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Lan galoppava per il terreno roccioso, cavalcando verso il Passo per quella che sembrava la centesima volta, anche se combatteva lì da meno di una settimana.

Il principe Kaisel e Re Easar gli si accostarono, spronando i loro destrieri. «Cosa c’è, Dai Shan?» urlò Kaisel. «Un altro attacco? Non ho visto il segnale d’emergenza!»

Lan udì qualcosa più avanti, qualcosa che lo terrorizzò. Qualcosa che aveva temuto.

Esplosioni.

Quegli scoppi distanti risuonarono come macigni che cozzavano uno contro l’altro. Ciascuno faceva tremare l’aria.

«Luce!» La Regina Ethenielle di Kandor si unì a loro, al galoppo sul suo castrone bianco. Gli gridò: «È quello che penso?»

Lan annuì. Incanalatori nemici.

Ethenielle si voltò verso il suo seguito, urlando qualcosa che Lan non afferrò. Era una donna grassoccia, piuttosto matronale per un’abitante delle Marche di Confine. Il suo seguito includeva Lord Baldhere — il suo Portatore della Spada – e il brizzolato Kalyan Ramsin, il suo nuovo marito.

Si avvicinarono al Passo, dove i guerrieri lottavano per tenere indietro le bestie. Un gruppo di cavalieri kandori vicino ai falò lì di fronte furono scagliati in aria all’improvviso.

«Lord Mandragoran!» Una figura in giacca nera agitò una mano verso di loro. Narishma accorse, accompagnato dalla sua Aes Sedai. Lan teneva sempre un incanalatore vicino alla prima linea, ma aveva dato loro ordini di non combattere. Aveva bisogno che fossero riposati per le emergenze.

Come questa.

«Qualcuno sta incanalando?» chiese Lan, rallentando Mandarb.

«Signori del Terrore, Dai Shan» disse Narishma, annaspando. «Forse addirittura due dozzine.»

«Più di venti incanalatori» disse Agelmar. «Ci passeranno attraverso come una spada con un agnellino.»

Lan lasciò spaziare lo sguardo per il paesaggio brullo, una volta la sua patria. Una patria che non aveva mai conosciuto.

Avrebbe dovuto abbandonare Malkier. Ammetterlo era come un coltello che si rigirava dentro di lui, ma l’avrebbe fatto. «Hai la tua ritirata, Lord Agelmar» disse Lan. «Narishma, voi incanalatori potete fare qualcosa?»

«Possiamo tentare di tagliare i loro flussi in volo se cavalchiamo abbastanza vicino» disse Narishma. «Ma sarà difficile, forse impossibile, con loro che usano nastri di Fuoco e Terra. Inoltre, essendocene così tanti... be’, sceglieranno noi come bersagli. Temo che saremmo eliminati...»

Un’esplosione lì vicino scosse la terra e Mandarb si impennò, quasi gettando a terra Lan. Lui cercò di domare il cavallo, quasi accecato dal lampo di luce.

«Dai Shan!» La voce di Narishma.

Lan sbatté le palpebre per scacciare le lacrime.

«Va’ dalla Regina Elayne!» tuonò. «Toma con degli incanalatori per coprire la nostra ritirata. Saremo fatti a pezzi senza di loro. Vai, presto!»

Agelmar stava urlando la ritirata, portando avanti gli arcieri per tirare sugli incanalatori e costringerli a trovare una copertura. Lan sfoderò la spada, galoppando per portare indietro i suoi cavalieri.

Che la Luce ci protegga, pensò, urlando fino a rimanere senza fiato e mettendo in salvo quello che poteva della sua cavalleria. Il Passo era perduto.

Elayne attendeva nervosamente appena dentro il Bosco di Braem.

Era una vecchia foresta, di quelle che parevano avere un’anima propria. Gli alberi antichi erano le sue dita nodose, che uscivano dalla terra per avvertire il vento.

Era difficile non sentirsi minuscoli in un bosco come Braem. Anche se molti degli alberi erano spogli, Elayne poteva percepire mille occhi che la osservavano dalle profondità della foresta. Si ritrovò a pensare alle storie che le venivano raccontate da bambina, di come quel bosco fosse pieno di briganti, alcuni benevoli, altri con cuori tanto corrotti quanto quelli degli Amici delle Tenebre.

In effetti... pensò Elayne, ricordando una delle storie. Si voltò verso Birgitte. «Una volta non guidasti una banda di ladri fuori da questa foresta?»

