«Mi domando...» disse Androl. «Mi domando se potrei creare un passaggio con questo potere.»
«I passaggi non funzionano più all’interno della Torre Nera.»
«Lo so» disse lui. «Ma mi sento come se fossero appena oltre la punta delle dita.»
Pevara aprì gli occhi e lo guardò. Poteva avvertire la sua sincerità all’interno del circolo, ma creare un passaggio richiedeva parecchio dell’Unico Potere, almeno per una donna. Androl sarebbe stato di diversi ordini di grandezza troppo debole per quel flusso. Era possibile che a un uomo richiedesse un diverso livello di forza?
Lui protese una mano, usando in qualche modo il Potere di Pevara, convogliato attraverso il proprio. Pevara non poteva vedere i flussi che creava, ma percepiva che stava tirando l’Unico Potere attraverso di lei. Stava forse filtrando saidar? Lo stava usando per rinforzare i suoi flussi?
«Androl» disse. «Lasciami andare.»
«È meraviglioso...» sussurrò lui, gli occhi velati mentre si alzava in piedi. «È questo che si prova, a essere uno degli altri? Quelli che sono forti nel Potere?»
Attinse altro Potere da Pevara e lo usò. Alcuni oggetti nella stanza iniziarono a sollevarsi in aria.
«Androl!» Panico. Era il panico che Pevara aveva provato dopo aver appreso che i suoi genitori erano morti. Non aveva conosciuto questo senso di orrore da oltre cent’anni, non da quando si era sottoposta alla prova per lo scialle.
Androl aveva il controllo sulla sua capacità di incanalare. Un controllo assoluto. Pevara iniziò ad annaspare, cercando di protendersi verso di lui. Non poteva usare saidar se prima lui non l’avesse lasciato andare... ma lui poteva usarlo contro di lei. La mente di Pevara fu attraversata da immagini di Androl che usava la sua stessa forza per legarla con flussi di Aria. Lei non poteva terminare il collegamento. Solo lui poteva farlo.
All’improvviso Androl lo notò e sgranò gli occhi. Il circolo scomparve in un batter d’occhio e Pevara fu di nuovo padrona del suo Potere. Senza pensare, lo scagliò all’infuori. Non sarebbe successo di nuovo. Lei avrebbe avuto il controllo. I flussi balzarono da lei prima che si rendesse conto di cosa stava facendo.
Androl cadde in ginocchio, la mano che spazzava il tavolo mentre gettava indietro la testa, buttando a terra attrezzi e pezzi di cuoio. Rantolò. «Cos’hai fatto?»
«Taim ha detto che potevamo scegliere qualunque di voi» borbottò Pevara nel rendersi conto di quello che aveva fatto. L’aveva vincolato. In un certo senso, l’inverso di quello che lui aveva fatto a lei. Cercò di calmare il suo cuore martellante. Una consapevolezza di lui le sbocciò in fondo alla mente, come quello che avevano conosciuto nel circolo, ma in qualche modo più personale. Più intima.
«Taim è un mostro!» ringhiò Androl. «Lo sai. Lo prendi in parola su quello che puoi fare e lo fai senza il mio permesso?»
«Io... io...»
Androl serrò la mascella e Pevara percepì immediatamente qualcosa. Qualcosa di alieno, qualcosa di strano. Pareva come guardare sé stessa. Percepire le proprie emozioni rimandate su di lei in un ciclo continuo.
L’io di Pevara si fuse con quello di Androl per quella che sembrò un’eternità. Seppe cosa voleva dire essere lui, avere i suoi pensieri. Vide la sua vita in un batter d’occhio, venne assorbita dai suoi ricordi. Annaspò e cadde in ginocchio di fronte a lui.
La sensazione sbiadì. Non del tutto ma sbiadì. Era stato come nuotare per cento leghe nell’acqua bollente ed emergere solo ora, avendo dimenticato com’era provare delle sensazioni normali.
«Luce...» sussurrò Pevara. «Cos’è stato?»
Androl giaceva supino. Quando era caduto? Sbatté le palpebre, lo sguardo rivolto al soffitto. «Ho visto uno degli altri farlo. Alcuni degli Asha’man vincolano le loro mogli.»
«Tu mi hai vincolato?» domandò Pevara, atterrita.
Androl gemette, rotolando dall’altra parte. «Sei stata tu a farlo per prima.»
