«Molte anime si rifiutarono. Passarono alcuni istanti prima che ce ne accorgessimo, ma molte si erano ritratte. Ormai mi vedevano per ciò che ero, un angelo, e capivano cos’era stato loro nascosto, quindi in quell’istante avevano perso la tranquillità e la capacità di perdonare. Mi fissavano con orrore o rabbia o entrambe le cose. Le altre anime cercarono subito di far loro cambiare idea, ma quelle si dimostrarono irremovibili. No, non volevano vedere questo Dio che aveva abbandonato il suo creato e lo aveva lasciato a innalzare dei su altari disseminati in tutto il pianeta e a pregare invano per un intervento o un giudizio finale! No, no, no!
«‘Venite’,dissi alle altre. ‘Cerchiamo di entrare in paradiso. Proviamoci con tutte le forze! Quanti siamo? Mille volte dieci? Un milione di volte dieci? Che importanza ha? Dio ha detto dieci, soltanto dieci. Dio intendeva almeno dieci. Venite, andiamo! ‘»
16
«In un baleno avrò una risposta, pensai. Dio ci accoglierà in paradiso oppure ci respingerà giù con la sua potenza, così come una volta mi ha scaraventato sulla terra. Potrebbe addirittura disperderci tutti, perché può sicuramente formulare il suo giudizio sul mio successo o fallimento prima ancora che io raggiunga le porte del paradiso. Cosa aveva detto nella sua infinita saggezza? ‘Torna quando vuoi, e quando puoi.’ Strinsi a me quelle anime, le strinsi forte come quando ho portato su te, Lestat, e tutti insieme ci levammo in volo da Sheol, entrando nella piena e sfavillante luce del paradiso che sgorgava al di sopra delle mura e delle porte. Ancora una volta quelle porte, che non avevo mai visto nei miei millenni precedenti, vennero spalancate e noi — un arcangelo e alcuni milioni di anime umane — ci ritrovammo nel centro esatto del paradiso, davanti ad angeli attoniti, ridenti, gesticolanti, sbalorditi, stupefatti, che si radunarono intorno a noi in un ampio cerchio e gridarono per attirare l’attenzione di tutti finché il paradiso alla fine non si quietò. Be’,pensai, finora tutto bene, siamo entrati. E le anime umane! Le anime umane riuscivano a vedere gli angeli ed erano pazze di gioia. Oh, non posso nemmeno rammentare questo momento senza danzare. Non posso rammentarlo senza cantare. Le anime esultavano e, quando gli angeli diedero inizio al loro canto potenzialmente cacofonico di domande ed esclamazioni, cominciarono a cantare! In realtà, il paradiso non sarebbe più stato lo stesso. Lo sapevo. Lo capii subito. Perché ecco cosa successe: queste anime portarono con sé gli stessi poteri di proiezione che avevano acquisito a Sheol, cioè la facoltà di creare intorno a sé, dall’invisibile, una parte dell’ambiente che desideravano e su cui erano in grado di concentrare tutta la loro forza di volontà. Così la geografia del paradiso venne trasformata drasticamente e istantaneamente, con portata illimitata. Sorsero le torri, i castelli e le regge che hai visto quando ti ho portato là, i palazzi e le librerie col tetto a cupola, i giardini, oh, le proiezioni mozzafiato dei fiori in ogni direzione, cose che gli angeli non avevano mai pensato di portare in paradiso... Be’,c’era tutto. Gli alberi spuntarono nella loro matura pienezza; la pioggia arrivò in scrosci mormoranti, colma di fragranza. Il cielo s’intiepidì, e ovunque i colori si ampliarono o si fecero più intensi. Queste anime presero l’invisibile tessuto del paradiso, qualunque cosa esso sia — energia, essenza, la luce di Dio, il potere creativo di Dio —, e in un baleno circondarono tutti noi con meravigliose costruzioni che simboleggiavano la loro curiosità, la loro concezione della bellezza e i loro desideri! Lo scompiglio superò qualunque cosa io avessi mai visto sin dalla creazione dello stesso universo. E nessuno sembrava più sbalordito dell’arcangelo Michele, che mi stava fissando come per dire: ‘Memnoch, li hai portati in paradiso!’ Ma prima che lui potesse pronunciare queste parole e mentre le anime erano ancora riunite e si stavano rendendo conto di potersi muovere e poter toccare gli angeli e le cose che immaginavano, giunse la luce di Dio stesso — En Sof —, levandosi e diffondendosi da dietro le figure dei serafini e dei cherubini, e riversandosi, delicata e premurosa, sulle anime umane, colmandole tutte e rendendo trasparenti i loro segreti, così come sono trasparenti gli angeli. Le anime umane urlarono di gioia. Inni si levarono dagli angeli. Io cominciai a cantare con le braccia allargate: ‘Signore, Signore, ho le tue anime, degne del paradiso, e guarda cos’hanno portato qui. Signore, esamina la tua creazione, esamina le anime di coloro cui hai permesso di svilupparsi, dalle più minuscole cellule attraverso la carne, il sangue e Sheol fino al tuo stesso trono. Signore, eccoci qua! È fatta, Signore, è fatta. È successo. Sono tornato e tu l’hai permesso’. E avendo detto più che abbastanza, caddi in ginocchio. I canti si erano trasformati in una frenesia, in un suono che nessun umano fatto di carne e sangue poteva sopportare. Ovunque si levavano inni. Le anime umane stavano diventando più dense, più visibili, finché non ci apparvero tanto distintamente come noi apparivamo a loro e a tutti i nostri simili. Alcune si stavano tenendo per mano e saltellavano su e giù come bambini. Altre stavano semplicemente gridando e le lacrime scendevano copiose sui loro visi. «E poi la luce si dilatò. Sapevamo che Dio stava per parlare. Ci zittimmo, en masse. C’erano tutti i bene ha elohim. E Dio disse: Tigli miei. Miei amati figli. Memnoch è giunto coi suoi milioni di anime, e sono degne del paradiso’. Poi la voce di Dio cessò, e la luce divenne più intensa e più calda, e tutto il paradiso diventò pura accettazione e puro amore.
«Mi sdraiai, esausto, guardando su verso lo splendido firmamento di un bel cielo azzurro e di stelle perennemente brillanti. Sentii le anime umane correre in ogni direzione. Sentii gli inni di. benvenuto e gli incantesimi degli angeli. Sentii tutto e poi, imitando un mortale, chiusi gli occhi. Dio dorme mai? Non lo so. Chiusi gli occhi, e rimasi sdraiato nella luce di Dio. Dopo tutti gli anni trascorsi a Sheol, ero di nuovo al sicuro, al caldo. Infine mi resi conto che alcuni serafini, tre o quattro, si erano avvicinati a me; li ignorai, ma loro rimanevano fermi accanto a me, mi guardavano dall’alto, i loro volti resi brillanti in modo quasi insopportabile dalla luce riflessa.
«‘Memnoch, Dio vuole parlarti da solo’,dissero.
«‘Sì, subito!’ Balzai in piedi. E, ben distante dalle folle giubilanti, mi ritrovai nel silenzio, nella quiete, senza compagni, un braccio posato sugli occhi, il capo chino, e il più vicino possibile alla presenza del Signore.»
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«‘Scopriti gli occhi e guardami’,disse il Signore.
«Obbedii all’istante, pur sapendo che questo avrebbe potuto significare il mio totale annientamento, che tutto si sarebbe potuto trasformare in follia e malinteso. Il fulgore era diventato uniforme, splendido eppure sopportabile, e nel suo centro esatto, proiettato in esso, vidi distintamente un volto come il mio. Non posso affermare che fosse un volto umano. Viso, persona, espressione... ecco ciò che vidi, e questo volto mi stava fissando direttamente e intensamente. Era così magnifico che non potevo nemmeno immaginare di muovermi o distogliere lo sguardo, ma poi cominciò a farsi più luminoso, costringendomi a battere le palpebre e a sforzarmi di non coprirmi gli occhi per evitare di mettere a repentaglio per sempre le mie facoltà visive. Poi la luce si attenuò, si contrasse e divenne tollerabile, avvolgente, ma non accecante. Rimasi fermo lì, tremando, felicissimo di non aver sollevato le mani per proteggermi la vista.