«Collegatevi!» ordinò Rand.
Saidar dalle donne.
Il Vero Potere da Moridin.
Saidin da Rand.
Il fatto che Moridin incanalasse il Vero Potere minacciava di distruggerli tutti, ma lo tamponarono con saidin e saidar, poi diressero tutte e tre le energie verso il Tenebroso.
Rand perforò l’oscurità e creò un condotto di luce e buio, rivoltando l’essenza stessa del Tenebroso su di lui.
Rand percepì il Tenebroso oltre quelle tenebre, la sua immensità. Spazio, dimensioni, tempo... Rand capiva come queste cose adesso potessero essere irrilevanti.
Con un urlo — i tre Poteri che scorrevano attraverso di lui, il sangue che gli colava lungo il fianco — il Drago Rinato sollevò una mano di Potere e afferrò il Tenebroso attraverso il Foro, come un uomo che la infilava nell’acqua per afferrare un trofeo sul fondo del fiume.
Il Tenebroso cercò di ritrarsi, ma l’artiglio di Rand era avvolto dal Vero Potere. Il nemico non poteva contaminare saidin di nuovo. Il Tenebroso cercò di sottrarre il Vero Potere da Moridin, ma il condotto scorreva in modo troppo libero, troppo potente per essere interrotto ora. Anche da Shai’tan in persona.
Così Rand poté usare l’essenza stessa del Tenebroso, incanalata nella sua piena forza. Tenne stretto il Tenebroso, come una colomba nelle grinfie di un falco.
E da lui partì un’esplosione di luce.
48
Una lancia brillante
Elayne conduceva al trotto il cavallo tra cumuli di Trolloc morti. Avevano vinto. Aveva ordinato a tutti quelli in grado di reggersi in piedi di cercare i vivi tra i morti.
Così tanti morti. Centinaia di migliaia di uomini e Trolloc, stesi in pile per tutto Merrilor. Le sponde del fiume erano mattatoi, gli acquitrini fosse comuni in cui galleggiavano i cadaveri. Davanti a lei, dall’altro lato del fiume, le Alture gemevano e brontolavano. Lei aveva fatto indietreggiare la sua gente da lì. Riusciva a stento a stare in sella.
L’intero altopiano crollò su sé stesso, seppellendo i morti. Elayne osservò, sentendosi intorpidita e avvertendo la terra tremare. Era...
Luce.
Si mise dritta, sentendo il potere crescere dentro Rand. Distolse l’attenzione dalle Alture, concentrandosi invece su di lui. La sensazione di forza suprema, la bellezza di controllo e dominio. Una luce schizzò in cielo molto più a nord, tanto brillante da lasciarla senza fiato.
Era giunta la fine.
Thom indietreggiò barcollando dall’ingresso per il Pozzo del Destino, schermandosi gli occhi con il braccio mentre la luce — radiosa quanto il sole stesso — fuoriusciva dalla caverna. Moiraine!
«Luce» mormorò Thom.
Ed era luce, che prorompeva dalla sommità della montagna di Shayol Ghul, un raggio splendente che fuse la punta della montagna e schizzò dritto nel cielo.
Min si portò la mano al petto, allontanandosi dalle file di feriti a cui stava cambiando le fasciature.
Rand, pensò, percependone la sofferta determinazione. Lontano a nord, un fascio di luce si innalzò nell’aria, così radioso da illuminare il Campo di Merrilor anche se si trovava a una distanza elevata. I feriti e quelli che li soccorrevano sbatterono le palpebre, mettendosi in piedi barcollando e schermandosi la faccia.
Quella luce, una lancia brillante nei cieli, bruciò via le nuvole e rischiarò il cielo.
Aviendha sbatté le palpebre vedendo la luce e seppe che si trattava di Rand.
La allontanò dall’orlo delle tenebre, riempiendola di calore. Lui stava vincendo. Stava vincendo. Era così forte. Ora vedeva il vero guerriero in lui.
Nelle vicinanze, Graendal si mise in ginocchio, traballante, gli occhi vitrei. Il passaggio sfilacciato era esploso, ma non con una detonazione ampia quanto l’ultima volta. I flussi e l’Unico Potere erano schizzati in giro, proprio mentre Graendal cercava di filare la Compulsione.
