Talmanes barcollò all’indietro. Per un attimo dovette puntellarsi con la spada mentre Madwin prendeva il comando del contrattacco e i suoi uomini uccidevano molti dei Trolloc in fuga.
Un gruppo di ufficiali, nelle uniformi insanguinate della Guardia della Regina, si precipitò giù per il versante della collina; non parevano in condizioni migliori della Banda. Erano guidati da Guybon. «Mercenario,» disse a Talmanes «ti ringrazio per essere venuto.»
Talmanes si accigliò. «Ti comporti come se fossimo stati noi a salvarvi. Dal mio punto di vista, è successo proprio il contrario.»
Guybon fece una smorfia alla luce del fuoco. «Q avete dato un po’ di respiro; quei Trolloc stavano attaccando le porte del Palazzo. Mi scuso per averci messo così tanto a raggiungervi: sulle prime non ci eravamo resi conto di cosa li avesse attirati in questa direzione.»
«Luce. Il Palazzo resiste ancora?»
«Sì» disse Guybon. «Siamo pieni di profughi, però.»
«E le incanalatrici?» chiese Talmanes, speranzoso. «Perché gli eserciti andorani non sono tornati con la Regina?»
«Amici delle Tenebre.» Guybon si accigliò. «Sua maestà ha preso con sé buona parte delle donne della Famiglia, le più forti, perlomeno. Ne ha lasciate quattro con potere sufficiente per creare un passaggio tutte assieme, ma — l’attacco — un assassino ne ha uccise due prima che le altre due potessero fermarlo. Da sole, quelle due non sono abbastanza forti per chiedere aiuto. Stanno usando le loro forze per Guarire.»
«Sangue e maledette ceneri» disse Talmanes, anche se provò una punta di speranza mentre lo diceva. Forse queste donne potevano non riuscire a creare un passaggio, ma potevano essere in grado di Guarire la sua ferita. «Dovresti guidare i profughi fuori dalla città, Guybon. I miei uomini tengono il cancello meridionale.»
«Eccellente» disse Guybon, raddrizzandosi. «Ma dovrai essere tu a guidare i profughi. Io devo difendere il Palazzo.»
Talmanes lo guardò sollevando un sopracciglio; lui non prendeva ordini da Guybon. La Banda aveva la propria struttura di comando e riferiva soltanto alla Regina. Mat l’aveva messo in chiaro quando aveva accettato il contratto.
Purtroppo nemmeno Guybon prendeva ordini da Talmanes. Talmanes trasse un respiro profondo, ma poi un giramento di testa lo fece barcollare. Melten lo prese per il braccio per impedirgli di cadere a terra.
Luce, quanto faceva male. Perché il suo fianco non poteva comportarsi a dovere e diventare insensibile? Sangue e maledette ceneri. Doveva arrivare da quelle donne della Famiglia.
Talmanes disse speranzoso: «Quelle due donne che possono Guarire?»
«Le ho già mandate a chiamare» disse Guybon. «Non appena abbiamo visto questa truppa.»
Be’, era già qualcosa.
«Io intendo restare qui» lo avvisò Guybon. «Non abbandonerò questa postazione.»
«Perché? La città è perduta, amico!»
«La Regina ci ha ordinato di inviare rapporti regolari tramite passaggi» disse Guybon. «Prima o poi si domanderà perché non abbiamo mandato un messaggero. Invierà un’incanalatrice per vedere perché non abbiamo fatto rapporto e quel messaggero arriverà al terreno di Viaggio del Palazzo. Questo...»
«Mio signore!» chiamò una voce. «Mio Lord Talmanes!»
Guybon si interruppe e Talmanes si voltò, trovando Filger — uno degli esploratori — che si precipitava su per il selciato insanguinato del pendio verso di lui. Filger era un uomo magro, con capelli radi e una barba non fatta da un paio di giorni, e vederlo riempì Talmanes di terrore. Filger era uno di quelli che avevano lasciato a guardia dei cancelli cittadini più in basso.
«Mio signore,» disse Filger con il fiatone «i Trolloc hanno preso le mura. Stanno affollando i bastioni, scagliando frecce o lance a chiunque si avvicini troppo. Il tenente Sandip mi ha mandato ad avvertirti.»
«Sangue e ceneri! E il cancello?»
«Stiamo tenendo» disse Filger. «Per ora.»
