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Il tuono rombava. Berelain alzò lo sguardo dal lato del letto, poi si alzò. La mano di Galad scivolò via dalla sua mentre si dirigeva verso la finestra nel muro di pietra.

Il mare ribolliva e si infrangeva contro le rocce all’esterno, ruggendo come adirato. Forse addolorato. Schiuma bianca schizzava violenta verso nuvole dove il fulmine proiettava una luce frammentata. Mentre osservava, quelle nubi si addensarono nella notte, sempre che fosse possibile. Più scure.

Mancava ancora un’ora all’alba. Ma le nuvole erano così nere che lei sapeva che non avrebbe visto il sole, quando fosse sorto. Tornò al fianco di Galad, si sedette e gli prese la mano. Quando sarebbe venuta una Aes Sedai a Guarirlo?

Era ancora incosciente, tranne qualche sussurro dovuto agli incubi. Si rigirò e qualcosa scintillò al suo collo.

Berelain gli mise una mano sotto la camicia, tirando fuori un medaglione. Aveva la forma di una testa di volpe. Vi sfregò sopra le dita.

«…da Cauthon…» mormorò Galad, gli occhi chiusi. «Spero…»

Berelain rifletté per un momento, percependo quell’oscurità là fuori come se fosse quella del Tenebroso, che soffocava la terra e si insinuava attraverso le finestre e sotto le porte. Si alzò, lasciò Galad e si allontanò a passi rapidi, portando con sé il medaglione.

«L’Amyrlin Seat è morta» riferì Arganda.

Sangue e dannate ceneri, pensò Mat. Egwene. Anche Egwene? Lo colpì come un pugno in faccia.

«Inoltre,» continuò Arganda «le Aes Sedai riferiscono di aver perso oltre metà dei loro numeri. Quelle rimaste affermano… E sono testuali parole… che ‘non potrebbero incanalare Unico Potere sufficiente a sollevare una piuma’. Sono fuori dalla battaglia.»

Mat grugnì. «Quanti incanalatori sharani hanno eliminato?» chiese, preparandosi al peggio.

«Tutti quanti.»

Mat guardò Arganda e si accigliò. «Cosa?»

«Tutti gli incanalatori» disse Arganda. «Tutti quelli che stavano combattendo le Aes Sedai.»

«Questo è qualcosa» disse Mat. Ma Egwene…

No. Non doveva pensare a quello ora. Lei e le sue Aes Sedai avevano fermato gli incanalatori sharani.

Gli Sharani e i Trolloc arretrarono dalle linee del fronte per raggrupparsi. Mat colse l’opportunità per fare lo stesso.

Le sue forze — quello che ne restava — erano sparpagliate per le Alture. Aveva radunato tutti quelli che gli rimanevano. Gli uomini delle Marche di Confine, i Fautori del Drago, Loial e gli Ogier, le truppe di Tam, i Manti Bianchi, soldati della Banda della Mano Rossa. Combattevano duramente, ma il loro nemico era in netta superiorità numerica. Era già un problema quando avevano solo gli Sharani con cui lottare, ma una volta che i Trolloc avevano sfondato sul margine orientale delle Alture, erano stati costretti a difendersi su due fronti. Nel corso dell’ora appena passata erano stati spinti indietro per più di mille passi, approssimativamente in direzione nord, e le retrovie avevano quasi raggiunto la fine dell’altopiano.

Questa sarebbe stata l’ultima spinta. La fine della battaglia. Ora che gli incanalatori sharani non c’erano più, Mat non sarebbe stato spazzato via immediatamente, ma Luce… Rimanevano così tanti dannati Trolloc. Mat aveva danzato bene questa danza. Lo sapeva. Ma c’era un limite a quello che un uomo poteva fare. Perfino il ritorno di Tuon poteva non essere sufficiente, se ci fosse stato.

Arganda gestiva i rapporti dalle altre zone del campo di battaglia: era ferito tanto gravemente da non poter combattere e non restava nessuno che avesse ancora abbastanza Potere da dedicare alla Guarigione. Svolgeva bene il suo lavoro. Brav’uomo. A Mat sarebbe potuto tornare utile nella Banda.

I Trolloc si radunarono per la loro spinta, spostando nuovamente i cadaveri che li ostacolavano e schierandosi in manipoli con Myrddraal che li guidavano. Quello avrebbe dato a Mat cinque o dieci minuti per prepararsi. Poi sarebbe iniziato.

Lan gli si avvicinò, l’espressione torva. «Cosa vorresti che facessero i miei uomini, Cauthon?»

