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Cristo si voltò e mi offrì il velo. «Prendilo, tienilo! Nascondi­lo, portalo via!» sussurrò.

Lo afferrai, terrorizzato dal rischio di danneggiare o macchiare l’immagine. Molte mani si protesero verso di esso, ma io me lo strinsi al petto, con forza.

«Ha lui il velo», urlò qualcuno. Venni spinto all’indietro.

«Prendete il velo!» Una mano cercò di strapparmelo.

Coloro che si lanciavano verso di noi vennero improvvisa­mente bloccati da quanti giunsero sgomitando dalle retrovie per assistere allo spettacolo e ci scostarono istintivamente dalla loro strada. Fummo spinti all’indietro dall’onda, cadendo tra i corpi sudici e cenciosi, tra il frastuono, le grida e le imprecazioni.

La processione era scomparsa; le grida di «il velo» erano di­speratamente lontane.

Lo piegai, tenendolo ben stretto, mi voltai e corsi via.

Non sapevo dov’era Memnoch; non sapevo dove stavo an­dando. Corsi lungo una stretta stradina e un’altra e un’altra an­cora, la gente che mi passava accanto senza badare a me, diretta verso il luogo della crocifissione oppure arrancando sul suo con­sueto tragitto. Mi bruciavano i polmoni a forza di correre, i miei piedi erano pieni di lividi e tagli, sentii di nuovo il gusto del san­gue di Cristo e vidi la luce in un lampo abbagliante. Accecato, strinsi forte il velo e lo infilai sotto la veste e lo tenni ben stretto. Nessuno me l’avrebbe sottratto. Nessuno.

Un terribile lamento mi sgorgò dalle labbra. Guardai in su. Il cielo cambiò; il cielo azzurro sopra Gerusalemme, l’aria piena di sabbia si spostò; la tromba d’aria mi aveva misericordiosamente circondato, e il Sangue di Cristo mi scese nel petto e nel cuore, avviluppandomi, la luce che mi colmava gli occhi, le mie mani strette sul velo ripiegato.

La tromba d’aria mi portò via, in silenzio e quietamente. Con un enorme sforzo di volontà mi costrinsi a guardare in basso, a infilare una mano sotto la tunica, che adesso non era più la mia tunica ma la mia giacca e la mia camicia — l’abito che avevo in­dossato tra le nevi di New York — e tra l’una e l’altra sentii il velo ripiegato! Sembrava che il vento stesse per lacerarmi gli indu­menti, per strapparmi i capelli. Ma mi aggrappai forte al pezzo di tessuto ripiegato che era al sicuro contro il mio cuore.

Vidi del fumo levarsi dalla terra. Altre urla e grida. Erano più terribili delle grida che circondavano Cristo sulla strada verso il Calvario?

Con un colpo violento, rovinoso, piombai contro un muro e poi su un pavimento. Dei cavalli mi sfrecciarono accanto, gli zoc­coli che mancavano per un pelo la mia testa, scintille che sgorga­vano dalle pietre. Una donna sanguinante e moribonda era river­sa davanti a me, il collo spezzato, il sangue che sgorgava copioso da naso e orecchie. La gente fuggiva in ogni direzione. Di nuovo l’odore degli escrementi misto a quello del sangue.

Era una città in guerra, i soldati impegnati a saccheggiare e a trascinare gli innocenti fuori dei passaggi ad arco, grida che echeggiavano come se rimbalzassero su soffitti senza fine, le fiamme che mi arrivavano così vicino da strinarmi i capelli.

«Il velo, il velo!» esclamai, e lo tastai con la mano, al sicuro, ancora infilato tra la giacca e la camicia. Il piede di un soldato si sollevò e mi sferrò un violento calcio su uno zigomo: finii lungo disteso sulle pietre.

Guardai in alto. Non mi trovavo affatto in una strada, bensì in un’enorme chiesa dal soffitto a cupola, con innumerevoli gallerie di archi e colonne romanici. Tutt’intorno a me, contro lo scintillio di mosaici dorati, uomini e donne venivano falciati. I cavalli li sta­vano calpestando. Il corpo di un bambino colpì la parete sopra di me, il cranio si ruppe e le minuscole membra caddero ai miei pie­di come macerie. I cavalieri menavano violenti fendenti alla gente in fuga, con spadoni che recidevano spalle e braccia. Una violen­ta esplosione illuminò tutto come se fosse mezzogiorno. Uomini e donne uscivano correndo dai portali. Ma i soldati li inseguivano. Il sangue inzuppava il terreno. Impregnava il mondo.

Tutt’intorno a me e molto più in alto, i mosaici dorati sfavilla­vano di visi che ora sembravano paralizzati dall’orrore mentre as­sistevano alla carneficina. Santi e santi e santi. Le fiamme si leva­vano e danzavano. Pile di libri stavano bruciando! Icone veniva­no fatte a pezzi e statue erano accumulate qua e là, fumanti e an­nerite, l’oro che scintillava mentre veniva divorato dalle fiamme.

«Dove siamo?» gridai.

La voce di Memnoch risuonò dietro di me. Era seduto, com­posto, contro la parete di pietra.

