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Pevara percepì il suo divertimento. Ora capiva come lei prendeva il controllo della conversazione. E.... divertimento a parte, sembrava davvero impressionato. Stava pensando che gli occorreva imparare a fare quello che faceva lei.

La porta interna della stanza si aprì con un cigolio e Leish guardò dentro. Era una donna canuta, rotonda e simpatica, una strana accoppiata per l’imbronciato Asha’man Canler, a cui era sposata. Annuì a Pevara, indicando che era passata mezz’ora, poi chiuse la porta. Si diceva che Canler avesse vincolato quella donna, rendendola qualche specie di... cosa? Custode femmina?

Con questi uomini era tutto rovesciato. Pevara supponeva di poter comprendere il motivo nel vincolare il proprio coniuge, anche solo per avere il conforto di sapere dove si trovava l’altro, ma usare il legame in un modo tanto ordinario le sembrava sbagliato. Era una cosa per Aes Sedai e Custodi, non per mogli e mariti.

Androl la fissò, evidentemente cercando di capire cosa stava pensando Pevara, anche se quei pensieri erano tanto complessi da creargli problemi. Un uomo davvero singolare, questo Androl Genhald. Come riusciva a mescolare a tal punto determinazione e diffidenza, come due fili intrecciati? Faceva quello che andava fatto, preoccupandosi nel frattempo che non spettasse a lui farlo.

«Nemmeno io capisco me stesso» disse lui.

Era anche irritante. Come aveva fatto a diventare così bravo a capire cosa stava pensando Pevara? Lei doveva ancora setacciare attentamente per intuire i suoi pensieri.

«Puoi pensarlo di nuovo?» chiese Androl. «Non l’ho afferrato.»

«Idiota» borbottò Pevara.

Androl sorrise, poi scrutò di nuovo sopra il davanzale.

«Non è il momento» disse Pevara.

«Ne sei certa?»

«Sì» disse lei. «E se continui a sbirciare, potresti spaventarlo quando arriverà davvero.»

Androl si riaccucciò malvolentieri.

«Ora» disse Pevara. «Quando arriverà, devi lasciarmi prendere il comando.»

«Dovremmo collegarci.»

«No.» Pevara non si sarebbe messa di nuovo nelle sue mani. Non dopo quello che era successo la scorsa volta. Rabbrividì e Androl la guardò.

«Ci sono ottime ragioni per non collegarci» continuò. «Non intendo insultarti, Androl, ma la tua capacità non è abbastanza grande da renderlo fruttuoso. Meglio che rimaniamo separati. Devi accettarlo. Su un campo di battaglia, cosa preferiresti avere? Un soldato? O due — con uno leggermente meno capace — che puoi inviare per compiti e doveri differenti?»

Lui ci pensò su, poi sospirò. «Bene, d’accordo. Dici cose sensate, stavolta.»

«Dico sempre cose sensate» replicò lei, alzandosi. «È il momento. Sta’ pronto.»

I due si misero ai lati della porta che conduceva fuori nel vicolo. Era socchiusa intenzionalmente, con il robusto lucchetto all’esterno lasciato a penzolare come se qualcuno si fosse dimenticato di chiuderlo.

Attesero in silenzio, e Pevara iniziò a preoccuparsi che i suoi calcoli fossero sbagliati. Androl si sarebbe fatto una bella risata per quello e....

La porta si aprì del tutto. Dobser fece capolino dentro, attirato dallo sbrigativo commento di Evin sull’aver sgraffignato una bottiglia di vino dalla stanza sul retro dopo aver scoperto che Leish si era dimenticata di mettere il lucchetto alla porta. Stando ad Androl, Dobser era un noto beone, e Taim lo aveva picchiato fino a farlo svenire più di una volta per essersi dato al vino.

Pevara poteva avvertire la reazione di Androl nei confronti dell’uomo. Tristezza. Una tristezza profonda, devastante. Dobser aveva l’oscurità in fondo agli occhi.

Pevara colpì rapidamente, legando Dobser con Aria e schiaffando uno schermo tra l’uomo ignaro e la Fonte. Androl sollevò un randello, ma non era necessario. Dobser sgranò gli occhi mentre veniva alzato in aria; Pevara si mise le mani dietro la schiena, osservandolo con occhio critico.

«Sei certa di questo?» chiese Androl piano.

«Comunque ora è troppo tardi» replicò Pevara, legando i flussi di Aria. «I resoconti sembrano concordare. Più una persona era votata alla Luce prima di essere presa, più sarà votata all’Ombra dopo la caduta. E così...»

