«Comunque,» disse Perrin dopo aver preso un sorso di vino «Faile mi raccolse dal pavimento e mi fece montare a cavallo, e ce ne andammo in giro baldanzosi e con aria importante. Non feci molto. Furono gli altri a combattere: io avrei avuto problemi a portarmi una tazza alle labbra.» Si fermò, con un’espressione più distante nei suoi occhi dorati. «Dovresti essere orgoglioso di loro, Rand. Senza Dannil, tuo padre e il padre di Mat, senza tutti loro, non sarei riuscito a fare la metà delle cose che ho fatto. No, nemmeno un decimo.»
«Ci credo.» Rand osservò il suo vino. Lews Therin aveva amato il vino. Una parte di Rand — quella parte distante, i ricordi di un uomo che era stato — era scontenta dell’annata. Pochi vini nel mondo attuale potevano eguagliare le annate migliori dell’Epoca Leggendaria. Non quelli che lui aveva assaggiato, almeno.
Prese un piccolo sorso, poi mise da parte il vino. Min sonnecchiava ancora in un’altra parte della tenda, divisa da un tendaggio. Rand era stato svegliato da cose che aveva visto nei sogni. Era stato lieto che l’arrivo di Perrin l’avesse distolto dal ripensarci.
Mierin... No. Non avrebbe lasciato che quella donna lo distraesse. Probabilmente era quello lo scopo di ciò che aveva visto.
«Accompagnami» disse Rand. «Devo controllare alcune cose per domani.»
Uscirono nella notte. Diverse Fanciulle si misero al passo dietro di loro mentre Rand si avviava da Sebban Balwer, i cui servigi gli erano stati prestati da Perrin. A Balwer questo andava bene, dato che era incline a gravitare verso coloro che detenevano il potere maggiore.
«Rand?» chiese Perrin, camminandogli accanto con una mano su Mah’alleinir. «Ti ho parlato di tutto questo in precedenza: l’assedio dei Fiumi Gemelli, il combattimento... Perché chiederlo di nuovo?»
«Ho chiesto degli eventi in precedenza, Perrin. Ho chiesto cos’era successo, ma non ho chiesto delle persone a cui era successo.» Guardò Perrin, creando un globo di luce perché potessero vedere mentre camminavano nella notte. «Ho bisogno di ricordare le persone. Non farlo è un errore che ho commesso troppo spesso in passato.»
Il vento energico portava l’odore dei fuochi da campo dal vicino accampamento di Perrin e i suoni dei fabbri che lavoravano alle armi. Rand aveva sentito le storie sulla riscoperta di armi forgiate con il Potere. Gli uomini di Perrin stavano lavorando giorno e notte, spossando i suoi due Asha’man, per fame il più possibile.
Rand gli aveva prestato tutti gli Asha’man di cui poteva fare a meno, anche solo perché — non appena l’avevano sentito — dozzine di Fanciulle si erano presentate a chiedere punte di lancia forgiate con il Potere. ‘È la cosa più sensata, Rand al’Thor,’ aveva spiegato Beralna. ‘I suoi fabbri possono creare quattro punte di lancia per ogni spada.’ Aveva fatto una smorfia nel pronunciare la parola ‘spada’, come se avesse il sapore di acqua di mare.
Rand non aveva mai assaggiato l’acqua di mare. Lews Therin sì. Conoscere fatti come quello una volta per lui era stato fonte di enorme disagio. Adesso aveva imparato ad accettare quella parte di sé.
«Riesci a credere a ciò che ci è successo?» chiese Perrin. «Luce, a volte mi domando quando l’uomo che possiede tutti questi abiti eleganti entrerà, spaventandomi e iniziando a urlare, per poi mandarmi fuori a pulire le stalle per essere stato troppo presuntuoso per il mio ruolo.»
«La Ruota gira e ordisce come vuole, Perrin. Siamo diventati quello che era necessario che diventassimo.»
Perrin annuì mentre procedevano per il sentiero tra le tende, illuminato dal bagliore della luce sopra la mano di Rand.
«Come... ci si sente?» chiese Perrin. «Quei ricordi che hai ottenuto?»
«Hai mai fatto un sogno che, al risveglio, ti ricordavi con estrema nitidezza? Non uno che è sbiadito rapidamente, ma uno che è rimasto con te per tutta la giornata?»
