«Non mi hai detto cos’è l’inferno o cosa vi insegni.»
«Lo governo a modo mio, te lo assicuro. Ho collocato il mio trono sopra il trono di Dio — come affermano i poeti e i compilatori delle Sacre Scritture —, perché so che non fu mai necessaria la sofferenza affinchè le anime arrivassero al paradiso, so che la totale comprensione e ricettività nei confronti di Dio Aon richiese mai un digiuno, una fustigazione, una crocifissione, una morte. So che l’anima umana trascendeva la natura, e per farlo le bastava saper apprezzare la bellezza! Giobbe era Giobbe anche prima di soffrire! Proprio come dopo averlo fatto! Cosa gli insegnò la sofferenza che lui già non sapesse?»
«Ma come fai a compensare tutto ciò all’inferno?»
«Non comincio certo dicendo loro che per Lui l’occhio umano esprime la perfezione della creazione sia quando osserva orripilato un corpo mutilato, sia quando contempla serenamente un giardino. E Lui insiste nel dire che è tutto là. Il tuo giardino selvaggio, Lestat, è la sua versione della perfezione. Tutto si è sviluppato dallo stesso seme, e io, Memnoch il Diavolo, non riesco a capirlo. Ho la mente semplice di un angelo.»
«Allora come fai a combattere Dio all’inferno e a conquistare comunque il paradiso per i dannati? Come puoi riuscirci?»
«Cosa credi che sia l’inferno?» chiese. «A questo punto devi aver già formulato qualche ipotesi.»
«Prima di tutto, è ciò che noi chiamiamo purgatorio», risposi. «Nessuno è al di là della redenzione. L’ho capito dalla vostra discussione sul campo di battaglia. Quindi cosa devono patire le anime dell’inferno per risultare degne del paradiso?»
«Cosa dovrebbero patire, secondo te?»
«Non lo so. Ho paura. Stiamo per andare là, vero?»
«Sì, ma vorrei prima sapere cosa ti aspetti di vedere.»
«Non so cosa aspettarmi. So che le creature che hanno sottratto la vita ad altre — come ho fatto io — dovrebbero soffrire per questo.»
«Soffrire o pagare?»
«Quale sarebbe la differenza?»
«Be’,immagina di avere una chance di perdonare Magnus, il vampiro che ti ha creato; immagina che lui sia in piedi davanti a te e dica: ‘Lestat, perdonami per averti sottratto alla tua vita mortale, per averti collocato al di fuori della natura e averti costretto a bere sangue per sopravvivere. Fa’ di me ciò che vuoi, così da potermi perdonare’. Cosa faresti?»
«Hai scelto un esempio poco calzante», ribattei. «Non sono sicuro di non averlo perdonato. Credo che non sapesse ciò che faceva. Non m’importa di lui. Era pazzo. Era un mostro del Vecchio Mondo. Mi ha messo sulla strada del Diavolo spinto da un distorto impulso personale. Non penso nemmeno più a lui. Non m’importa di lui. Se deve chiedere il perdono di qualcuno, che si rivolga ai mortali che ha ucciso durante la sua esistenza. Nella sua torre c’era un sotterraneo pieno di uomini assassinati: giovani che mi assomigliavano, uomini che aveva portato là per metterli alla prova, e che poi aveva ucciso invece d’iniziarli. Me li ricordo ancora. Si trattava solo di una forma di massacro: cumuli di cadaveri di giovani, tutti biondi con gli occhi azzurri, giovani esseri privati della vita stessa. Il suo perdono dovrebbe giungere da tutti coloro cui ha sottratto la vita, lui dovrebbe ottenere il perdono di ciascuno di loro.» Stavo ricominciando a tremare. La mia rabbia mi era così familiare. E quanto mi ero arrabbiato in diverse occasioni, quando altri mi avevano accusato di attacchi d’effetto contro uomini e donne mortali, e bambini. Bambini inermi.
«E tu? Cosa pensi che occorrerebbe perché tu possa accedere al paradiso?» mi chiese.