«Nella basilica di Hagia Sophia, amico mio», rispose. «Non è niente, davvero. È solo la quarta crociata.»

Protesi verso di lui la mano sinistra, non volendo staccare la destra dal velo.

«Ciò che stai vedendo sono i cristiani di Roma che massacra­no i cristiani greci. Tutto qui. Per il momento l’Egitto e la Terra Santa sono stati dimenticati. Ai veneziani sono stati concessi tre giorni per saccheggiare la città. È stata una decisione di carattere politico. Naturalmente, erano tutti venuti qui per riconquistare la Terra Santa, dove noi due siamo stati di recente, ma la batta­glia non ha potuto aver luogo, così le autorità hanno sguinzaglia­to le truppe contro Costantinopoli. Il cristiano massacra il cri­stiano. Romano contro greco. Vuoi uscire di qui? Vorresti vedere altri dettagli? Adesso milioni di libri stanno andando perduti per sempre. Manoscritti in greco, siriano, etiope e latino. Libri di Dio e libri degli uomini. Vuoi passeggiare tra i conventi dove le suore vengono trascinate fuori delle loro celle e stuprate da altri cristiani? Stanno saccheggiando Costantinopoli. Non è niente, credimi, niente di niente.»

Rimasi sdraiato, piangendo, cercando di chiudere gli occhi per non vedere, ma incapace di non vedere... trasalendo per il frastuono degli zoccoli dei cavalli così pericolosamente vicini, soffocato dal puzzo del sangue del bimbo morto che mi premeva sulla gamba, pesante e floscio come qualcosa di gonfio e bagnato uscito dal mare. Piansi e piansi. Accanto a me giaceva il cadavere di un uomo con la testa semistaccata dal collo, il sangue che for­mava una pozza sulle pietre. Un’altra figura gli cadde addosso, il ginocchio slogato, una mano insanguinata che cercava qualcosa cui appoggiarsi e trovava solo il roseo corpicino nudo del picco­lo, che buttò subito da parte. Adesso la sua testolina era quasi spaccata.

«Il velo», sussurrai.

«Oh, sì, il prezioso velo», rispose lui. «Preferiresti un cam­biamento di scena? Possiamo passare oltre. Possiamo andare a Madrid e regalarci un autodafé, sai di cosa si tratta, è quando torturano e bruciano vivi gli ebrei che rifiutano di convertirsi al cristianesimo. Forse dovremmo tornare in Francia per vedere i catari che vengono massacrati in Linguadoca? Devi aver sentito queste storie mentre crescevi. L’eresia venne spazzata via, sai, estirpata alle radici. Una missione di enorme successo da parte dei padri domenicani, che subito dopo cominceranno a occupar­si delle streghe, naturalmente. Ci sono così tante possibilità di scelta. Supponiamo di andare in Germania per assistere al marti­rio degli anabattisti. Oppure in Inghilterra a guardare Maria la Cattolica che brucia sul rogo quanti si sono ribellati al papa du­rante il regno di suo padre, Enrico VIII. Voglio raccontarti di una scena straordinaria che sono spesso tornato a rivedere. Strasburgo, 1349. Lì duemila ebrei verranno arsi sul rogo nel feb­braio di quell’anno, incolpati della Morte Nera. Cose simili acca­dranno in tutta Europa...»

«Conosco la storia», urlai, cercando di riprendere fiato. «La conosco!»

«Sì, ma vederla è un po’ diverso, vero? Come ti ho già detto, queste sono solo bazzecole. Tutto questo non avrà altro effetto che dividere per sempre i cattolici greci da quelli romani. E men­tre Costantinopoli s’indebolisce, il nuovo popolo della Bibbia, i musulmani, oltrepasseranno le difese indebolite, invadendo l’Europa. Vuoi assistere a una di quelle battaglie? Possiamo tra­sferirci direttamente nel XX secolo, se vuoi. Possiamo andare in Bosnia o in Erzegovina, dove musulmani e cristiani stanno com­battendo in questo preciso momento. Quei due Paesi sono nomi sulle labbra della gente che riempie le strade di New York, oggi. E mentre prendiamo in considerazione tutto il popolo della Bib­bia — musulmani, ebrei, cristiani — perché non raggiungere l’Iraq meridionale per ascoltare il grido dei curdi affamati, le cui paludi sono state prosciugate e la cui gente viene sterminata? Se vuoi potremmo concentrarci sul saccheggio dei luoghi sacri... mo­schee, cattedrali, chiese. Potremmo utilizzare quel metodo per viaggiare fino all’epoca attuale. Bada bene, non una delle propo­ste che ti ho fatto coinvolge gente che non crede in Dio o in Cri­sto. Del Popolo della Bibbia, ecco di cosa stiamo parlando, la Bibbia che inizia con il Dio Unico e continua a cambiare e ad ampliarsi. E oggi e stanotte documenti d’inestimabile valore fini­scono in fumo. È lo sviluppo della creazione; è l’evoluzione; è sofferenza santificata da parte di qualcuno, sicuramente, perché tutti i popoli che vedi qui venerano lo stesso Dio.»