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Le serviva sapere di più; stanotte le lance sarebbero state danzate? Forse Elayne avrebbe condiviso le notizie con lei. Aviendha si allontanò silenziosa dall’accampamento delle Aes Sedai. Camminare piano in queste terre umide, con le loro piante rigogliose, presentava sfide diverse rispetto alla Triplice Terra. Lì il terreno asciutto era spesso polveroso, cosa che poteva ovattare i passi. Qui un ramoscello secco poteva essere sepolto inspiegabilmente sotto erba umida.

Cercò di non pensare a quanto sembrava morta quell’erba. Una volta avrebbe considerato rigogliosi questi fili bruni. Ora sapeva che queste piante delle terre bagnate non avrebbero dovuto avere un aspetto così smorto... e vuoto.

Piante vuote. Cosa le veniva in mente? Scosse il capo e procedette furtiva tra le ombre fuori dall’accampamento delle Aes Sedai. Meditò brevemente se tornare indietro di soppiatto per sorprendere quel Custode — si era nascosto in una fenditura ricoperta di muschio tra le macerie di un vecchio edificio crollato e stava controllando il perimetro delle Aes Sedai — ma scartò quell’idea. Voleva arrivare da Elayne e chiederle i dettagli dell’attacco.

Aviendha si avvicinò a un altro campo indaffarato, accucciata sotto i rami spogli di un albero — non sapeva di che tipo, ma i rami si estendevano ampi e alti — e scivolò all’interno del perimetro di guardia. Un paio di abitanti delle terre bagnate in bianco e rosso erano di ‘guardia’ vicino a un fuoco. Non la notarono minimamente, anche se balzarono su e spianarono le loro alabarde verso un cespuglio a più di trenta piedi di distanza quando un animale lo fece frusciare.

Aviendha scosse il capo e li superò.

Avanti. Doveva continuare ad avanzare. Cosa fare con Rand al’Thor? Quali erano i suoi progetti per l’indomani? Quelle erano altre domande che voleva porre a Elayne.

Gli Aiel avevano bisogno di uno scopo una volta che Rand al’Thor avesse terminato con loro. Quello le era chiaro dalle visioni. Doveva trovare un modo per dare loro questo. Forse sarebbero dovuti tornare alla Triplice Terra. Ma... no. No. Le straziava il cuore, ma doveva ammettere che, se gli Aiel l’avessero fatto, avrebbe significato andare nelle loro tombe. La loro morte come popolo poteva non essere immediata, ma sarebbe giunta. Il mondo che cambiava, con nuovi marchingegni e nuovi modi di combattere, avrebbe sopraffatto gli Aiel, e i Seanchan non li avrebbero mai lasciati in pace. Non con donne capaci di incanalare. Non con eserciti pieni di lance che potevano invaderli in qualunque momento.

Una pattuglia si avvicinò. Aviendha prese da terra della vegetazione bruna e se la mise addosso per mimetizzarsi, poi si appiattì accanto a un cespuglio morto e rimase perfettamente immobile. Le guardie passarono a due spanne da lei.

Potremmo attaccare i Seanchan ora, pensò. Nella mia visione, gli Aiel attendevano quasi una generazione per attaccare... e questo permetteva ai Seanchan di rafforzare la loro posizione.

Gli Aiel parlavano già dei Seanchan e dell’inevitabile conflitto futuro. Tutti mormoravano che i Seanchan l’avrebbero fomentato. Tranne che, nella sua visione, erano passati anni senza che i Seanchan attaccassero. Perché? Cosa mai poteva averli trattenuti?

Aviendha si alzò e attraversò furtiva il sentiero preso dalle guardie. Tirò fuori il coltello e lo conficcò nel terreno. Lo lasciò lì, proprio accanto a una lanterna su un’asta, chiaramente visibile perfino agli occhi di un abitante delle terre bagnate. Poi scivolò di nuovo nella notte, nascondendosi vicino alla parte posteriore della grossa tenda che costituiva il suo obiettivo.

Si accucciò ed esercitò il respiro silenzioso, sfruttandone il ritmo per calmarsi. C’erano voci sommesse e agitate all’interno della tenda. Aviendha fece del suo meglio per non prestare attenzione a cosa stavano dicendo. Non sarebbe stato corretto origliare.

Mentre la pattuglia passò di nuovo, si alzò in piedi. Quando urlarono per aver trovato il suo pugnale, Aviendha sgattaiolò sul davanti della tenda. Lì, evitando l’attenzione delle guardie distratte dal trambusto, sollevò il lembo dietro di loro ed entrò.

