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«Sì, M’Hael.»

«Bene. Perché se fallisci ti ucciderò.» Il flusso si mise al suo posto e scomparve.

Mishraile grugnì, lasciando andare Androl e indietreggiando. «Penso che Androl sia più brutto di così, M’Hael.»

Taim sbuffò, poi agitò una mano verso Androl. «Va abbastanza bene. Scompari dalla mia vista. Toma con la testa di Logain o non tornare affatto.»

Androl si allontanò in tutta fretta, con il respiro affannoso, sentendo gli occhi di Taim sulla schiena. Una volta allontanatosi abbastanza, si riparò dietro un cespuglio che non era bruciato del tutto e quasi inciampò sopra Pevara, Emarin e Jonneth che erano nascosti lì.

«Androl!» sussurrò Emarin. «Il tuo travestimento! Cos’è successo? Quello era Taim?»

Androl si sedette in modo scomposto, tentando di placare il suo cuore. Poi sollevò il borsello che aveva tolto dalla cintura di Taim mentre barcollava in piedi. «Era lui. Non ci crederete, ma…»

Arganda teneva in mano il pezzo di carta, in sella a Possente, tirando fuori la sua lista di codici dalla tasca. Quei Trolloc continuavano a lanciare frecce. Finora aveva evitato di essere colpito. Così come la Regina Alliandre, che ancora cavalcava con lui. Almeno era disposta a restare un po’ indietro con le riserve, dove era più protetta.

In aggiunta alla Legione del Drago e agli uomini delle Marche di Confine, la sua truppa, assieme alla Guardia del Lupo e ai Manti Bianchi, si era mossa verso valle dopo la battaglia alle rovine. Arganda aveva più fanteria degli altri ed era rimasto dietro di loro.

Avevano trovato parecchi scontri qui, con i Trolloc e gli Sharani nel letto asciutto del fiume che cercavano di circondare le armate dell’Andor. Arganda aveva combattuto qui per alcune ore adesso che il sole tramontava, portando le ombre. Aveva indietreggiato una volta ricevuto il messaggio, però.

«Che grafia dannatamente orribile» bofonchiò Arganda, passando in rassegna il piccolo elenco di codici e voltandolo verso una torcia. Gli ordini erano autentici. O quello, oppure qualcuno aveva decifrato il codice.

«Ebbene?» chiese Turne.

«Cauthon è vivo» disse Arganda con un grugnito.

«Dov’è?»

«Non lo so» disse Arganda, piegando il foglio e riponendo i codici. «Il messaggero ha detto che Cauthon ha aperto un passaggio di fronte a lui, gli ha gettato la lettera in faccia e gli ha ordinato di trovarmi.»

Arganda si voltò verso sud, scrutando tra le tenebre. In preparazione per la notte, i suoi uomini avevano portato dell’olio tramite passaggi e avevano dato fuoco a cataste di legna. Con quella luce, poteva vedere gli uomini dei Fiumi Gemelli diretti dalla sua parte, proprio come avevano detto gli ordini.

«Ehi, Tam al’Thor!» esclamò Arganda, alzando una mano. Non aveva visto il comandante da quando si erano separati dopo la battaglia alle rovine, ormai ore fa.

Gli uomini dei Fiumi Gemelli parevano spossati proprio come Arganda. Era stata una giornata lunga, lunghissima, e lo scontro non era affatto finito. Vorrei che Gallenne fosse qui, pensò Arganda, esaminando i Trolloc al fiume mentre gli uomini di al’Thor si avvicinavano. Mi farebbe comodo qualcuno con cui discutere.

Poco più a valle, urla e clangori risuonarono da dove le formazioni di picche andorane tenevano — a malapena — contro le ondate di Trolloc. Oramai questa battaglia si estendeva lungo tutto il Mora, quasi fino al Bozzo di Dashar. I suoi uomini avevano contribuito a impedire che gli Andorani venissero attaccati sul fianco.

«Che notizie, Arganda?» chiese Tam arrivando.

«Cauthon è vivo» disse Arganda. «E questo è dannatamente incredibile, considerando che qualcuno ha fatto esplodere il suo centro di comando, ha dato fuoco alla sua tenda, ha ucciso un mucchio delle sue damane e ha fatto scappare sua moglie. In qualche modo Cauthon è strisciato via da tutto questo.»

«Ah!» disse Abell Cauthon. «Questo è il mio ragazzo.»

