Min attendeva con le forze seanchan radunate e gli ufficiali percorrevano le file con lanterne per preparare gli uomini. Non erano tornati a Ebou Dar, ma erano fuggiti attraverso passaggi fino a una vasta pianura sgombra che non riconosceva. Qui crescevano alberi con una corteccia strana e ampie fronde. Non riusciva a capire se fossero davvero alberi o semplicemente felci molto grandi. Era particolarmente difficile da capire a causa dell’avvizzimento: sugli alberi erano cresciute foglie, ma adesso pendevano ai lati come se non vedessero acqua da troppe settimane. Min cercò di immaginare come sarebbero dovuti sembrare se fossero stati in salute.
L’aria per lei aveva un odore differente: di piante che non riconosceva e di acqua salmastra. Le forze seanchan attendevano in formazioni serrate di truppe, pronte a marnare, un uomo su quattro con una lanterna anche se solo una su dieci di esse al momento era accesa. Spostare un esercito non si poteva fare in fretta, nonostante i passaggi, ma Fortuona aveva accesso a centinaia di damane. La ritirata era stata portata a termine in modo efficiente, e Min sospettava che un ritorno sul campo di battaglia potesse essere compiuto con rapidità.
Se Fortuona avesse deciso di ritornare, così sarebbe stato. L’imperatrice sedeva in cima a un pilastro nella notte, sollevata sulla sua portantina, illuminata da lanterne azzurre. Non era un trono ma un pilastro bianco puro, di circa sei piedi di altezza, eretto sulla cima di una collinetta. Min aveva un posto a sedere accanto al pilastro, e poteva sentire i rapporti man mano che arrivavano.
«Questa battaglia non sta andando bene per il Principe dei Corvi» disse il generale Galgan. Si rivolse ai suoi generali davanti a Fortuona, parlando direttamente a loro, affinché potessero rispondergli senza rivolgersi formalmente all’imperatrice. «La sua richiesta che tornassimo è arrivata soltanto ora. Ha aspettato troppo a lungo per chiamarci in aiuto.»
«Esito a dirlo» disse Yulan. «Ma, anche se la saggezza dell’imperatrice non conosce limiti, io non ho fiducia nel Principe. Può essere il consorte dell’imperatrice, e ovviamente è stato una scelta saggia per quel ruolo. Ma si è dimostrato avventato in battaglia. Forse è troppo logorato da ciò che sta accadendo.»
«Sono certo che ha un piano» disse Beslan in tono serio. «Dovete fidarvi di Mat. Lui sa cosa sta facendo.»
«Prima mi ha colpito» disse Galgan. «I presagi sembrano favorirlo.»
«Sta perdendo, Capitano Generale» disse Yulan. «Perdendo malamente. I presagi per un uomo possono cambiare rapidamente, così come la sorte di una nazione.»
Min strinse gli occhi verso il basso capitano dell’aria. Adesso portava le ultime unghie di ciascuna mano smaltate. Era stato lui a guidare l’attacco a Tar Valon, e il successo di quella operazione gli aveva fruttato molto favore agli occhi di Fortuona. Simboli e presagi ruotavano attorno alla sua testa, così come sopra quella di Galgan… E, in effetti, di Beslan.
Luce, pensò Min. Sto davvero cominciando a pensare ai ‘presagi’ come Fortuona? Devo lasciare questa gente. Sono pazzi.
«Ho l’impressione che il Principe consideri questa battaglia troppo simile a un gioco» disse di nuovo Yulan. «Anche se i suoi azzardi iniziali sono stati astuti, ha tirato troppo la corda. Quanti uomini si sono trovati attorno al tavolo di dactolk e sono sembrati dei geni per le loro scommesse quando invece era solo il caso a farli sembrare capaci? Il Principe ha vinto sulle prime, ma ora vediamo quanto è pericoloso giocare d’azzardo come ha fatto lui.»
Yulan inclinò la testa verso l’imperatrice. Le sue affermazioni diventavano sempre più audaci, dal momento che non gli dava motivo di tacere. Dall’imperatrice, in questa situazione, era come un’indicazione che dovesse continuare.
«Ho sentito… voci su di lui» disse Galgan.
«Mat è un giocatore d’azzardo, sì» disse Beslan. «Ma è misteriosamente bravo in quello. Lui vince, generale. Per favore, dovete tornare indietro e aiutarlo.»