Alcune persone erano sedute a un tavolo dal lato opposto della grandissima tenda, strette in cerchio attorno a una lampada. Erano così occupate con la loro conversazione che non si accorsero di lei, così Aviendha si sistemò vicino ad alcuni cuscini per aspettare.

Era molto difficile non ascoltare, adesso che era così vicina.

«... dobbiamo rimandare lì le nostre truppe!» sbraitò un uomo. «La caduta della capitale è un simbolo, maestà. Un simbolo!. Non possiamo abbandonare Caemlyn, altrimenti l’intera nazione piomberà nel caos.»

«Sottovaluti la forza del popolo andorano» disse Elayne. Pareva avere il controllo della situazione ed essere molto forte, con i capelli rosso-dorati che praticamente brillavano alla luce della lampada. Diversi dei suoi ufficiali militari erano in piedi dietro di lei, cosa che conferiva a quell’incontro autorità e un senso di stabilità. Aviendha fu lieta di vedere il fuoco negli occhi della sua sorella-prima.

«Sono stata a Caemlyn, Lord Lir» continuò Elayne. «E ho lasciato lì una piccola truppa di soldati di guardia, perché ci avvertano se i Trolloc lasceranno la città. Le nostre spie useranno passaggi per intrufolarsi per la città e trovare dove i Trolloc rimasti stanno radunando i prigionieri, poi potremo organizzare operazioni di salvataggio se i Trolloc continueranno a tenere la città.»

«Ma la città stessa!» esclamò Lord Lir.

«Caemlyn è perduta, Lir» sbottò Lady Dyelin. «Saremmo sciocchi se cercassimo di lanciare qualunque tipo di assalto ora.»

Elayne annuì. «Mi sono incontrata con gli altri Sommi Signori e loro sono d’accordo con la mia valutazione. Per adesso, i profughi che sono fuggiti sono al sicuro: li ho mandati lungo la strada verso Whitebridge con delle guardie. Se ci sono persone vive dentro la città, cercheremo di salvarle con dei passaggi, ma non impegnerò le mie forze in un attacco totale alle mura di Caemlyn.»

«Ma...»

«Riprendere la città non servirebbe a nulla» disse Elayne, la sua voce dura. «So benissimo quanti danni possono essere inflitti a un esercito che assalta quelle mura! L’Andor non cadrà per la perdita di una città, a prescindere da quanto sia importante.» Il suo volto era una maschera, la sua voce fredda come acciaio buono.

«Prima o poi i Trolloc lasceranno la città» continuò Elayne. «Non ottengono nulla a tenerla: se non altro, moriranno di fame. Una volta che se ne saranno andati, potremo combatterli, e su un terreno molto più propizio. Se desideri, Lord Lir, puoi visitare la città tu stesso e accertarti che ciò che dico è vero. I soldati lì potrebbero aver bisogno dell’ispirazione di un Sommo Signore.»

Lir si accigliò, ma annuì. «Penso che lo farò.»

«Allora vai, sapendo il mio piano. Inizieremo inviando degli esploratori prima che la notte sia finita, cercando di trovare recinti di civili da salvare, e Aviendha, nel nome della palla sinistra di una dannata capra, cosa stai facendo!»

Aviendha, che si stava regolando le unghie con il suo secondo coltello, alzò lo sguardo. Palla sinistra di una dannata capra? Questa era nuova. Elayne conosceva sempre le imprecazioni più interessanti.

I tre Sommi Signori al tavolo balzarono in piedi, scattando, gettando a terra le sedie e allungando le mani verso le spade. Elayne rimase seduta al suo posto, occhi e bocca spalancati.

«E una brutta abitudine» ammise Aviendha, facendo scivolare nuovamente il coltello nel suo stivale. «Avevo le unghie troppo lunghe, ma non avrei dovuto farlo nella tua tenda, Elayne. Mi dispiace. Spero di non averti offeso.»

«Non sto parlando delle tue maledette unghie, Aviendha» disse Elayne. «Come... quando sei arrivata? Perché le guardie non ti hanno annunciato?»

«Non mi hanno visto» disse Aviendha. «Non volevo creare agitazione, e gli abitanti delle terre bagnate possono essere suscettibili. Pensavo che avrebbero potuto mandarmi via, ora che sei Regina.» Sorrise nel dire l’ultima parte. Elayne aveva molto onore; il modo di diventare un capo tra gli abitanti delle terre bagnate era diverso da quelli abituali — le cose potevano essere così al rovescio lì — ma Elayne si era comportata molto bene e aveva ottenuto il suo trono. Aviendha era orgogliosa come se si trattasse di una sorella di lancia che aveva preso come gai’shain un capoclan.