«Mi ha detto che sareste venuti» continuò Arganda. «Ha detto che avreste avuto delle frecce. Le avete?»

Tam annuì. «I nostri ultimi ordini ci hanno mandato attraverso il passaggio per Mayene per essere Guariti e riequipaggiarci. Non so come facesse Mat a sapere che sarebbero arrivate le frecce, ma è giunto un carico dalle donne dei Fiumi Gemelli proprio quando ci stavamo preparando per tornare qui. Abbiamo degli archi lunghi che potete usare, se vi servono.»

«Certo. Cauthon vuole che tutte le truppe risalgano il fiume fino alle rovine, attraversino l’alveo e marcino in cima alle Alture dal lato nordest.»

«Non sono certo, ma suppongo che lui sappia cosa sta facendo» disse Tam.

Le loro forze risalirono il fiume nella notte, lasciandosi alle spalle Andorani, Cairhienesi e Aiel che combattevano! Il Creatore vi protegga, amici, pensò Arganda.

Attraversarono il letto del fiume asciutto e iniziarono a risalire per i pendii nordorientali. Sulla cima, a questa estremità delle Alture, era tranquillo, ma il bagliore di file di torce era evidente.

«Sarà arduo se quelli lassù sono Sharani» disse Tam piano, guardando su per il pendio buio.

«Il messaggio di Cauthon diceva che avremmo avuto aiuto» ribatté Arganda.

«Che genere di aiuto?»

«Non lo so. Non ha…»

Ci fu un rombo di tuono nelle vicinanze e Arganda trasalì. Si pensava che molti incanalatori stessero combattendo dall’altro lato delle Alture, ma non voleva dire che non ne avrebbe visto nessuno qui. Lui odiava quella sensazione, che un incanalatore poteva essere lì a osservarlo, deridendo se ucciderlo con fuoco, fulmine o terra.

Incanalatori. Il mondo sarebbe stato decisamente migliore senza di loro. Ma quel suono si rivelò non essere un tuono. Un gruppo di cavalieri al galoppo che portavano delle torce comparve dalla notte, attraversando il letto del fiume per unirsi ad Arganda e ai suoi uomini. Sventolavano la Gru Dorata al centro di uno schieramento di stendardi delle Marche di Confine.

«Be’, che io sia un dannato Trolloc» disse Arganda. «Voi delle Marche di Confine avete deriso di unirvi a noi?»

Lan Mandragoran gli rivolse il saluto alla luce delle torce, la spada argentea che scintillava. Guardò su per il pendio. «Dunque è qui che dobbiamo combattere.»

Arganda annuì.

«Bene» disse Lan piano dalla sella. «Ho appena ricevuto dei rapporti su un numeroso esercito sharano che si sta spostando verso nordest sulla sommità delle Alture. Mi sembra chiaro che vogliono calare e accerchiare la nostra gente che sta affrontando i Trolloc al fiume; allora saremmo circondati e alla loro mercé. Pare che sia compito nostro impedire che accada.»

Si voltò verso Tam. «Sei pronto per ammorbidirli per noi, arciere?»

«Penso che possiamo riuscirci» replicò Tam.

Lan annuì, poi alzò la spada. Un Malkieri al suo fianco sollevò in alto la Gru Dorata. E allora caricarono su per quel pendio. Verso di loro stava giungendo un enorme esercito nemico che si estendeva su ampie file per tutto il paesaggio, il cielo illuminato dalle migliaia di torce che portavano.

Tam al’Thor urlò ai suoi uomini di mettersi in fila e tirare. «Scagliate!» urlò Tam, mandando raffiche di frecce contro gli Sharani.

Poi quelli iniziarono a rispondere alle frecce, ora che la distanza tra i due eserciti era diminuita. Arganda supponeva che gli arcieri non sarebbero stati precisi al buio quanto potevano esserlo di giorno… Ma sarebbe valso per entrambi gli schieramenti.

Gli uomini dei Fiumi Gemelli scagliarono un’ondata di morte, frecce veloci quanto falconi in picchiata.

«Fermi!» urlò Tam ai suoi uomini. Smisero di tirare appena in tempo perché la cavalleria di Lan colpisse le linee sharane ammorbidite.

Dov’è che Tam ha acquisito la sua esperienza di battaglia? pensò Arganda, ricordando le volte in cui aveva visto Tam combattere. Arganda aveva conosciuto generali veterani con molta meno percezione di un campo di battaglia di questo pastore.