, turbinando, e quando guardai dietro di me mi accorsi di essere privo di ali e di nuovo fatto di carne, con le dimensioni di un uomo. Mi trovavo all’interno del corpo che mi ero creato, generosamente ricostituito per me dall’Onnipotente, fino all’ultima cellula, ed ero steso sul terreno, malconcio, dolorante, debole, gemebondo e triste. Non mi ero mai sentito piangere con una voce umana, prima, né piansi allora in veste umana. Non ero pieno di desiderio di sfida né di disperazione, perché ero ancora troppo sicuro di me come angelo, troppo sicuro che Dio mi amasse. Sapevo che era adirato, questo sì, ma si era già adirato con me molte, moltissime volte. Ciò che provai fu l’agonia della separazione da Lui! Non potevo salire in paradiso a mio piacimento! Non potevo abbandonare questa carne. E quando mi misi seduto per tentare di sollevare le ali, mi accorsi che stavo cercando di farlo con tutto il mio essere e non ci riuscivo; allora la tristezza mi assalì, così intensa, solitària e totale che non potei fare altro che chinare il capo. Era calata la notte. Le stelle riempivano il firmamento ed erano lontane da me come se io non avessi mai conosciuto il paradiso. Chiusi gli occhi e sentii le anime di Sheol che gemevano. Le udii accalcarsi intorno a me, chiedendomi cos’ero, a cosa avevano assistito, da dove ero stato scagliato sulla terra. Prima ero passato inosservato, grazie alla mia trasformazione pacata e segreta, ma quando Dio mi aveva scaraventato giù, ero caduto in modo spettacolare come angelo ma poi avevo assunto la forma di un uomo. Tutto Sheol stava gridando di curiosità e di agitazione. ‘Signore, cosa devo rispondere loro? Aiutami!’ pregai. Infine giunse il profumo della donna vicino a me. Mi voltai e la vidi strisciare verso di me, cauta; e quando lei vide il mio viso e le mie lacrime, si avvicinò con audacia, facendo scivolare il suo seno tiepido sul mio petto, e stringendomi la testa con mani tremanti.»
13
«Lei mi portò all’accampamento, accompagnandomi oltre i cancelli. Uomini e donne, seduti accanto ai fuochi, si alzarono subito e i bambini corsero verso di me. Sapevo di possedere una bellezza angelica e non rimasi stupito dai loro sguardi ammirati. Tuttavia mi chiesi cosa, in nome del cielo, intendessero fare. Mi fecero sedere e mi offrirono da mangiare e da bere. Ne avevo bisogno. Per tre giorni avevo bevuto solo acqua e mangiato qualche bacca raccolta qua e là nei boschi. Mi sedetti a gambe incrociate con loro e mangiai la carne cotta che mi diedero, mentre lei, la mia donna, la mia figlia degli uomini, si premeva contro di me, come per sfidare chiunque a contestare il nostro legame; quindi parlò. Si alzò, protese le braccia verso l’alto e con voce stentorea raccontò agli altri quello che aveva visto. Usò un linguaggio semplice, ma disponeva di parole sufficienti per descrivere tutto... come mi aveva incontrato sulle rive del mare e aveva visto che ero nudo e si era concessa a me in sacralità e venerazione, sapendo che non potevo essere un uomo della terra. Non appena il mio seme era sgorgato dentro di lei, una splendida luce proveniente dall’alto aveva riempito la caverna. Lei era fuggita, impaurita, ma io mi ero addentrato nella luce, impavido, dando l’impressione di conoscerla, e, davanti ai suoi stessi occhi, ero cambiato tanto che lei era riuscita a vedere attraverso di me, pur continuando a vedermi. Ed ero diventato altissimo, con immense ali di piume bianche! Questa visione — questa creatura attraverso la quale lei poteva vedere come attraverso l’acqua — era durata solo un istante. Poi ero scomparso. Questo era indubbio come il fatto che adesso fossi seduto lì. Lei era rimasta nei paraggi, tremando, osservando, pregando gli antenati, il Creatore, i demoni del deserto, tutti i poteri affinchè la proteggessero, poi all’improvviso mi aveva visto di nuovo... trasparente, per riassumere le sue semplici parole, ma visibile, mentre precipitavo, alato ed enorme, piombando sulla terra, in una caduta che avrebbe sicuramente ucciso un uomo, anche se è questo che diventai: un uomo, solido come chiunque poteva notare, seduto nella polvere.
«‘Dio, cosa faccio? Ciò che ha detto questa donna è vero! Ma io non sono Dio. Tu sei Dio. Cosa devo fare?’ pregai. Dal paradiso non giunse nessuna risposta, non alle mie orecchie, non al mio cuore, non al mio cervello ingombrante e sviluppato. Quanto alla folla di ascoltatori, che dovevano essere una trentina, se non si contavano i bambini, nessuno parlò. Tutti stavano meditando sul racconto. Nessuno lo accettò subito come veritiero, però nessuno intendeva farsi avanti per metterlo in dubbio. Qualcosa nei miei modi e nel mio atteggiamento li teneva a freno. La cosa non mi stupì. Certo non mi feci piccino né tremai né rivelai ciò che stavo soffrendo. Non avevo imparato a esprimere la sofferenza angelica attraverso la carne. Mi limitai a restare seduto lì, rendendomi conto che, in base ai loro parametri, ero giovane, avvenente e rappresentavo un mistero. Loro non erano abbastanza coraggiosi per cercare di farmi del male come facevano così spesso con gli altri, per cercare di pugnalarmi, trafiggermi o bruciarmi, torture che li avevo visti infliggere abbastanza spesso ai loro nemici o ai compagni che disprezzavano. All’improvviso l’intero gruppo cominciò a mormorare. Un uomo vecchissimo si alzò. Le sue parole furono ancora più semplici di quelle della ragazza. Direi che possedeva forse metà del vocabolario di lei, ma gli bastava per potersi esprimere, e mi chiese: ‘Cos’hai da dire?’