La Reietta si voltò verso Aviendha e assunse uno sguardo adorante. Si inchinò, come se la stesse venerando.
L’esplosione, si rese conto Aviendha, pur intontita. Aveva fatto qualcosa al flusso della coercizione. Sinceramente, si era aspettata che quello scoppio la uccidesse. Invece aveva fatto qualcos’altro.
«Ti prego, o magnifica» disse Graendal. «Dimmi cosa desideri da me. Permettimi di servirti!»
Aviendha tornò a guardare verso la luce di Rand e trattenne il fiato.
Logain si allontanò dalle rovine, tenendo fra le braccia un marmocchio che poteva avere due anni. La madre in lacrime del bimbo lo prese con sé. «Grazie. Che tu sia benedetto, Asha’man. La Luce ti benedica.»
Logain si fermò barcollando in mezzo alla gente. L’aria puzzava di carne bruciata e Trolloc morti. «Le Alture sono andate?» chiese.
«Andate» disse Androl con riluttanza, di fianco a lui. «I terremoti se le sono prese.»
Logain sospirò. Il trofeo... era perduto, allora? Sarebbe mai riuscito a riportarlo alla luce?
Sono uno sciocco, pensò. Aveva abbandonato quel potere... per cosa? Per salvare questi profughi? Gente che lo respingeva e lo detestava per quello che era. Gente che...
Che lo guardava incantata.
Logain si accigliò. Erano persone comuni, non come quelle che vivevano alla Torre Nera, abituate a uomini in grado di incanalare. In quel momento non sarebbe riuscito a vedere la differenza.
Logain osservò con meraviglia la gente che si accalcava attorno ai suoi Asha’man, piangendo perché erano stati salvati. Gli anziani presero gli Asha’man per le mani, sopraffatti, lodandoli.
Lì vicino un giovane guardava Logain con ammirazione. Una dozzina di giovani. Luce, un centinaio. Nemmeno una traccia di paura nei loro occhi.
«Grazie» ripeté la giovane madre. «Grazie.»
«La Torre Nera vi protegge» Logain sentì sé stesso dire. «Sempre.»
«Lo manderò da te per sottoporsi alle prove quando raggiungerà l’età giusta» promise la donna, tenendo in braccio suo figlio. «Se avrà talento, lo convincerò a unirsi a voi.»
Il talento. Non la maledizione. Il talento.
La luce li inondò.
Logain si fermò. Quel raggio di luce a nord... Un incanalare come mai aveva percepito prima, nemmeno alla purificazione. Un tale potere.
«Sta succedendo» disse Gabrelle, accostandosi a lui.
Logain allungò una mano alla cintura, poi prese tre oggetti dal borsello. Dischi, metà bianchi metà neri. Gli Asha’man lì vicino si voltarono verso di lui, fermandosi mentre Guarivano e confortavano la gente.
«Fallo» disse Gabrelle. «Fallo, Frantumatore dei Sigilli.» Logain spezzò i sigilli, un tempo indistruttibili, uno a uno, e ne lasciò cadere a terra i pezzi.
49
Luce e Ombra
Tutto era morto. Nel sogno del lupo, Perrin arrancava in una landa rocciosa e desolata, senza piante o terra. Il cielo era diventato nero, le nubi scure che scomparivano in quel nulla. Mentre si arrampicava in cima a un costone, un intero pezzo del terreno dietro di lui si sgretolò — la roccia su cui poggiava i piedi si scosse con violenza — e venne tirato in aria.
Sotto c’era solo vuoto.
Nel sogno del lupo, tutto si stava consumando. Perrin continuò ad avanzare, verso Shayol Ghul. Poteva vederlo come un faro, splendente di luce. Stranamente, dietro di sé poteva distinguere Montedrago, anche se sarebbe dovuto essere troppo distante da vedere. Mentre la terra si sbriciolava, il mondo sembrava rimpicciolirsi.
I due picchi si avvicinavano tra loro, e tutto ciò che c’era in mezzo era spaccato o in pezzi. Perrin traslò davanti al cunicolo che scendeva nel Pozzo del Destino, poi vi entrò, superando la barriera viola che aveva eretto in precedenza.