Выбрать главу

Una vita come quella di Androl — poteva indicare un uomo che non si impegnava o che era insoddisfatto, ma poteva indicare anche qualcos’altro: un uomo che cercava. Un uomo che sapeva che la vita che desiderava esisteva là fuori. Doveva solo trovarla.

«Ti insegnano ad analizzare le persone a quel modo, nella Torre Bianca?» le sussurrò Androl nel fermarsi accanto a una soglia e far entrare il suo globo di luce, facendo poi cenno agli altri di seguirlo.

No, trasmise lei, cercando di esercitare quel metodo di comunicazione per rendere più facili i suoi pensieri. E qualcosa che una donna impara dopo il suo primo secolo di vita.

Lui le trasmise un divertimento inquieto. Superarono una serie di stanze non terminate, tutte prive di copertura, prima di raggiungere una sezione dove la terra non era stata smossa. Qui alcuni barili contenevano pece, ma erano stati spostati da una parte e le assi su cui solitamente posavano erano state tirate via. Lì nel terreno si apriva una fossa. L’acqua scorreva giù oltre il bordo, nell’oscurità. Androl si inginocchiò e si mise in ascolto, poi annuì agli altri prima di scivolarvi dentro. Un secondo più tardi giunse il suo schizzo.

Pevara lo seguì, cadendo solo per pochi piedi. L’acqua era fredda, ma lei era già fradicia. Androl si ingobbì, facendo strada sotto una sporgenza di terra, poi si rialzò dall’altra parte. Il suo piccolo globo di luce rivelò un cunicolo. Qui era stato scavato un canale per contenere l’acqua piovana. Pevara valutò che si erano trovati proprio lì sopra quando avevano eliminato le guardie.

Dobser aveva ragione, trasmise mentre gli altri sciaguattavano con un tonfo dietro di loro. Taim sta costruendo stanze e cunicoli segreti.

Attraversarono il canale e continuarono. A poca distanza lungo il cunicolo raggiunsero un’intersezione dove le pareti di terra erano puntellate come i condotti di una miniera. I cinque si radunarono lì, guardando in una direzione e poi nell’altra. Due strade.

«Questa è inclinata verso l’alto» bisbigliò Emarin, indicando a sinistra. «Forse verso un altro ingresso a questi cunicoli?»

«Probabilmente dovremmo spostarci più in profondità» disse Nalaam. «Non pensate?»

«Sì» disse Androl, umettandosi un dito e saggiando l’aria. «Il vento soffia a destra. Andremo prima da quella parte. State attenti. Ci saranno altre guardie.»

Il gruppo scivolò più avanti lungo i cunicoli. Da quanto tempo Taim lavorava a questo complesso? Non sembrava molto esteso — non superarono altre diramazioni — ma era comunque impressionante.

Androl si fermò all’improvviso e gli altri si arrestarono con lui. Una voce borbottante riecheggiò per il cunicolo, troppo bassa perché potessero distinguere le parole, accompagnate da una luce tremolante sulle pareti. Pevara abbracciò la Fonte e preparò dei flussi. Se avesse incanalato, qualcuno nelle fondamenta se ne sarebbe accorto? Era evidente che anche Androl esitava; incanalare di sopra, per uccidere le guardie, era già stato abbastanza sospetto. Se gli uomini di Taim quaggiù avessero percepito l’utilizzo dell’Unico Potere...

La figura si stava avvicinando, la luce che l’illuminava.

Pevara avvertì un cigolio accanto a lei, quando Jonneth tese il suo arco dei Fiumi Gemelli a cui aveva rimesso la corda. Nel cunicolo c’era a malapena lo spazio sufficiente. Scagliò con uno schiocco, l’aria che fischiava. Il borbottio si interruppe e la luce cadde.

Il gruppo si precipitò in avanti, trovando Coteren a terra, gli occhi fissi verso l’alto, vitrei, la freccia che gli trapassava il petto. La sua lanterna bruciava discontinua sul terreno accanto a lui. Jonneth recuperò la freccia, poi la ripulì sugli abiti del morto. «Ecco perché porto comunque un arco, dannato figlio di una capra.»