E così quest’uomo, che era sempre stato piuttosto tiepido, sarebbe dovuto essere più facile da spezzare, corrompere o convertire degli altri. Quello era importante, dal momento che i lacchè di Taim probabilmente si sarebbero resi conto di quello che era successo non appena...

«Dobser?» chiese una voce. Due figure oscurarono la soglia. «Hai il vino? Non serve sorvegliare il davanti; la donna non è....»

Pevara reagì all’istante, gettando flussi verso i due uomini mentre formava un filamento di Spirito. Quelli respinsero i suoi tentativi di schermarli — era duro frapporre uno schermo tra la Fonte e una persona che tratteneva l’Unico Potere — ma i suoi bavagli andarono a posto e bloccarono le loro urla.

Pevara avvertì Aria avvolgerlesi attorno e uno schermo che cercava di insinuarsi tra lei e la Fonte. Scagliò in fuori il filamento di Spirito, indovinando dove dovevano essere i flussi e tagliandoli.

Leems barcollò all’indietro con aria sorpresa quando i suoi flussi svanirono. Pevara si gettò in avanti, intessendo un altro schermo e schiantandolo tra lui e la Fonte mentre andava a sbattergli contro, gettandolo all’indietro contro il muro. Quella distrazione funzionò, e il suo schermo lo tagliò fuori dall’Unico Potere.

Lanciò un secondo schermo verso Welyn, ma lui la colpì con i propri filamenti di Aria. Quelli la scagliarono all’indietro per la stanza. Pevara intessé Aria mentre sbatteva contro la parete con un grugnito. La sua vista ondeggiò, ma mantenne la presa su quel singolo filamento e, per istinto, scagliandolo in avanti, afferrò il piede di Welyn che stava cercando di correre fuori dall’edificio.

Pevara avvertì il terreno tremare per la caduta di qualcuno. Lui era inciampato, vero? Era frastornata e non riusciva a vedere bene.

Si mise a sedere, dolorante dappertutto, ma si aggrappò ai filamenti di Aria che aveva intessuto come bavagli. Se li avesse lasciati andare, gli uomini di Taim avrebbero potuto gridare. Se l’avessero fatto, lei sarebbe morta. Sarebbero morti tutti. O peggio.

Scacciò via lacrime di dolore dagli occhi e scoprì Androl in piedi sopra i due Asha’man, randello in mano. Pareva che li avesse tramortiti entrambi, non fidandosi di schermi che non poteva vedere. Era un bene, dal momento che il suo secondo schermo non era andato al suo posto. Ve lo mise ora.

Dobser era ancora sospeso dove l’aveva messo, i suoi occhi ora più sgranati. Androl guardò Pevara. «Luce!» disse. «Pevara, è stato incredibile. Hai sconfitto due Asha’man, praticamente da sola!»

Lei sorrise dalla soddisfazione e, un po’ intontita, prese la mano di Androl, lasciando che la aiutasse a rimettersi in piedi. «Cosa pensavi che facesse l’Ajah Rossa con il suo tempo, Androl? Che ce ne stessimo sedute a lamentarci degli uomini? Ci esercitiamo a combattere altri incanalatoli.»

Percepì il rispetto di Androl mentre lui si occupava di trascinare Welyn dentro l’edificio e chiudere la porta, poi controllare le finestre per accertarsi che nessuno li avesse visti. Chiuse rapidamente le imposte, poi incanalò per creare una luce.

Pevara trasse un respiro, poi sollevò una mano e si stabilizzò contro il muro.

Androl alzò lo sguardo bruscamente. «Dobbiamo portati da uno degli altri per essere Guarita.»

«Starò bene» disse lei. «Ho solo preso una botta in testa che fa tremolare la stanza. Passerà.»

«Fammi vedere» disse Androl avvicinandosi, la sua luce che fluttuava accanto a lui. Pevara gli concesse di armeggiare controllandole gli occhi e tastandole la testa in cerca di bernoccoli. Spostò la luce più vicino agli occhi di lei. «Ti fa male guardare questa?»

«Sì» ammise lei, distogliendo lo sguardo.

«Nausea?»

«Un poco.»

Androl borbottò, poi si tolse di tasca un fazzoletto e ci versò un po’ d’acqua dalla sua fiasca. Assunse un’espressione concentrata e la sua luce si spense. Il fazzoletto crepitò piano e, quando glielo porse, era congelato. «Tienilo contro la ferita» disse. «Dimmi se inizi a sentirti sonnolenta. Potrebbe peggiorare se ti addormenti.»