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Leane si limitò ad annuire.

«Quegli Sharani…» ringhiò la Rossa. «Guarda!»

Leane rimase senza fiato. Molte delle truppe sharane in questo settore prima si erano ritirate dal combattimento — qualcosa pareva averle attirate via — ma gli incanalato le avevano rimpiazzate con un grosso gruppo di persone dall’aspetto spaventato e le stavano guidando davanti alla loro linea per assorbire gli attacchi. Molti portavano bastoni o attrezzi di qualche tipo per combattere, ma si ammassarono assieme, impugnando armi con aria timida.

«Sangue e dannate ceneri!» disse Raechin, e Leane la guardò sollevando un sopracciglio. Continuò a tessere, cercando di mandare un fulmine dietro le file di persone spaventate. Colpì comunque molte di loro. Leane provò un senso di nausea, ma si unì agli attacchi.

Mentre lavoravano, Manda Wan strisciò fino a loro. Annerita e coperta di fuliggine, la Verde aveva un aspetto orribile. Probabilmente quello che ho anch’io, pensò Leane, abbassando lo sguardo verso le proprie braccia, graffiate e fuligginose.

«Stiamo ripiegando» disse Manda. «Forse dovremo usare dei passaggi.»

«E andare dove?» chiese Leane. «Abbandonare la battaglia?»

Le tre tacquero. No. Non c’era ritirata da questo combattimento. O vincevano o nulla.

«Siamo troppo frammentate» disse Manda. «Almeno dobbiamo indietreggiare per raggrupparci. Dobbiamo radunare le donne, è l’unica cosa a cui riesco a pensare. A meno che voi non abbiate un’idea migliore.»

Manda guardò verso Raechin. Leane ora era troppo debole nel Potere perché la sua opinione avesse molto peso. Ricominciò a recidere flussi mentre le due continuavano a parlare in toni sommessi. Le Aes Sedai lì vicino iniziarono a uscire dalla conca e a indietreggiare scendendo per il pendio. Si sarebbero raggruppate, avrebbero creato un passaggio verso il Bozzo di Dashar e avrebbero deciso la prossima mossa.

Un momento. Cos’era quello? Leane percepì un potente incanalare nei paraggi. Gli Sharani avevano creato un circolo? Strizzò gli occhi; ormai era notte fonda, ma buona parte del paesaggio bruciava e il fuoco emetteva luce. Sollevava anche parecchio fumo. Leane intessé Aria per soffiare via il fumo, ma quello si sollevò da sé, diviso come da un forte vento.

Egwene al’Vere le superò, salendo per il pendio risplendendo del potere di cento falò. Era più di quanto Leane avesse mai visto trattenere a una donna. L’Amyrlin procedeva con la mano protesa in avanti, impugnando una verga bianca. Gli occhi di Egwene parevano brillare.

Con una vampata di luce e di forza, Egwene rilasciò una dozzina di flussi di fuoco separati. Una dozzina. Bersagliarono il fianco della collina lì sopra, scagliando in aria i corpi degli incanalatoti sharani.

«Manda,» disse Leane «penso che abbiamo trovato un miglior punto di raccolta.»

Talmanes accese un ramoscello dalla lanterna, poi lo usò per accendersi la pipa. Prese una boccata prima di tossire e svuotare il fornello della pipa sul suolo roccioso. In qualche modo il tabacco era andato a male. Terribilmente a male. Tossì e schiacciò a terra il tabacco colpevole con il tallone.

«Tutto bene, mio signore?» chiese Melten, passandogli accanto mentre si destreggiava distrattamente con un paio di martelli nel camminare.

«Sono ancora dannatamente vivo» disse Talmanes. «Il che è molto più di quanto avrei probabilmente diritto di aspettarmi.»

Melten annuì senza espressione e proseguì, unendosi a una delle squadre che lavoravano sui Draghi. La caverna profonda attorno a loro riecheggiava di suoni di martelli su legno mentre la Banda faceva del suo meglio per ricostruire le armi. Talmanes picchiettò la lanterna, valutando l’olio. Aveva un odore terribile quando bruciava, anche se ci si stava abituando. Ne avevano quanto bastava per qualche altra ora.

Quello era un bene, dal momento che — a quanto ne sapeva lui — questa caverna non aveva sbocchi verso il campo di battaglia lì sopra. Era accessibile solo con un passaggio. Un Asha’man sapeva della sua esistenza. Strano tipo. Che genere d’uomo conosceva caverne che non potevano essere raggiunte, tranne con l’Unico Potere?

