«Basta» disse Rand, alzando un dito.
Roedran tacque immediatamente.
«Che la Luce mi folgori» disse Rand. «Non sei lui, vero?»
«Chi?» chiese Roedran.
Rand gli voltò le spalle, facendo un cenno agli Asha’man di ritirarsi. Lo fecero con riluttanza. «Ero certo...» disse Rand, scuotendo la testa. «Dove sei?»
«Chi?» chiese Roedran ad alta voce, quasi uno squittio.
Rand lo ignorò. I lembi del padiglione erano finalmente immobili: erano entrati tutti. «Dunque» disse Rand. «Siamo tutti qui. Grazie per essere venuti.»
«Non è che avessimo una dannata scelta» borbottò Gregorin. Aveva portato una manciata di nobili illianesi con sé come suoi cinque, tutti membri del Concilio dei Nove. «Eravamo stretti fra te e la Torre Bianca. Che la Luce ci folgori.»
«Ormai sapete» continuò Rand «che Kandor è caduta e che Caemlyn è stata presa dall’Ombra. Gli ultimi resti di Malkier sono sotto attacco al Passo di Tarwin. La fine è su di noi.»
«Allora perché ce ne stiamo qui, Rand al’Thor?» domandò Re Paitar dell’Arafel. All’uomo anziano restava solo un sottile nastro di capelli grigi in testa, ma aveva ancora le spalle larghe e un aspetto minaccioso. «Smettiamola con questa messinscena e andiamo al sodo, amico! E tempo di combattere.»
«Ti prometto che combatterai, Paitar» disse Rand piano. «Tutto quello che puoi sopportare e qualcosa di più. Tremila anni fa, incontrai le forze del Tenebroso in battaglia. Avevamo le meraviglie dell’Epoca Leggendaria, Aes Sedai capaci di fare cose che vi farebbero girare la testa, ter’angreal che consentivano alle persone di volare e le rendevano immuni ai colpi. Vincemmo a malapena. Ci avete riflettuto? Affrontiamo l’Ombra più o meno com’era allora, con Reietti che non sono invecchiati. Ma noi non siamo le stesse persone, nemmeno lontanamente.»
Sulla tenda calò il silenzio. I lembi si agitavano nella brezza.
«Cosa stai dicendo, Rand al’Thor?» chiese Egwene, incrociando le braccia. «Che siamo condannati?»
«Sto dicendo che abbiamo bisogno di elaborare un piano» disse Rand «e di presentare un fronte unito. Che l’ultima volta abbiamo combattuto male e ci è quasi costato l’intera guerra.
Ognuno di noi pensava di conoscere il modo migliore.» Incontrò gli occhi di Egwene. «A quei tempi, ogni uomo e donna si considerava il condottiero sul campo. Un esercito di generali. Quello fu il motivo per cui andammo così vicini alla sconfitta. Quello fu ciò che ci lasciò con la corruzione, la Frattura, la follia. Ne sono colpevole come chiunque. Forse il più colpevole.
«Non permetterò che accada di nuovo. Non salverò questo mondo solo perché si spezzi una seconda volta! Non morirò per le nazioni dell’umanità, solo perché si rivoltino le une contro le altre nel momento in cui l’ultimo Trolloc cadrà. Lo state tramando. Che la Luce mi folgori, so che lo state facendo.»
Sarebbe stato facile non notare le occhiate che Gregorin e Darlin si scoccavano, oppure il modo bramoso in cui Roedran osservava Elayne. Quali nazioni sarebbero state spezzate da questo conflitto e quali si sarebbero fatte avanti — per altruismo — ad aiutare i loro vicini? Quanto rapidamente quell’altruismo sarebbe diventato cupidigia, l’opportunità di ottenere un altro trono?
Molti dei governanti presenti erano persone oneste. Ci voleva più di una persona onesta per detenere così tanto potere e non guardare oltre. Perfino Elayne aveva annesso un altro Paese quando si era presentata l’opportunità. L’avrebbe fatto di nuovo. Era la natura dei governanti, la natura delle nazioni. Nel caso di Elayne, era parso perfino appropriato, dal momento che Cairhien sarebbe stato meglio sotto il suo governo rispetto alla situazione precedente.
Quanti avrebbero ritenuto lo stesso? Che loro, naturalmente, potevano governare meglio — o ristabilire l’ordine — in un’altra terra?
