«Io ho assistito alla tua visione, Aviendha» disse Bair. «O a qualcosa di simile, attraverso occhi differenti. Penso che sia un monito per qualcosa che non dobbiamo lasciar accadere.»
Le altre due annuirono, poi lanciarono un’occhiata a Nynaeve e i loro volti divennero impassibili come quelli delle Aes Sedai. Aviendha era proprio come le altre, completamente calma sulla sedia, i piedi avvolti da bende. Un giorno avrebbe potuto camminare di nuovo, ma non avrebbe più combattuto.
«Nynaeve al’Meara» disse Aviendha.
«Mi hai sentito dire che Rand è morto?» chiese Nynaeve. «Se n’è andato silenziosamente.»
«Colui che è stato ferito si è svegliato dal sogno» disse Aviendha in tono tranquillo. «È come devono fare tutti. La sua morte è arrivata nella grandezza, e nella grandezza sarà celebrato.»
Nynaeve si chinò verso di lei. «D’accordo» disse in tono minaccioso, abbracciando la Fonte. «Sputa il rospo. Ho scelto te perché non puoi sfuggirmi.»
Aviendha mostrò per un momento quella che poteva essere paura. Scomparve in un lampo. «Prepariamo la sua pira.»
Perrin correva nel sogno del lupo. Da solo.
Altri lupi ululavano il loro dispiacere per il suo lutto. Dopo che li superava, tornavano ai loro festeggiamenti, ma ciò non rendeva meno reale la loro solidarietà.
Lui non ululò. Non gridò. Divenne Giovane Toro e corse.
Non voleva essere qui. Voleva sonno, vero sonno. Lì non avrebbe potuto sentire il dolore. Qui poteva.
Non avrei dovuto lasciarla.
Un pensiero da uomini. Perché si era insinuato?
Ma cosa potevo fare? Ho promesso di non trattarla come vetro.
Correre. Correre veloce. Correre finché non fosse giunta la spossatezza.
Dovevo andare da Rand. Dovevo. Ma nel farlo non sono stato lì per lei!
Ai Fiumi Gemelli in un lampo. Di nuovo fuori, lungo il fiume. Il Deserto, poi indietro, una lunga corsa verso Falme.
Come ci si poteva aspettare che li difendessi entrambi, e poi ne lasciassi andare uno?
A Tear. Poi ai Fiumi Gemelli. Una forma indistinta e ringhiante, che si muoveva più veloce che potesse. Qui. Qui l’aveva sposata.
Qui ululò.
Caemlyn, Cairhien, i Pozzi di Dumai.
Qui salvava uno di loro.
Cairhien, Ghealdan, Malden.
Qui aveva salvato l’altra.
Due forze nella sua vita. Ciascuna l’aveva strattonato. Giovane Toro crollò finalmente vicino alcune colline da qualche parte nell’Andor. Un luogo familiare.
Il luogo dove ho incontrato Elyas.
Divenne di nuovo Perrin. I suoi pensieri non erano pensieri da lupo, le preoccupazioni non erano preoccupazioni da lupo. Alzò lo sguardo verso il cielo che adesso, dopo il sacrificio di Rand, era sgombro dalle nubi. Aveva voluto essere con il suo amico mentre moriva.
Stavolta, sarebbe stato con Faile dove era morta.
Voleva urlare, ma non sarebbe servito a nulla. «Devo lasciar andare, vero?» sussurrò verso quel cielo. «Luce. Non voglio. Ho imparato. Ho imparato da Malden. Non l’ho più fatto! Ho fatto quello che avrei dovuto, stavolta.»
Da qualche parte lì vicino, un uccello lanciò un richiamo nel cielo. Lupi ulularono. In caccia.
«Ho imparato...»
Il richiamo di un uccello.
Pareva un falcone.
Perrin balzò in piedi, ruotando. Là. Scomparve in un istante, ricomparendo su un campo aperto che non riconobbe. No, conosceva questo campo. Lo conosceva! Era Merrilor, solo senza il sangue, senza l’erba trasformata in fango, senza la terra devastata e spezzata.
Qui trovò un minuscolo falcone — piccolo quanto la sua mano — che lanciava un verso basso, con una zampa spezzata incastrata sotto una roccia. Il suo cuore batteva debolmente.
Perrin ruggì mentre si svegliava, uscendo a forza dal sogno del lupo. Si alzò sul campo di corpi, urlando nel cielo notturno. Quelli impegnati a cercare lì vicino si sparpagliarono dalla paura.
Dove? Al buio poteva trovare lo stesso posto? Corse, incespicando sopra i cadaveri, tra buche create da incanalatoli o Draghi. Si fermò, guardando da una parte e poi dall’altra. Dove. Dove!
