«Cancelli orientali?» disse a gran voce Guybon. «Forse mezz’ora di marcia. Dobbiamo scendere più giù per la collina.»
«Avanti, allora» disse Talmanes. «Prendi gli esploratori e perlustra la strada. Dennel, accertati che quegli abitanti siano organizzati per trainare i Draghi! State pronti a caricare le armi.»
«Talmanes,» disse Aludra, intervenendo. «Uova di Drago e polvere, ce ne rimane poco. Ci serviranno le provviste di Baerlon. Oggi, se prepari i Draghi... Pochi colpi per ciascuno, questo è tutto ciò che posso darti.»
Dennel annuì. «I Draghi non sono fatti per tenere la prima linea da soli, mio signore. Hanno bisogno di supporto per impedire che il nemico arrivi troppo vicino e li distrugga. Possiamo azionare quei Draghi, ma non dureremo molto senza fanteria.»
«Ecco perché stiamo fuggendo» disse Talmanes. Si voltò, fece un passo e avvertì la testa girargli a tal punto che per poco non cadde. «E credo... credo che mi servirà un cavallo...»
Moghedien salì su una piattaforma di pietra che galleggiava nel mezzo di un mare aperto. Azzurra e vitrea, l’acqua si increspava nell’occasionale brezza, ma non c’erano onde. Né c’era terra in vista.
Moridin si trovava in piedi sul lato della piattaforma, le mani serrate dietro la schiena. Di fronte a lui, il mare bruciava. Il fuoco non emetteva fumo, ma era caldo e l’acqua vicino a esso bolliva e sibilava. Un piano di pietra nel mezzo di un mare sconfinato. Acqua che bruciava. A Moridin era sempre piaciuto creare impossibilità all’interno dei suoi frammenti di sogno.
«Siediti» le disse Moridin, senza voltarsi.
Lei obbedì, scegliendo una delle quattro sedie comparse all’improvviso vicino al centro della piattaforma. Il cielo era di un azzurro intenso, senza nuvole, e il sole era sospeso a circa tre quarti del suo percorso verso lo zenit. Quanto tempo era passato da quando Moghedien aveva visto il sole dentro Tel’aran’rhiod? Di recente, quell’onnipresente tempesta nera aveva ammantato il cielo. Ma d’altra parte questo non era completamente Tel’aran’rhiod. Né era il sogno di Moridin, ma una... fusione dei due. Come un riparo temporaneo costruito da un lato del Mondo dei Sogni. Una bolla di realtà compenetrate.
Moghedien indossava un abito nero e oro, con merletto sulle spalle che ricordava vagamente una ragnatela. Solo vagamente. Non era il caso di abusare di un tema ricorrente.
Mentre si sedette, tentò di far trasparire fiducia e autocontrollo. Un tempo, entrambe le cose le erano risultate facili. Oggi, cercare di catturare una delle due era come provare a prendere dei soffioni dall’aria, solo per ritrovarseli a danzare lontano dalla mano. Moghedien digrignò i denti, arrabbiata con sé stessa. Era una dei Prescelti. Aveva fatto piangere Re, tremare eserciti. Il suo nome era stato usato da generazioni di madri per spaventare i loro bambini. E ora...
Si tastò il collo e vi trovò il pendente. Era ancora al sicuro. Sapeva che lo era, ma toccarlo le dava calma.
«Non rilassarti troppo con quello addosso» disse Moridin. Fu colpito da una folata di vento, che increspò l’immacolata superficie dell’oceano. Su quel vento, lei udì flebili urla. «Non sei stata perdonata del tutto, Moghedien. Questo è un periodo di prova. Forse, la prossima volta che fallirai, darò la trappola mentale a Demandred.»
Lei sbuffò. «La getterebbe da una parte dalla noia. Demandred vuole solo una cosa. Al’Thor. Chiunque non lo guidi verso il suo obiettivo non ha alcuna importanza per lui.»
«Lo sottovaluti» disse Moridin piano. «Il Sommo Signore è soddisfatto di Demandred. Molto soddisfatto. Tu, invece...»
Moghedien affondò nella sua sedia, sentendo nuovamente le sue torture. Un dolore come pochi in questo mondo avevano mai conosciuto. Un dolore superiore a quello che un corpo sarebbe dovuto riuscire a sopportare. Strinse il cour’souvra e abbracciò saidar. Ciò le diede un po’ di sollievo.
