«Sei preoccupato per me?» chiese lei divertita, facendo come diceva.
«Sto solo... cos’è che mi hai detto prima? ‘Tenendo d’occhio le nostre risorse’?»
«Ne sono certa» disse Pevara, premendo il fazzoletto ghiacciato contro la testa. «Dunque conosci anche la medicina da campo?»
«Ho fatto da apprendista presso la Donna Sapiente di una cittadina, una volta» disse distrattamente mentre si inginocchiava per legare gli uomini svenuti. Pevara fu lieta di poter lasciar andare i flussi di Aria su di loro, anche se mantenne gli schermi.
«Una Donna Sapiente ha preso un apprendista maschio?»
«Non all’inizio» disse Androl. «È.... una lunga storia.»
«Eccellente: una lunga storia mi impedirà di addormentarmi finché gli altri non ci raggiungeranno.» A Emarin e gli altri era stato detto di andare a farsi vedere, per creare un alibi al gruppo, nel caso in cui la scomparsa di Dobser fosse stata notata.
Androl la fissò, ricreando la sua luce. Poi scrollò le spalle, continuando il suo lavoro. «Iniziò quando persi un amico per colpa delle febbri durante una battuta di pesca ai lucci al largo di Mayene. Quando tonai sulla terraferma, cominciai a pensare che avremmo potuto salvare Sayer se qualcuno di noi avesse saputo cosa fare. Così andai in cerca di qualcuno che potesse insegnarmi...»
4
Vantaggi di un legame
«E quella fu la fine» disse Pevara, sedendosi contro la parete.
Androl poteva sentire le sue emozioni. Erano seduti nel magazzino dove avevano combattuto gli uomini di Taim, aspettando Emarin, che affermava di poter far parlare Dobser. Androl stesso aveva poche capacità negli interrogatori. L’odore di grano era diventato un lezzo rancido. Si guastava all’improvviso, a volte.
Pevara era diventata silenziosa, sia dentro che fuori, dopo aver parlato dell’omicidio della sua famiglia a opera di amici di lunga data.
«Li odio ancora» disse. «Posso pensare alla mia famiglia senza soffrire, ma gli Amici delle Tenebre... io li odio. Almeno ho un po’ di vendetta, dal momento che di sicuro il Tenebroso non li ha difesi. Hanno passato tutte le loro vite a seguirlo, sperando in un posto nel suo nuovo mondo, solo per ritrovarsi con l’avvento dell’Ultima Battaglia molto tempo dopo la loro morte. Suppongo che non sia meglio per quelli che vivono ora. Una volta che avremo vinto l’Ultima Battaglia, lui avrà le loro anime. Spero che la loro punizione duri a lungo.»
«Sei così sicura che vinceremo?» chiese Androl.
«Certo che vinceremo. Non è una domanda, Androl. Non possiamo permetterci di renderla tale.»
Lui annuì. «Hai ragione. Continua.»
«Non c’è altro da dire. Strano raccontare la storia dopo tutti questi anni. Per parecchio tempo, non riuscii a parlarne.»
Un silenzio calò sulla stanza. Dobser era appeso nei suoi lacci, fronte al muro, le orecchie otturate dai flussi di Pevara. Gli altri due erano ancora incoscienti. Androl li aveva colpiti forte e intendeva assicurarsi che non si svegliassero presto.
Pevara li aveva schermati, ma non poteva certo mantenere tre schermi allo stesso tempo se gli uomini avessero cercato di liberarsi. Di solito le Aes Sedai usavano più di una sorella per trattenere un uomo. Trattenerne tre sarebbe stato impossibile per un’unica incanalatrice, forte o no. Poteva legare quegli schermi, ma Taim aveva fatto esercitare gli Asha’man su come sfuggire a uno schermo legato.
Sì, meglio assicurarsi che gli altri due non si svegliassero. Per quanto sarebbe stato utile semplicemente tagliar loro la gola, lui non ne aveva il coraggio. Invece mandò un minuscolo filamento di Spirito e Aria a toccare ciascuna delle loro palpebre. Dovette usare un unico flusso, e debole, ma riuscì a toccare tutti i loro occhi. Se le palpebre si fossero socchiuse un poco, l’avrebbe saputo. Sarebbe dovuto bastare.