Sapone floreale. Una traccia di profumo nell’aria. Perrin scattò verso essa, scagliando il suo peso contro il cadavere di un enorme Trolloc, steso in cima ad altri corpi che gli arrivavano quasi fino al petto. Sotto di esso, trovò la carcassa di un cavallo. Incapace di riflettere davvero su cosa stesse facendo o sulla forza che avrebbe dovuto impiegare, spostò il cavallo da una parte.
Lì sotto c’era Faile, coperta di sangue, stesa in una piccola conca nel terreno, prendeva corti respiri. Perrin urlò e cadde in ginocchio, cullandola tra le braccia, inalando il suo odore.
Gli occorsero solo due battiti di cuore per traslare nel sogno del lupo, portare Faile da Nynaeve lontano a nord e traslare fuori. Pochi secondi dopo, la sentì che veniva Guarita tra le sue braccia, e lui non era disposto a lasciarla andare nemmeno per quello.
Faile, il suo falcone, tremolò e si agitò. Poi aprì gli occhi e gli sorrise.
Gli altri eroi se n’erano andati. Birgitte era rimasta con l’approssimarsi della sera. Lì vicino i soldati preparavano la pira di Rand al’Thor.
Birgitte non poteva restare ancora per molto, ma per adesso... Sì, poteva restare. Poco tempo. Il Disegno l’avrebbe permesso.
«Elayne?» disse Birgitte. «Sai qualcosa? Sul Drago?»
Elayne scrollò le spalle nella luce morente. Le due si trovavano in fondo alla folla radunatasi per veder accendere la pira del Drago Rinato.
«So cos’hai in mente» disse Birgitte a Elayne. «Con il Corno.»
«E cos’ho in mente?»
«Di tenerlo,» disse Birgitte «assieme al ragazzo. Di trattarlo come un tesoro dell’Andor, forse come un’arma della nazione.»
«Forse.»
Birgitte sorrise. «Allora è un bene che l’abbia mandato via.»
Elayne si voltò verso di lei, ignorando quelli che stavano preparando la pira di Rand. «Cosa?»
«Ho mandato via Olver» disse Birgitte. «Con guardie di cui mi fido. Ho detto a Olver di trovare qualche posto in cui nessuno lo cercherebbe, un posto che possa dimenticare, e di gettarci il Corno. Preferibilmente l’oceano.»
Elayne espirò piano, poi si voltò di nuovo verso la pira. «Donna insopportabile.» Esitò. «Grazie per avermi risparmiato di prendere quella decisione.»
«Pensavo l’avresti pensata a quel modo.» In effetti, Birgitte aveva presunto che ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che Elayne capisse. Ma Elayne era cresciuta nelle scorse settimane. «Comunque, devo essere tutt’altro che insopportabile, dal momento che sei stata bravissima a sopportarmi in questi ultimi mesi.»
Elayne si voltò di nuovo verso di lei. «Questo sembra un addio.»
Birgitte sorrise. A volte poteva capirlo, quando stava per accadere. «Lo è.»
Elayne parve triste. «Deve proprio essere così?»
«Sto per rinascere, Elayne» mormorò Birgitte. «Ora. Da qualche parte una donna si sta preparando a partorire e io andrò in quel corpo. Sta accadendo.»
«Non voglio perderti.»
Birgitte ridacchiò. «Be’, forse ci incontreremo di nuovo. Per ora, sii felice per me, Elayne. Questo significa che il ciclo continua. Potrò essere con lui di nuovo. Gaidal... Sarò solo qualche anno più giovane di lui.»
Elayne le prese il braccio, le lacrime agli occhi. «Amore e pace, Birgitte. Grazie.»
Birgitte sorrise, poi chiuse gli occhi e si lasciò trascinare via.
La sera si posò sulla terra e Tam alzò lo sguardo su quello che un tempo era stato il luogo più temuto di tutti quanti. Shayol Ghul. Gli ultimi scintillii di luce mostravano piante che crescevano qui, fiori che sboccavano, erba che si faceva strada attorno ad armi cadute e cadaveri.
È questo il tuo dono per noi, figlio mio? si domandò. Un ultimo dono?
Tam accese la torcia dalla fiammella tremolante che scoppiettava nella fossa lì vicino. Andò avanti, superando file di fiammelle nella notte. Non avevano detto a molti del rito funebre di Rand. Tutti avrebbero voluto venire. Forse tutti meritavano di venire. Le Aes Sedai stavano progettando una commemorazione elaborata per Egwene; per suo figlio, Tam preferiva qualcosa di più tranquillo.