Prima, incanalare nella stessa stanza del cour’souvra era stato straziante. Adesso che era lei e non Moridin a indossare il pendente, non era così. Non solo un pendente, pensò, tenendolo stretto. La mia stessa anima. Per l’Oscurità! Non aveva mai pensato che proprio lei si sarebbe trovata soggetta a uno di quelli. Non era forse come il ragno, accorta in ogni cosa che faceva?
Sollevò l’altra mano, serrandola sopra quella che reggeva il pendente. E se fosse caduto? E se qualcuno l’avesse preso? Lei non l’avrebbe perso. Non avrebbe potuto perderlo.
È questo che sono diventata?, si chiese. Provò nausea. Devo riprendermi. In qualche modo. Si costrinse a lasciar andare la trappola mentale.
L’Ultima Battaglia era alle porte; i Trolloc si riversavano già nelle terre meridionali. Era una nuova Guerra dell’Ombra, ma solo lei e gli altri Prescelti conoscevano i segreti più profondi dell’Unico Potere. Quelli che lei non era stata costretta a rivelare a quelle donne orribili...
No, non pensarci. Il dolore, la sofferenza, il fallimento.
In questa guerra non c’erano Cento Compagni ad affrontarli, niente Aes Sedai con secoli di capacità e pratica alle spalle. Moghedien avrebbe dato prova di sé e gli errori passati sarebbero stati dimenticati.
Moridin continuava a fissare quelle fiamme impossibili. Gli unici suoni erano quelli del fuoco e dell’acqua che gli bolliva vicino. Prima o poi le avrebbe spiegato a che scopo l’aveva convocata, vero? Di recente si era comportato in modo sempre più strano. Forse la sua follia stava tornando. Una volta, l’uomo di nome Moridin — o Ishamael, o Elan Morin Tedronai — avrebbe provato piacere nel tenere in mano un cour’souvra per uno dei suoi rivali. Avrebbe inventato punizioni, si sarebbe eccitato per il suo tormento.
C’era stato qualcosa di tutto ciò all’inizio; poi... aveva perso interesse. Passava sempre più tempo da solo, fissando le fiamme, meditabondo. Le punizioni che aveva inflitto a lei e a Cyndane erano sembrate quasi una prassi.
Moghedien lo trovava più pericoloso così.
Un passaggio divise l’aria appena a lato della piattaforma. «Abbiamo davvero bisogno di fare questo un giorno sì e uno no, Moridin?» chiese Demandred, attraversandolo ed entrando nel Mondo dei Sogni. Alto e avvenente, aveva capelli corvini e un naso pronunciato. Lanciò un’occhiata a Moghedien, notando la trappola mentale che aveva al collo prima di continuare. «Ho cose importanti da fare, e tu le interrompi.»
«Ci sono persone che devi incontrare, Demandred» disse Moridin piano. «A meno che il Sommo Signore non ti abbia nominato Nae’blis senza avermi informato, tu farai come ti viene detto. I tuoi trastulli possono aspettare.»
L’espressione di Demandred si rabbuiò, ma non obiettò ulteriormente. Lasciò richiudere il passaggio, poi si spostò da un lato, guardando giù nel mare. Si accigliò. Cosa c’era nell’acqua? Moghedien non aveva guardato. Si sentiva sciocca per non averlo fatto. Cos’era successo alla sua cautela?
Demandred si diresse a una delle sedie accanto a lei, ma non si sedette. Rimase in piedi, contemplando Moridin da dietro. Cosa stava facendo Demandred? Durante il periodo in cui era stata vincolata alla trappola mentale, lei aveva fatto quello che Moridin voleva, ma non aveva mai trovato una risposta per Demandred.
Rabbrividì di nuovo, pensando a quei mesi sotto il controllo di Moridin. Avrò la mia vendetta.
«Hai lasciato libera Moghedien» disse Demandred. «E quella... Cyndane?»
«Lei non ti riguarda» disse Moridin.
A Moghedien non era sfuggito che Moridin indossava ancora la trappola mentale di Cyndane. Cyndane. Voleva dire ‘ultima possibilità’ nella Lingua Antica, ma la vera natura di quella donna era un segreto che Moghedien aveva scoperto. Moridin in persona aveva salvato Lanfear da Sindhol, liberandola dalle creature che si nutrivano della sua capacità di incanalare.