Pevara stava ancora pensando alla sua famiglia. Aveva raccontato la verità: odiava gli Amici delle Tenebre. Tutti quanti. Era un odio misurato, non fuori controllo, ma era comunque forte dopo tutti questi anni.
Androl non l’avrebbe sospettato in questa donna che pareva sorridere così spesso. Poteva percepire che provava dolore. E, stranamente, che si sentiva... sola.
«Mio padre si uccise» disse Androl, senza averne davvero l’intenzione.
Lei lo guardò.
«Per anni mia madre finse che si fosse trattato di un incidente» continuò Androl. «Lo fece nei boschi, balzando giù da un dirupo. Si era seduto con lei la notte prima e le aveva spiegato cosa aveva intenzione di fare.»
«Lei non cercò di fermarlo?» chiese Pevara, sbigottita.
«No» disse Androl. «Solo pochi anni prima che lei trovasse l’ultimo abbraccio della Madie, riuscii a cavarle qualche risposta. Era spaventata da lui. Quello per me fu una sorpresa: era sempre stato così gentile. Cos’era cambiato in quegli ultimi anni da indurla a temerlo?» Androl si voltò verso Pevara. «Mia madre disse che vedeva cose nelle ombre. Che aveva cominciato a impazzire.»
«Ah...»
«Mi hai chiesto perché sono venuto alla Torre Nera. Volevi sapere perché ho chiesto di essere messo alla prova. Be’, ciò che sono risponde a una domanda per me. Mi dice chi era mio padre e perché fece quello che sentiva di dover fare.
«Posso vederne i segni ora. I nostri affari andavano troppo bene. Mio padre poteva trovare cave di pietra e vene di metallo dove nessun altro ci riusciva. Le persone lo ingaggiavano per trovare depositi preziosi per loro. Era il migliore. Misteriosamente capace. Riuscii... a vederlo in lui alla fine, Pevara. Avevo solo dieci anni, ma mi ricordo. La paura nei suoi occhi. Conosco quella paura adesso.» Esitò. «Mio padre balzò giù da quel dirupo per salvare le vite della sua famiglia.»
«Mi dispiace» disse Pevara.
«Sapere cosa sono, cos’era lui, aiuta.»
Aveva ricominciato a piovere, grosse gocce che colpivano le finestre come ciottoli. La porta del magazzino si aprì e finalmente Emarin sbirciò dentro. Vide Dobser appeso lì e parve sollevato. Poi vide gli altri due e trasalì. «Cosa avete fatto?»
«Quello che andava fatto» disse Androl alzandosi in piedi. «Perché ci hai messo così tanto?»
«Ho quasi iniziato un altro scontro con Coteren» disse Emarin, ancora fissando i due Asha’man prigionieri. «Penso che ci rimanga poco tempo, Androl. Non abbiamo lasciato che ci provocassero, ma Coteren pareva irritato... molto più del solito. Non penso che ci tollereranno ancora per molto.»
«Be’, questi prigionieri ci mettono comunque di fronte a un conto alla rovescia» disse Pevara, spostando Dobser per far spazio a Emarin. «Pensi davvero di riuscire a far parlare quest’uomo? Ho cercato di interrogare Amici delle Tenebre in precedenza. Possono essere difficili da incrinare.»
«Ah,» disse Emarin «ma questo non è un Amico delle Tenebre. Questo è Dobser.»
«Non penso che sia davvero lui» disse Androl, esaminando l’uomo che penzolava dai legacci. «Non riesco ad accettare che qualcuno possa essere costretto a servire il Tenebroso.»
Poteva percepire il disaccordo di Pevara: lei pensava davvero che fosse successo questo. Chiunque fosse in grado di incanalare poteva essere Convertito, aveva spiegato. I testi antichi ne parlavano.
Quell’idea faceva venire ad Androl voglia di vomitare. Costringere qualcuno a essere malvagio? Non sarebbe dovuto essere possibile. Il destino muoveva le persone e le metteva in posizioni terribili, al costo delle loro vite e a volte della loro sanità mentale. Ma la scelta di servire il Tenebroso o la Luce... di sicuro quella scelta non poteva essere sottratta a una persona.
Per Androl l’ombra che vedeva dietro gli occhi di Dobser era una prova sufficiente. L’uomo che aveva conosciuto era scomparso, ucciso, e qualcos’altro — qualcosa di malvagio — era stato messo nel suo corpo. Una nuova anima. Doveva trattarsi di quello.