Yulan scosse la testa con enfasi. «L’imperatrice — che possa vivere per sempre — ci ha portato via dal campo di battaglia per un buon motivo. Se il Principe non è riuscito a proteggere il suo stesso centro di comando, non ha il controllo della battaglia.»
Sempre più audace. Galgan si sfregò il mento, poi guardò un’altra persona lì. Min non sapeva molto di Tylee. Lei restava in silenzio in questi incontri. Con capelli ingrigiti e spalle ampie, la donna dalla carnagione scura aveva in sé una forza indefinibile. Era un generale che aveva guidato direttamente in battaglia i suoi uomini, molte volte. Quelle cicatrici lo dimostravano.
«Questa gente del continente combatte meglio di quanto avrei mai pensato» disse Tylee. «Io ho combattuto al fianco di alcuni soldati di Cauthon. Penso che ti sorprenderanno, generale. Anch’io suggerisco umilmente di tornare ad aiutarli.»
«Ma farlo è nel miglior interesse dell’impero?» chiese Yulan.
«Le forze di Cauthon indeboliranno l’Ombra, così come la loro marcia da Merrilor a Ebou Dar. Possiamo annientare i Trolloc con attacchi aerei lungo il tragitto. Il nostro obiettivo dovrebbe essere una vittoria a lungo termine. Forse possiamo mandare delle damane a prendere il Principe e portarlo al sicuro. Ha combattuto bene, ma è evidente che è stato surclassato in questa battaglia. Non possiamo salvare i suoi eserciti, naturalmente. Quelli sono condannati.»
Min si accigliò, sporgendosi in avanti. Una delle immagini sopra la testa di Yulan… era così strana. Una catena. Perché mai doveva avere una catena sopra la testa?
È un prigioniero, pensò Min all’improvviso. Luce. Qualcuno lo sta manovrando come un burattino.
Mat temeva una spia. Min sentì freddo.
«L’imperatrice, che possa vivere per sempre, ha preso la sua decisione» disse Galgan. «Torniamo. A meno che, nella sua saggezza, non abbia cambiato idea…?» Si voltò verso di lei, un’espressione interrogativa in volto.
La nostra spia può incanalare, si rese conto Min esaminando Yulan. Quell’uomo è sotto coercizione.
Un incanalatore. Ajah Nera? Una damane Amica delle Tenebre? Un Signore del Terrore maschio? Poteva essere chiunque. E, con tutta probabilità, la spia avrebbe anche indossato un flusso come travestimento.
Perciò come avrebbe mai fatto Min a individuare questa spia?
Visioni. Aes Sedai e altri incanalatori avevano sempre visioni attaccate a loro. Sempre. Poteva trovare un indizio in una di quelle? Sapeva per istinto che la catena di Yulan significava che era prigioniero di qualcun altro. Non era la vera spia, dunque, ma una marionetta.
Iniziò con gli altri nobili e generali. Naturalmente molti di loro avevano presagi sopra la testa, come accadeva di solito per tipi come quelli. Come avrebbe notato qualcosa di fuori dall’ordinario? Min passò in rassegna la folla dei presenti e le si mozzò il fiato quando si avvide per la prima volta che una dei so’jhin, una donna giovane con le lentiggini, portava sopra la testa una varietà di immagini.
Min non riconosceva quella donna. Era stata lì a servire tutto il tempo? Min era certa che l’avrebbe notata prima se fosse stata vicino a lei; le persone che non erano incanalatori, Custodi o ta’veren di rado avevano collegate a sé così tante immagini. Che fosse un caso o una svista, però, non aveva pensato di guardare i servitori nello specifico.
Adesso quella copertura le risultò ovvia. Min distolse lo sguardo per non destare i sospetti della servitrice e meditò sulla mossa successiva. Il suo istinto le sussurrava di attaccare e basta, tirando fuori un coltello e scagliandolo. Se quella servitrice era un Signore del Terrore — oppure, Luce, una dei Reietti — colpire per prima poteva essere l’unico modo per sconfiggerla.
Ma c’era anche una possibilità che la donna fosse innocente. Min rifletté, poi si mise in piedi sulla sedia. Diversi del Sangue borbottarono per quell’infrazione del decoro, ma Min li ignorò. Salì sul bracciolo della sedia, restando in equilibrio lì per mettersi allo stesso livello con Tuon. Min si sporse verso di lei.