«Guybon» disse Talmanes, voltandosi. «Mostra un po’ di pietà, amico; c’è bisogno che qualcuno difenda quel cancello. Per favore, porta fuori i profughi e dà man forte ai miei uomini. Quel cancello sarà la nostra unica via per ritirarci dalla città.»
«Ma il messaggero della Regina...»
«La Regina capirà cos’è dannatamente successo non appena penserà a dare un’occhiata qui. Guardati attorno! Cercare di difendere il Palazzo è follia. Non ha più una città, ma una pira.»
Il volto di Guybon era combattuto, le sue labbra una linea sottile.
«Sai che ho ragione» disse Talmanes, la faccia contorta dal dolore. «La cosa migliore che puoi fare è dare man forte ai miei uomini al cancello meridionale per tenerlo aperto per tutti i profughi che riusciranno a raggiungerlo.»
«Forse» disse Guybon. «Ma lasciar bruciare il Palazzo?»
«Puoi fare in modo che valga qualcosa» disse Talmanes. «E se lasciassi alcuni soldati a combattere al Palazzo? Potrebbero tenere a bada i Trolloc il più a lungo possibile. Questo attirerà i Trolloc lontano dalle persone che stanno fuggendo da questa parte. Quando non ce la faranno più, i tuoi soldati potranno scappare dai cortili del Palazzo sul lato opposto e poi fare il giro fino al cancello meridionale.»
«Un buon piano» disse Guybon malvolentieri. «Farò come suggerisci, ma tu?»
«Io devo arrivare ai Draghi» disse Talmanes. «Non possiamo lasciare che cadano nelle mani dell’Ombra. Si trovano in un magazzino vicino al margine della Città Interna. La Regina li voleva tenere nascosti, lontano dalle bande di mercenari fuori città. Devo trovarli. Se possibile, recuperarli. Altrimenti, distruggerli.»
«Molto bene» disse Guybon voltandosi, con l’aria frustrata per aver accettato l’inevitabile. «I miei uomini faranno come suggerisci: metà di loro guideranno fuori i profughi, poi aiuteranno i tuoi soldati a tenere il cancello meridionale. L’altra metà terrà il Palazzo ancora un poco, poi si ritirerà. Ma io verrò con te.»
«Abbiamo davvero bisogno di così tante lampade qui dentro?» domandò la Aes Sedai dal suo sgabello sul fondo della stanza. Era come se quello sgabello fosse un trono. «Pensa a quanto olio stai sprecando.»
«Ci servono le lampade» bofonchiò Androl. La pioggia notturna martellava la finestra, ma lui la ignorava, cercando di concentrarsi sul cuoio che stava cucendo. Sarebbe stata una sella. Al momento stava lavorando sulla cinghia che avrebbe circondato la pancia del cavallo.
Fece una doppia fila di buchi nel cuoio, lasciando che il lavoro lo calmasse. Il cesello che usava creava buchi a forma di diamante; se avesse voluto, avrebbe potuto farli più velocemente usando il maglio, ma in quel momento gli piaceva la sensazione di realizzare i buchi a mano.
Raccolse la ruota per la cucitura, misurando le posizioni per i punti successivi, poi praticò altri fori. Bisognava allineare i lati piatti dei diamanti l’uno verso l’altro per buchi del genere, in modo che, quando il cuoio tirava, non lo facesse contro di essi. Quei punti precisi avrebbero aiutato a mantenere la sella in buono stato nel corso degli anni. Le file dovevano essere abbastanza vicine da rinforzarsi a vicenda, ma non così tanto da rischiare che si strappassero. Praticarli lungo una linea spezzata aiutava.
Piccole cose. Dovevi semplicemente assicurarti che le piccole cose fossero fatte nel modo giusto e....
Le sue dita scivolarono e fece un foro con il diamante che puntava nella direzione sbagliata. Due dei buchi si lacerarono tra loro a quel movimento.
Per poco non lanciò tutto quanto dall’altra parte della stanza dalla frustrazione. Era la quinta volta, quella notte!
Luce, pensò, premendo le mani sul tavolo. Cos’è successo al mio autocontrollo?
Poteva rispondere facilmente a quella domanda, purtroppo. La Torre Nera, ecco cos’è successo. Si sentiva come un nachi dalle molte zampe intrappolato in una pozza di marea asciutta, attendendo disperatamente che l’acqua tornasse mentre osservava un gruppo di bambini muoversi lungo la spiaggia con dei secchi, raccogliendo qualunque cosa sembrasse saporita...