«Be’,a quanto pare, mi basterà lavorare per te», risposi in tono di sfida. «O almeno credo, a giudicare da quanto mi hai detto. Ma non mi hai ancora spiegato di preciso che cosa fai! Mi hai raccontato la storia della Creazione e della Passione, del tuo metodo e del Suo metodo, mi hai descritto come ti opponi a Lui sulla terra, e posso immaginare le ramificazioni di quell’opposizione: siamo entrambi degli edonisti, crediamo entrambi nella saggezza della carne.»
«Amen.»
«Tuttavia non sei ancora arrivato a spiegare in modo esauriente quello che fai all’inferno. Inoltre, com’è possibile che tu stia vincendo? Ne stai mandando molti e rapidamente nelle braccia di Dio?»
«Rapidamente e con potente accettazione», rispose. «Ma adesso non ti sto parlando della proposta che ti ho fatto o della mia opposizione terrena a Dio; ti sto chiedendo questo: ìn base a tutto ciò che hai visto, come pensi che dovrebbe essere l’inferno"?»
«Ho paura di rispondere, perché quello è il mio posto.»
«Tu non hai mai davvero paura di niente. Avanti, prendi posizione. Come pensi che dovrebbe essere l’inferno, cosa dovrebbe essere costretta a sopportare un’anima per essere degna del paradiso? È sufficiente dire: ‘Credo in Dio’,’Gesù, credo nella tua sofferenza’? È sufficiente dire: ‘Mi pento di tutti i miei peccati perché ti hanno offeso, mio Dio’? Oppure: ‘Mi pento perché quando ero sulla terra non credevo realmente in te e adesso so che è vero, e uam, bang, una sola occhiata a questo luogo infernale e sono pronto! Non rifarei più niente nello stesso modo, e per favore accoglimi in paradiso’?»
Non risposi.
«Tutti dovrebbero andare in paradiso?» domandò. «Chiunque, intendo dire.»
«No. Impossibile», dissi. «Non le creature come me, non le creature che ne hanno torturate e uccise altre, non persone che con le loro azioni hanno volutamente emulato punizioni severe come malattia, incendi o terremoti, cioè non persone responsabili di ingiustizie che hanno danneggiato altri tanto quanto le calamità naturali, se non di più. Non può essere giusto che questi vadano in paradiso, non se non sanno, non capiscono o non hanno cominciato a comprendere ciò che hanno fatto! Il paradiso si trasformerebbe nell’inferno, se vi entrasse ogni anima crudele, egoista, malvagia. Non voglio incontrare in paradiso i mostri non riformati della terra! Se fosse così facile, allora la sofferenza del mondo sarebbe praticamente...»
«Praticamente cosa?»
«Imperdonabile», sussurrai.
«Cosa sarebbe imperdonabile, dal punto di vista di un’anima morta nel dolore e nella confusione? Di un’anima che sapeva che a Dio non importava?»
«Non lo so», ammisi. «Quando hai descritto gli eletti di Sheol, il primo milione di anime che hai condotto oltre le porte celesti, non hai parlato di mostri riformati; hai parlato di gente che aveva perdonato Dio per un mondo ingiusto, vero?»
«Esatto. È questo che ho trovato. È questo che ho portato con me, con assoluta certezza, fino alle porte del paradiso, sì.»
«Ma hai parlato proprio come se queste persone fossero state vittime dell’ingiustizia di Dio. Non ti sei occupato invece delle anime dei colpevoli? Di quelli come me: i trasgressori, coloro che hanno commesso ingiustizie?»
«Non pensi che abbiano una loro storia?»
«Alcuni potrebbero avere delle scusanti, radicate nella loro stupidità, ingenuità e paura dell’autorità. Non lo so. Ma molti, tanti malfattori potrebbero essere proprio come me. Sanno bene quanto sono malvagi e non se ne curano. Fanno ciò che fanno perché... perché a loro piace. A me piace creare vampiri. Mi piace bere il sangue. Mi piace sottrarre la vita agli umani. Mi è sempre piaciuto.»
«È davvero per questo motivo che bevi sangue? Solo perché ti piace? Non è invece perché sei stato trasformato in un perfetto meccanismo sovrannaturale destinato a bramare il sangue in eterno, e a essere rinvigorito solo dal sangue... strappato dalla vita e trasformato in uno scintillante Figlio delle Tenebre da un mondo ingiusto che non si preoccupava di te e del tuo destino più di quanto si preoccupasse per qualunque neonato che quella notte moriva di fame a Parigi?»