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«Quelli non sono lupi» disse Mat in tono cupo. La Caccia Selvaggia era arrivata a Thakan’dar.

Forse loro e Mashadar si sarebbero distrutti a vicenda? Era troppo da sperare? Con i dadi che gli sbatacchiavano nella testa, Mat non aveva intenzione di scommetterci. Le forze di Rand — quello che rimaneva degli Aiel, dei Domanesi, dei Fautori del Drago e dei Tairenesi che erano venuti qui — sarebbero state annientate dai Segugi Neri. Se fossero sopravvissuti, Mashadar li avrebbe presi. Non potevano combattere nessuno dei due.

Quella voce lì dentro... Non era solo Mashadar, la nebbia priva di mente. Anche Fain era lì da qualche parte. E il pugnale.

Shayol Ghul incombeva lì sopra. Le nuvole ribollivano, alte nel cielo. Cosa sorprendente, alcuni nuvoloni bianchi erano giunti da sud, entrando in collisione con quelli neri mentre turbinavano assieme. In effetti, quelle due coltri assieme assomigliavano parecchio al...

Il to’raken virò e imbardò, poi si abbassò di quota, forse solo a un centinaio di piedi dal suolo.

«Attenta!» strillò Mat, reggendosi il cappello. «Stai dannatamente tentando di ucciderci?»

«Le mie scuse, mio Principe» gli urlò la donna di rimando. «Mi serve solo trovare un posto sicuro per farti scendere.»

«Un posto sicuro?» disse Mat. «Be’, buona fortuna.»

«Sarà difficile. Dhana è forte, ma io...»

Una freccia dall’impennaggio nero scalfì il lato della testa di Sulaan, scagliata da qualche parte in basso, assieme a una salva di un’altra dozzina che sfrecciarono attorno a Mat, e una colpì l’ala del to’raken.

Mat imprecò, lasciando cadere il cappello e allungando una mano verso Sulaan mentre Olver urlava per la sorpresa. Sulaan si afflosciò, lasciando cadere le redini. Sotto, un gruppo di Aiel dal velo rosso preparava un’altra salva.

Mat slacciò le cinghie. Balzò — be’, più che altro strisciò sopra Olver e la donna incosciente e afferrò le redini del to’raken spaventato. Non poteva essere molto più difficile di condurre un cavallo, giusto? Tirò come aveva visto fare a Sulaan, facendo voltare il to’raken mentre le frecce tagliavano l’aria dietro di loro e diverse di esse colpivano la bestia alle ali.

Virarono dritto verso la parete di roccia e Mat si ritrovò in piedi sulla sella, tenendo strette le redini mentre cercava di impedire che la bestia ferita li uccidesse maledettamente tutti quanti. Quella virata quasi lo scagliò via, ma si tenne fermo puntellando i piedi e stringendo le redini ancora più forte.

La raffica d’aria mentre giravano catturò le parole successive di Olver. Le ali malamente ferite della creatura sbattevano all’impazzata e l’animale stridette in tono pietoso. Mat non era certo che nessuno di loro avesse il controllo mentre la bestia si avvitava verso il terreno.

Colpirono il suolo della vallata in un ammasso scomposto. Si ruppero ossa — Luce, Mat sperò che appartenessero al to’raken — e si ritrovò a capitombolare per il terreno spezzato.

Finalmente si arrestò, stravaccato.

Inspirò ed espirò, intontito. «Questa» gemette infine «è l’idea dannatamente peggiore che abbia mai avuto.» Esitò.

«Forse la seconda idea peggiore.» Aveva deciso di rapire Tuon dopotutto.

Si alzò barcollando e le sue gambe parvero funzionare ancora. Non zoppicò troppo mentre correva verso il to’raken che si contorceva. «Olver? Olver!»

Trovò il ragazzo ancora legato alla sella, che sbatteva le palpebre e scuoteva la testa per schiarirsela. «Mat,» disse Olver «la prossima volta penso che dovresti lasciare me a guidarlo. Non credo che tu abbia fatto un buon lavoro.»

«Se ci sarà una prossima volta,» disse Mat «mangerò un intero borsello di oro di Tar Valon.» Liberò l’ashandarei e il Corno di Olver dai legacci che li tenevano fermi, poi porse lo strumento al ragazzo. Allungò una mano verso lo zaino che conteneva lo stendardo di Rand, che aveva portato legato in vita, ma era scomparso.