Pevara, con orrore, si rese conto che poteva ancora percepire le emozioni di Androl. Il suo io. Poteva perfino comprendere parte di ciò che stava pensando. Non i pensieri veri e propri, ma loro impressioni.
Lui era confuso, preoccupato e.... incuriosito. Era incuriosito da quella nuova esperienza. Sciocco!
Pevara aveva sperato che in qualche modo i due legami si sarebbero cancellati a vicenda. Non l’avevano fatto. «Dobbiamo fermare questo» disse. «Ti lascerò andare. Lo giuro. Solo... solo lascia andare me.»
«Non so come» disse lui, mettendosi in piedi e prendendo respiri profondi. «Mi dispiace.»
Stava dicendo la verità. «Il circolo è stata una pessima idea» disse lei. Lui le offrì una mano per aiutarla ad alzarsi. Pevara lo fece da sé, senza accettarla.
«Credo che sia stata una tua pessima idea prima di essere mia.»
«Proprio così» ammise lei. «Non è stata la prima, ma può darsi che sia la peggiore.» Si sedette. «Dobbiamo riflettere su questo. Trovare un modo di...»
La porta della bottega di Androl si aprì con uno schianto.
Androl ruotò e Pevara abbracciò la Fonte. Androl aveva afferrato in una mano uno scanalatore per punti da usare come arma. Aveva anche afferrato l’Unico Potere. Pevara poteva percepire quella forza fusa dentro di lui: debole, a causa della sua mancanza di talento, come un unico piccolo getto di magma, ma comunque calda e ardente. Poteva percepire anche il suo stupore. Perdo per Androl era lo stesso che per lei. Trattenere l’Unico Potere dava la stessa sensazione di aprire gli occhi e vedere il mondo per la prima volta.
Per fortuna, non serviva né un’arma né l’Unico Potere. Sulla soglia c’era il giovane Evin, con gocce di pioggia che gli colavano dai lati della faccia. Chiuse la porta e si precipitò al banco da lavoro di Androl.
«Androl, è....» Si immobilizzò nel vedere Pevara.
«Eviri» disse Androl. «Sei solo.»
«Ho lasciato Nalaam a fare la guardia» disse lui, con il fiatone. «Era importante, Androl.»
«Non dobbiamo mai essere soli, Evin» disse Androl. «Mai. Sempre a coppie. Qualunque sia l’emergenza.»
«Lo so, lo so» disse Evin. «Sono spiacente. È solo che... la notizia, Androl.» Lanciò un’occhiata a Pevara.
«Parla» disse Androl.
«Welyn e la sua Aes Sedai sono tornati» disse Evin.
Pevara poté percepire l’improvvisa tensione di Androl. «E.... uno di noi, ancora?»
Evin scosse il capo, nauseato. «E uno di loro. Probabilmente lo è anche Jenare Sedai. Non la conosco abbastanza bene da esserne certo. Welyn, però... i suoi occhi non sono più i suoi, e ora serve Taim.»
Androl si lasciò sfuggire un gemito. Welyn era stato dalla parte di Logain. Androl e gli altri avevano nutrito la speranza che, anche se Mezar era stato preso, Logain e Welyn fossero ancora liberi.
«Logain?» sussurrò Androl.
«Non è qui,» disse Evin «ma Androl, Welyn dice che Logain tornerà presto... e che si è incontrato con Taim e hanno riconciliato le loro differenze. Welyn promette che Logain verrà domani per dimostrarlo. Androl... è finita. Dobbiamo ammetterlo ora. L’hanno preso.»
Pevara poteva percepire l’assenso di Androl e il suo orrore. Rispecchiava quello che provava lei.
Aviendha si muoveva in silenzio per gli accampamenti bui.
Così tanti gruppi. Dovevano esserci almeno centomila persone radunate lì al Campo di Merrilor. Tutte in attesa. Come un respiro preso e trattenuto prima di un grande balzo.
Gli Aiel la videro, ma lei non si avvicinò. Gli abitanti delle terre bagnate non la notarono, tranne un Custode che la individuò mentre costeggiava l’accampamento delle Aes Sedai. Quel campo brulicava di movimento e attività. Era successo qualcosa, anche se lei ne colse solo dei frammenti. Un attacco di Trolloc da qualche parte?
Ascoltò quanto bastava per determinare che l’attacco era nell’Andor, nella città di Caemlyn. Circolava la preoccupazione che i Trolloc lasciassero la città e si scatenassero per il territorio.