«Sì» disse Perrin, in tono stranamente riservato. «Sì, posso dire che mi sia capitato.»
«È così» disse Rand. «Riesco a ricordare di essere stato Lews Therin, di aver fatto ciò che lui ha fatto, come una persona ricorda le azioni in un sogno. Sono stato io a farle, ma non devono necessariamente piacermi, né devo pensare che avrei compiuto quelle azioni se fossi stato cosciente. Questo non cambia il fatto che, nel sogno, sembravano quelle giuste.»
Perrin annuì.
«Lui è me» disse Rand. «E io sono lui. Ma allo stesso tempo non lo sono.»
«Be’, all’occhio sembri te stesso» disse Perrin, anche se Rand colse una lieve esitazione sulla parola ‘occhio.’ Perrin era stato forse sul punto di dire ‘olfatto’? «Non sei cambiato così tanto.»
Rand dubitava di poterlo spiegare a Perrin senza suonare matto. La persona che era diventato quando aveva indossato il manto del Drago Rinato... quella non era una semplice recita, non era una semplice maschera.
Era ciò che era. Non era stato cambiato, non si era trasformato. L’aveva semplicemente accettato.
Questo non voleva dire che avesse tutte le risposte. Malgrado quattrocento anni di ricordi annidati nel suo cervello, era ancora preoccupato per quello che doveva fare. Lews Therin non aveva saputo come sigillare il Foro. Il suo tentativo aveva condotto al disastro. La corruzione, la Frattura... tutto per una prigione imperfetta con sigilli che adesso erano sul punto di rompersi.
A Rand continuava a venire in mente una risposta. Una risposta pericolosa. Una che Lews Therin non aveva considerato.
E se la risposta fosse stata non sigillare di nuovo il Tenebroso? E se la risposta, quella definitiva, fosse stata qualcos’altro? Qualcosa di più permanente.
Sì, pensò Rand fra sé per la centesima volta. Ma è possibile?
Giunsero alla tenda dove lavoravano i funzionari. Le Fanciulle si aprirono a ventaglio dietro di loro, e Rand e Perrin entrarono. I funzionari erano rimasti alzati fino a tardi, naturalmente, e non parvero sorpresi di vedere entrare Rand.
«Mio Lord Drago» disse Balwer, rivolgendogli un rigido inchino dal punto dove si trovava, accanto a un tavolo di mappe e pile di carta. L’ometto asciutto passò in rassegna i fogli con aria nervosa, un gomito nodoso che sporgeva da un buco nella sua giacca marrone troppo grande.
«Rapporto» disse Rand.
«Roedran verrà» rispose Balwer, la sua voce esile e precisa. «La Regina dell’Andor l’ha mandato a chiamare, promettendogli passaggi fatti da quelle sue donne della Famiglia. I nostri occhi nella sua corte dicono che è irritato di aver bisogno del suo aiuto per partecipare, ma insiste di dover essere presente a questo incontro, anche solo per non sembrare che sia stato lasciato fuori.»
«Eccellente» disse Rand. «Elayne non sa nulla delle tue spie?»
«Mio signore!» esclamò Balwer in tono indignato.
«Hai determinato chi è la sua spia tra i nostri funzionari?» chiese Rand.
Balwer farfugliò. «Nessuno...»
«Deve avere qualcuno, Balwer» disse Rand con un sorriso.
«Mi ha praticamente insegnato lei come fare questo, dopotutto. Non importa. Dopo domani, le mie intenzioni saranno evidenti per tutti. Non saranno più necessari segreti.»
Tranne quelli che tengo più vicini al cuore.
«Questo significa che tutti saranno qui per l’incontro, giusto?» chiese Perrin. «Ogni governante di rilievo? Tear e Illian?»
«L’Amyrlin li ha persuasi a partecipare» disse Balwer. «Ho qui copie dei loro carteggi, se desiderate vederli, miei signori.»
«Io sì» disse Rand. «Mandali alla mia tenda. Li esaminerò stanotte.»
Il tremore del terreno giunse all’improvviso. I funzionari afferrarono pile di fogli, tenendoli giù e urlando mentre i mobili crollavano a terra attorno a loro. Fuori uomini urlavano, udibili a malapena sopra il suono di alberi che si spezzavano e metallo che sferragliava. La terra gemette, un rombo distante.