In preda al panico, Mat si guardò attorno. «Lo stendardo! Ho fatto cadere il dannato stendardo!»

Olver sorrise, alzando lo sguardo verso il segno formato dalle nubi turbinanti. «Andrà tutto bene: siamo già sotto il suo stendardo» disse, poi si portò il Corno alle labbra e suonò una bellissima nota.

46

Svegliarsi

Rand si liberò dall’oscurità e rientrò nel Disegno completamente.

Dalla sua osservazione del Disegno, sapeva che, anche se erano passati solo pochi minuti da quando era entrato, nella valle fuori da questa caverna erano trascorsi giorni, e un tempo ancora più lungo quanto più ci si trovava lontano.

Rand scagliò indietro Moridin dalla posizione che avevano mantenuto durante quei minuti di tensione con le spade incrociate. Ancora pieno dell’Unico Potere, così dolce, Rand vibrò la lama di Callandor verso il suo vecchio amico.

Moridin sollevò la spada in tempo per parare, ma solo di poco. Grugnì, tirando fuori un pugnale dalla cintura e indietreggiando in una posa da combattimento per spada e coltello.

«Tu non hai più importanza, Elan» disse Rand, il torrente di saidin che infuriava dentro di lui. «Facciamola finita con questo!»

«Ah no?» rise Moridin.

Poi ruotò e scagliò il coltello verso Alanna.

Nynaeve guardò terrorizzata il coltello ruotare nell’aria. Per qualche motivo i venti non lo toccarono.

No! Dopo che era riuscita a riportare in vita la donna. Non posso perderla ora! Nynaeve cercò di afferrare il coltello o bloccarlo, ma il suo movimento tardò di un attimo.

Il coltello si conficcò nel petto di Alanna.

Nynaeve lo guardò, atterrita. Non era una ferita che si poteva guarire con punti ed erbe. Quella lama aveva colpito il cuore.

«Rand! Mi serve l’Unico Potere!» urlò Nynaeve.

«È tutto... a posto...» sussurrò Alanna.

Nynaeve guardò gli occhi della donna. Era lucida. L’andilaia, si rese conto Nynaeve, ricordando l’erba che aveva usato per dar forza alla donna. L’ha riscossa dal torpore. L’ha svegliata.

«Posso...» disse Alanna. «Posso lasciarlo andare...»

La luce svanì dagli occhi di Alanna.

Nynaeve guardò Moridin e Rand. Rand lanciò un’occhiata alla donna morta con pietà e tristezza, ma Nynaeve non vide rabbia nei suoi occhi. Alanna aveva lasciato andare il legame prima che Rand potesse avvertire gli effetti della sua morte.

Moridin tornò a voltarsi verso Rand, un altro coltello nella sinistra. Rand sollevò Callandor per eliminare Moridin.

Moridin lasciò cadere la spada e si pugnalò la destra con il coltello. Rand fu colto da uno spasmo improvviso e Callandor cadde dalla sua stretta come se la sua mano fosse stata ferita in qualche modo dall’attacco di Moridin.

Il bagliore che emanava dalla lama si spense e l’arma cristallina tintinnò colpendo il suolo.

Perrin non si tratteneva nello scontro con l’Assassino.

Non cercava di fare distinzioni tra lupo e uomo. Finalmente dava libero sfogo a tutto quanto: ogni frammento di rabbia verso l’Assassino, ogni frammento di dolore per le morti nella sua famiglia, pressioni che erano cresciute inosservate dentro di lui per mesi.

Vi diede sfogo. Luce, lasciò andare tutto. Come quella notte quando aveva ucciso quei Manti Bianchi. Fin da allora, aveva tenuto ben strette in una morsa le sue emozioni. Proprio come aveva detto Mastro Luhhan.

Adesso, in un momento congelato, riusciva a capirlo. Il gentile Perrin, sempre timoroso di far del male a qualcuno. Un fabbro che aveva appreso il controllo. Di rado permetteva a sé stesso di colpire con tutta la sua forza.

Tolse il guinzaglio al lupo. Non era mai stato quello il suo posto.

La tempesta si conformava alla sua rabbia. Perrin non cercò di trattenerla. Perché avrebbe dovuto? Si adattava alla perfezione alle sue emozioni. Il suo martello calava come un rombo di tuono, i suoi occhi dardeggiavano come saette. I lupi ululavano assieme al vento.