«Qui» disse Emarin, indicando una spessa porta di legno. «Coteren la stava sorvegliando.»

«Preparatevi» sussurrò Androl, poi la aprì con uno spintone. Al di là trovarono una fila di rozze celle costruite nella parete di terra, ciascuna poco più di un bugigattolo coperto scavato nella parete, con una porta incassata nell’apertura. Pevara sbirciò dentro una, ma era vuota. La cella non aveva spazio sufficiente perché un uomo potesse starci in piedi, e la stanza non era illuminata. Essere rinchiusi lì dentro avrebbe significato restare intrappolati al buio, compressi in uno spazio simile a una tomba.

«Luce!» disse Nalaam. «Androl! E qua dentro. E Logain!»

Gli altri si precipitarono a unirsi a lui, e Androl forzò la serratura della porta con mano sorprendentemente abile. Aprirono la porta della cella e Logain rotolò fuori con un gemito. Aveva un aspetto orribile, ricoperto di sporcizia. Una volta quei riccioli scuri e quel volto forte potevano averlo reso bello. Sembrava debole come un mendicante.

Tossì, poi si mise in ginocchio con l’aiuto di Nalaam. Androl si inginocchiò immediatamente, ma non come segno di rispetto. Guardò Logain negli occhi mentre Emarin dava la sua fiasca al capo degli Asha’man perché bevesse.

Ebbene? chiese Pevara.

È lui, pensò Androl con un’ondata di sollievo che si trasmetteva tramite il legame. E ancora lui.

L’avrebbero lasciato andare se lo avessero Convertito, rispose Pevara, sempre più a suo agio con questo metodo di comunicazione.

Forse. A meno che non sia una trappola. «Mio signore Logain.»

«Androl.» La voce di Logain era roca. «Jonneth. Nalaam. E una Aes Sedai?» Esaminò Pevara. Per un uomo che apparentemente aveva patito giorni, forse settimane di prigionia, sembrava decisamente lucido. «Mi ricordo di te. Di che Ajah sei, donna?»

«Ha importanza?» ribatté lei.

«Molta» disse Logain, cercando di alzarsi in piedi. Era troppo debole, e Nalaam dovette sostenerlo. «Come mi avete trovato?»

«E una storia per quando saremo al sicuro, mio signore» disse Androl. Sbirciò fuori dalla porta. «Muoviamoci. Abbiamo ancora una notte difficile davanti a noi. Io...»

Androl si immobilizzò, poi chiuse la porta di schianto.

«Cosa c’è?» chiese Pevara.

«Qualcuno sta incanalando» disse Jonneth. «Qualcuno di potente.»

Urla, smorzate dalla porta e dalle pareti di terra, risuonarono fuori nel cunicolo.

«Qualcuno ha trovato le guardie» disse Emarin. «Mio signore Logain, riesci a combattere?»

Logain cercò di stare in piedi da solo, poi si afflosciò di nuovo. Il suo volto assunse un’espressione determinata, ma Pevara poteva percepire il disappunto di Androl. A Logain era stata somministrata la radice biforcuta: o quello, oppure era semplicemente troppo spossato per incanalare. Non c’era da sorprendersi. Pevara aveva visto donne in condizioni migliori di queste troppo esauste per abbracciare la Fonte.

«Indietro!» gridò Androl, spostandosi dal lato della porta, contro la parete di terra. La porta esplose in un flusso di Fuoco e distruzione.

Pevara non attese che le macerie si posassero; intessé Fuoco e scagliò una colonna di distruzione lungo il corridoio al di là. Sapeva che stava affrontando degli Amici delle Tenebre o peggio. I Tre Giuramenti non la ostacolavano qui.

Udì delle urla, ma qualcosa deviò il Fuoco. Immediatamente uno schermo cercò di frapporsi tra lei e la Fonte. Lei lo ricacciò indietro, a malapena, e si tuffò di lato, il respiro affannoso.

«Chiunque sia, è forte» disse Pevara.

Una voce in lontananza impartì ordini che riecheggiarono peri cunicoli.

Jonneth si inginocchiò accanto a lei, arco in mano. «Luce, quella è la voce di Taim!»

«Non possiamo restare qui» disse Logain. «Androl. Un passaggio.»