Comunque, la Banda era intrappolata quaggiù, in un posto sicuro ma isolato. Giungevano informazioni solo raramente con i messaggi di Mat.

Talmanes si tese, pensando di poter sentire i suoni distanti di incanalatori che combattevano sopra, ma era solo la sua immaginazione. La terra era silenziosa e queste pietre antiche non vedevano la luce dalla Frattura, se mai l’avevano vista.

Talmanes scosse il capo, dirigendosi verso una delle squadre da lavoro. «Come va?»

Dennel fece un gesto verso alcuni fogli di carta che Aludra gli aveva dato, istruzioni su come riparare questo particolare Drago. Aludra in persona dava indicazioni a un’altra squadra di lavoro, la sua voce dal lieve accento che riecheggiava per la caverna.

«Molti dei tubi sono solidi» disse Dannel. «Se ci pensi, sono stati costruiti per sopportare un piccolo fuoco e un’esplosione ogni tanto…» Ridacchiò, poi tacque, guardando Talmanes.

«Non lasciare che la mia espressione smorzi il tuo buonumore» disse Talmanes, riponendo la pipa. «E non lasciarti turbare dal fatto che stiamo combattendo alla fine del mondo, che le nostre armate sono in schiacciante inferiorità numerica e che, se perdiamo, le nostre stesse anime saranno distrutte dall’Oscuro Signore di tutti i mali.»

«Spiacente, mio signore.»

«Era una battuta.»

Dennel sbatté le palpebre. «Quella?»

«Sì.»

«Era una battuta.»

«Sì.»

«Hai un senso dell’umorismo interessante, mio signore» disse Dennel.

«Così mi è stato detto.» Talmanes si chinò ed esaminò il carro del Drago. Il legno bruciacchiato era tenuto assieme con viti e assi supplementari. «Non sembra molto efficiente.»

«Funzionerà, mio signore. Non riusciremo a farlo muovere veloce, però. Stavo dicendo, i tubi se la sono cavata bene, ma i carretti… Be’, abbiamo fatto il possibile con quello che abbiamo recuperato e i rifornimenti da Baerlon, ma possiamo soltanto fino a un certo punto con il tempo che abbiamo.»

«Che è finito» disse Talmanes. «Lord Mat potrebbe convocarci da un momento all’altro.»

«Sempre che siano ancora vivi lassù» disse Dennel, guardando verso l’alto.

Un pensiero sconfortante. La Banda poteva finire i propri giorni intrappolata qui. Almeno non sarebbero stati molti. O il mondo sarebbe finito, oppure la Banda avrebbe terminato il cibo. Non sarebbero durati una settimana. Sepolti qui. Al buio.

Dannate ceneri, Mat. Farai meglio a non perdere lassù. Farai meglio! La Banda era ancora in grado di combattere. Non sarebbero morti di fame sottoterra.

Talmanes tenne in alto la lanterna, voltandosi per andare, ma notò qualcosa. I soldati che lavoravano sui Draghi proiettavano un’ombra deformata sulla parete, come un uomo con un ampio mantello e un cappello che gli oscurava la faccia.

Dennel seguì lo sguardo. «Luce. Pare che siamo sorvegliati dal vecchio Jak in persona, vero?»

«Proprio così» disse Talmanes. Poi, con voce più forte, urlò. «Qui c’è fin troppo silenzio! Cantiamo qualcosa, uomini.»

Alcuni degli uomini si fermarono. Aludra si alzò, mettendosi le mani sulle anche, e gli scoccò un’occhiata contrariata.

Così fu Talmanes stesso a iniziare.

Coppe di vin ci scolerem E dolci fanciulle bacerem Lanciando dadi finché volerem A danzare con Jak delle Ombre!

Silenzio. Poi loro cominciarono:

Comincerem con l’imprecar Poi damigelle da abbracciar E il Tenebroso derubar Per danzare con Jak delle Ombre!

Le loro voci fragorose riverberarono contro le pietre mentre lavoravano, preparandosi in fretta e furia per il ruolo che avrebbero giocato.

E l’avrebbero giocato. Talmanes se ne sarebbe assicurato. Perfino se avessero dovuto farsi strada fuori da questa tomba in una tempesta di fuoco di Draghi.