«Tenetevi pronti per combattere quei Trolloc» disse Mat. «Qualcuno ha controllato con Mayene di recente? Questo sarebbe un momento meraviglioso per fard rimandare qualche fila di uomini che sono stati Guariti.»

«Lo controllerò per te» disse Lan. «E poi preparerò i miei uomini.»

Mat frugò nelle bisacce mentre Lan si allontanava. Tirò fuori lo stendardo di Rand, quello degli antichi Aes Sedai. Lo aveva raccolto prima, pensando che forse sarebbe potuto tornare di qualche utilità. «Qualcuno lo innalzi. Stiamo combattendo nel dannato nome di Rand. Mostriamo all’Ombra che ne siamo fieri.»

Dannil prese lo stendardo, trovando una lancia da usare come asta. Mat trasse un respiro profondo. Dal modo in cui parlavano gli uomini delle Marche di Confine, pensavano che tutto questo sarebbe terminato in una carica gloriosa, eroica e suicida. Era così che terminavano sempre le canzoni di Thom… Il tipo di canzoni in cui Mat aveva sperato di non trovarsi mai. Quella era una speranza flebile, ora.

Pensa, pensa. In lontananza, i corni dei Trolloc iniziarono a suonare. Tuon era in ritardo. Sarebbe arrivata? In segreto sperava che non lo facesse. Con la battaglia che stava andando così male, perfino i Seanchan potevano non essere sufficienti.

Gli serviva un varco. Andiamo, fortuna! Si aprì un altro passaggio e Arganda andò a prendere il rapporto del messaggero. Mat non aveva bisogno di sentire per rendersi conto di quale tipo di notizie si trattava, dal momento che Arganda, mentre tornava, aveva le ciglia aggrottate.

«D’accordo» disse Mat con un sospiro. «Dammi le notizie.»

«La Regina dell’Andor è morta» disse Arganda.

Dannate ceneri! Non Elayne! Mat provò un sussulto dentro. Rand… Mi dispiace. «Chi comanda lì? Bashere?»

«Morto» disse Arganda. «Anche sua moglie. Sono caduti durante un attacco ai picchieri andorani. Abbiamo perso anche sei capoclan aiel. Non c’è nessuno al comando degli Andorani o degli Aiel al letto del fiume. Si stanno disgregando rapidamente.»

«Questa è la fine!» La voce amplificata di Demandred si riversò su Mat dall’altro capo dell’altopiano. «Lews Therin vi ha abbandonato! Lanciate le vostre urla a lui mentre morite. Fategli sentire il vostro dolore.»

Erano alle ultime mosse della partita e Demandred aveva giocato bene. Mat passò in rassegna il suo esercito di truppe esauste, in gran parte composte da feriti. Erano in una situazione disperata, non si poteva negarlo.

«Mandate a chiamare le Aes Sedai» disse Mat. «Non m’importa se dicono che non possono sollevare una piuma. Forse quando si tratterà delle loro vite troveranno un po’ di forza per una palla di fuoco qua e là. Inoltre, i loro Custodi possono comunque combattere.»

Arganda annuì. Lì vicino si aprì un passaggio e ne uscirono due Asha’man dall’espressione tormentata. Naeff e Neald avevano segni di bruciature sulla pelle, e la Aes Sedai di Naeff non era con loro.

«Ebbene?» chiese Mat ai due.

«È fatta» disse Neald con un grugnito.

«E Tuon?»

«Hanno trovato la spia, a quanto pare» disse Naeff. «L’imperatrice sta aspettando di tornare a un tuo segnale.»

Mat inspirò, assaporando l’aria del campo di battaglia, percependo il ritmo del combattimento che aveva preparato. Non sapeva se poteva vincere, perfino con Tuon. Non con l’esercito di Elayne allo sbando, non con le Aes Sedai indebolite al punto da essere incapaci di incanalare. Non senza Egwene, la sua testardaggine da Fiumi Gemelli, la sua spina dorsale di ferro. Non senza un miracolo.

«Falla venire, Naeff» disse Mat. Chiese carta e penna e scribacchiò un messaggio che porse all’Asha’man. Scacciò il desiderio egoista di lasciar scappare Tuon in salvo. Dannate ceneri, non c’era nessun posto sicuro. «Da’ questo all’imperatrice, Naeff; dille che queste istruzioni devono essere eseguite alla lettera.»

Poi Mat si voltò verso Neald. «Voglio che tu vada da Talmanes» disse. «Fallo procedere con il piano.» due incanalatori si allontanarono a consegnare i loro messaggi.