«Nessuno vuole la guerra» disse Egwene, attirando l’attenzione della folla. «Comunque, penso che quello che stai cercando di fare qui vada oltre il tuo compito, Rand al’Thor. Non puoi cambiare la natura umana e non puoi piegare il mondo ai tuoi capricci. Lascia che le persone vivano le proprie vite e scelgano il proprio sentiero.»
«Non lo farò, Egwene» disse Rand. C’era un fuoco nei suoi occhi, come quello che aveva visto la prima volta che aveva cercato di portare gli Aiel dalla sua parte. Sì, quell’emozione pareva proprio da lui: frustrazione che la gente non vedesse il mondo con la stessa chiarezza che pensava di avere lui.
«Non vedo cos’altro puoi fare» disse Egwene. «Nomineresti un Imperatore, qualcuno per governare su noi tutti? Diventeresti un vero tiranno, Rand al’Thor?»
Lui non la rimbeccò. Protese la mano da un lato e uno dei suoi Asha’man vi fece scivolare un foglio arrotolato. Rand lo prese e lo mise sul tavolo. Usò il Potere per srotolarlo e tenerlo piatto.
Quel documento più grande del normale era pieno di lettere fitte e affastellate. «La chiamo la Pace del Drago» disse Rand piano. «Ed è una delle tre richieste che vi farò. Il vostro pagamento per me, in cambio della mia vita.»
«Fammelo vedere.» Elayne fece per prenderlo e Rand ovviamente lo lasciò andare, dato che lei riuscì a ghermirlo dal tavolo prima di qualunque degli altri governanti sorpresi.
«Fissa i confini delle vostre nazioni alle loro posizioni attuali» disse Rand, le braccia di nuovo dietro la schiena. «Vieta a un Paese di attaccare l’altro e richiede l’apertura di una grande scuola in ogni capitale, pienamente finanziata e con porte aperte a tutti coloro che desiderano imparare.»
«Fa più di questo» disse Elayne, con un dito sul documento mentre leggeva. «Se qualcuno attaccherà un’altra terra o entrerà in una piccola disputa armata sui confini, le altre nazioni del mondo avranno l’obbligo di difendere il Paese attaccato. Luce! Restrizioni tariffarie per impedire lo strangolamento delle economie, barriere ai matrimoni tra governanti di nazioni a meno che le due dinastie reggenti non siano chiaramente divise, provvedimenti per togliere la terra a un Lord che inizi un conflitto... Rand, ti aspetti davvero che firmiamo questo?» «Sì.»
L’oltraggio da parte dei governanti fu immediato, anche se Egwene rimase calma e scoccò alcune occhiate alle altre Aes Sedai. Parevano turbate. E facevano bene a esserlo, dato che questa era solo una parte del ‘prezzo’ di Rand.
I governanti borbottarono, ciascuno che voleva un’opportunità per guardare il documento, ma non volendo sgomitare per andare a esaminarlo sopra la spalla di Elayne. Per fortuna
Rand lo aveva previsto e ne furono distribuite versioni più piccole.
«Ma ci sono ottime ragioni per i conflitti, a volte!» disse Darlin, esaminando il suo documento. «Come creare un cuscinetto fra te e un vicino aggressivo.»
«E se alcune persone del nostro Paese vivessero oltre confine?» aggiunse Gregorin. «Non abbiamo l’autorizzazione per intervenire e proteggerle, se fossero oppresse? O se qualcuno come i Seanchan rivendicasse terre che sono nostre? Proibire la guerra sembra ridicolo!»
«Sono d’accordo» disse Darlin. «Lord Drago, dovremmo avere l’autorizzazione per difendere la terra che è nostra di diritto!»
«Io» disse Egwene, inserendosi tra le argomentazioni «sono più interessata a sentire le sue altre due richieste.»
«Una la conosci» disse Rand.
«I sigilli» disse Egwene.
«Firmare questo documento non significherebbe nulla per la Torre Bianca» disse Rand, all’apparenza ignorando il commento. «Non posso certo proibire a tutte voi di influenzare gli altri: sarebbe follia.»
«È già follia» disse Elayne.
Elayne non si sentiva più così orgogliosa di lui, pensò Egwene.
«Finché ci sono giochi politici in atto» continuò Rand rivolto a Egwene «le Aes Sedai li padroneggeranno. In effetti, questo documento vi favorisce. La Torre Bianca ha sempre creduto che la guerra fosse, per usare le vostre parole, poco lungimirante. Invece a voi chiedo qualcos’altro. I sigilli.»