Birgitte fece una smorfia. «Speravo che questa non l’avessi sentita.»

«Derubasti la Regina di Aldeshar!» disse Elayne.

«Fui molto cortese al riguardo» disse Birgitte. «Non era una buona Regina. Molti affermavano che non fosse nemmeno legittima.»

«È il principio!»

«Fu proprio quello il motivo per cui lo feci.» Birgitte si accigliò. «Almeno... penso che lo fosse.»

Elayne non insistette sull’argomento. Birgitte si agitava sempre quando le veniva rammentato che le sue memorie di vite passate stavano svanendo. A volte non ne aveva il minimo ricordo; altre volte, certi avvenimenti le tornavano in mente di colpo, solo per scomparire il momento dopo.

Elayne guidava la retroguardia, che — in teoria — avrebbe dovuto infliggere il grosso dei danni al nemico.

Foglie secche scrocchiarono quando una messaggera affannata giunse dal terreno di Viaggio. «Vengo da Caemlyn, Maestà» disse la donna con un inchino dondolante dalla sella. «Lord Aybara è riuscito a ingaggiare i Trolloc. Sono diretti qui.»

«Luce, hanno abboccato» disse Elayne. «Ora faremo i nostri preparativi. Va’ a riposare un poco: molto presto avrai bisogno di tutte le tue forze.»

La messaggera annuì, allontanandosi al galoppo. Elayne riferì le ultime notizie a Talmanes, gli Aiel e Tam al’Thor.

Quando Elayne udì qualcosa nella foresta, alzò una mano, interrompendo il rapporto di una donna della Guardia. Ombra di Luna danzò in avanti, ansiosa, superando gli uomini accucciati nel sottobosco attorno a Elayne. Nessuno parlò. I soldati parevano a malapena respirare.

Elayne abbracciò la Fonte. Il Potere si riversò dentro di lei, e assieme a esso la dolcezza di un mondo esteso. La foresta morente pareva più colorata nell’abbraccio di saidar. Sì. C’era qualcosa che stava risalendo le colline non molto lontano.

I suoi soldati, migliaia, che incitavano i cavalli fino allo sfinimento, si stavano avvicinando rapidi al Bosco di Braem. Elayne sollevò il suo cannocchiale per distinguere la massa contorta di Trolloc che li inseguivano come onde nere dilaganti in una terra già in ombra.

«Finalmente!» esclamò Elayne. «Arcieri, avanti!»

Gli uomini dei Fiumi Gemelli si precipitarono fuori dal bosco davanti a lei, mettendosi in formazione appena all’interno della linea degli alberi. Erano una delle armate meno numerose del suo esercito, ma se i rapporti sulla loro bravura non erano esagerazioni, sarebbero stati utili quanto una normale forza di arcieri numerosa tre volte loro.

Alcuni degli uomini più giovani iniziarono a incoccare frecce ai loro archi.

«Aspettate!» urlò Elayne. «Quelli che stanno venendo verso di voi sono i nostri uomini.»

Tam e i suoi ufficiali ripeterono l’ordine. Gli uomini abbassarono gli archi nervosamente.

«Maestà» disse Tam, avvicinandosi al suo cavallo. «I ragazzi possono colpirli a questa distanza.»

«I nostri soldati sono ancora troppo vicini» disse Elayne. «Dobbiamo aspettare che si separino verso i lati.»

«Perdono, mia signora,» disse Tam «ma nessun uomo dei Fiumi Gemelli sbaglierebbe un tiro simile. Quei cavalieri sono al sicuro, e anche i Trolloc hanno archi.»

Aveva ragione su quest’ultimo punto. Alcuni dei Trolloc si stavano fermando nel corso dell’inseguimento per il tempo sufficiente a tirar fuori i loro enormi archi di legno nero. Gli uomini di Perrin stavano cavalcando dando loro la schiena, e non erano in pochi ad avere frecce dall’impennaggio scuro che spuntavano dai loro arti o dai cavalli.

«Tirate» disse Elayne. «Arcieri, tirate!» Birgitte riferì il comando nel cavalcare lungo la fila. Tam sbraitò ordini agli arcieri vicini.

Elayne abbassò il cannocchiale mentre una brezza soffiava per la foresta, facendo scrocchiare foghe secche e scuotendo rami scheletrici. Gli uomini dei Fiumi Gemelli tirarono. Luce! Potevano davvero tirare così lontano ed essere comunque precisi? I Trolloc erano a centinaia di passi di distanza.