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La foresta non sembrava viva come qualche momento fa. Rand continuò a camminare, cercando di imporre la sua volontà sul territorio. Non si era esercitato abbastanza su quello, però, così mentre camminava la foresta ingrigì, assumendo un aspetto sbiadito.

La caverna tornò. Rand si fermò all’imboccatura. Aria fredda e umida, che odorava di funghi, soffiò fuori su di lui, raggelandogli la pelle. Rand gettò da parte il suo bastone da passeggio, poi entrò nella caverna. Mentre passava nell’oscurità, intessé un globo di luce bianco-azzurra e lo lasciò sospeso accanto alla sua testa. Il bagliore si rifletteva dalla pietra umida, brillando su lisce protuberanze e fenditure.

Dall’interno della grotta riecheggiò un respiro ansante. A questo seguirono dei rantoli. E.... schizzi. Rand avanzò, anche se ormai aveva capito di cosa si trattava. Aveva iniziato a domandarsi se lei ci avrebbe provato di nuovo.

Giunse a una piccola camera, larga forse dieci passi, alla fine del cunicolo, dove la pietra scendeva a picco in una pozza d’acqua limpida, perfettamente circolare. Le profondità azzurre parevano estendersi verso il basso all’infinito.

Una donna con un abito bianco si sforzava di stare a galla lì al centro. Il tessuto del suo vestito si increspava nell’acqua, formando un cerchio. Aveva volto e capelli bagnati. Mentre Rand osservava, lei annaspò e affondò, agitando le braccia nell’acqua cristallina.

Riaffiorò un attimo dopo, prendendo una boccata d’aria.

«Salve, Mierin» disse Rand piano. La sua mano formò un pugno. Lui non sarebbe saltato in quell’acqua per salvarla. Questo era un frammento di sogno. Quella pozza poteva essere davvero acqua, ma molto probabilmente rappresentava qualcos’altro.

Il suo arrivo parve farla salire a galla e i movimenti vigorosi della donna divennero più efficaci. «Lews Therin» disse, asciugandosi la faccia con una mano, con il fiatone.

Luce! Dov’era la sua pace? Si sentiva di nuovo come un bambino, un ragazzo che pensava che Baerlon fosse la città più maestosa mai costruita. Sì, il suo viso era diverso, ma le facce non avevano più molta importanza per lui. Lei era comunque la stessa persona.

Di tutti i Reietti, solo Lanfear aveva scelto il suo nuovo nome. Ne aveva sempre voluto uno.

Lui si ricordava. Si ricordava. Presentarsi a sontuosi ricevimenti con lei sottobraccio. La sua risata sopra la musica. Le loro notti da soli. Non aveva voluto ricordare di aver fatto l’amore con un’altra donna, in particolare non una dei Reietti, ma non poteva scegliere quello che c’era nella sua mente.

Quei ricordi si mischiavano con i propri, quando lui l’aveva desiderata come Lady Selene. Un’infatuazione sciocca, giovanile. Non provava più queste cose, ma il loro ricordo rimaneva.

«Tu puoi liberarmi, Lews Therin» disse Lanfear. «Lui mi ha rivendicato. Devo implorare? Mi ha rivendicato!»

«Ti sei votata all’Ombra, Mierin» disse Rand. «Questa è la tua ricompensa. Ti aspetti compassione da parte mia?»

Qualcosa di scuro salì dalle profondità e le si avvolse attorno alle gambe, strattonandola di nuovo giù nell’abisso. Malgrado le sue parole, Rand si ritrovò ad avanzare, come per balzare nella pozza.

Si trattenne. Finalmente si sentiva di nuovo come una persona integra, dopo un lungo combattimento. Questo gli dava forza, ma nella sua pace c’era una debolezza, la debolezza che aveva sempre temuto. Quella debolezza che Moiraine aveva correttamente individuato in lui. La debolezza della compassione.

Lui ne aveva bisogno. Come un elmo aveva bisogno di un foro attraverso cui vedere. Entrambi potevano essere sfruttati. Ammise a sé stesso che era vero.

Lanfear riaffiorò sputacchiando, sembrando indifesa. «Devo implorare?» ripeté.

«Non penso che tu ne sia capace.»

Lei abbassò gli occhi. «... Ti prego?» sussurrò.

A Rand si torsero le budella. Lui stesso si era fatto strada combattendo attraverso l’oscurità nel cercare la Luce. Si era concesso una seconda possibilità; non avrebbe dovuto darla anche a un’altra persona?

Luce! Tentennò, ricordando la sensazione che aveva provato in quel momento, quando aveva afferrato il Vero Potere.

Il tormento e l’eccitazione, la forza e l’orrore. Lanfear aveva dato sé stessa al Tenebroso. Ma in un certo senso l’aveva fatto anche Rand.

Guardò nei suoi occhi, cercando dentro di essi, conoscendoli. Infine, Rand scosse il capo. «Sei migliorata in questo tipo di inganni, Mierin. Ma non abbastanza.»

L’espressione di Lanfear si rabbuiò. Un momento dopo, la pozza scomparve, sostituita da un pavimento di pietra. Lanfear sedeva lì, a gambe incrociate, nel suo abito biancoargenteo. Con il suo nuovo volto, ma ancora la stessa.

«Allora sei davvero tornato» disse, in tono non del tutto compiaciuto. «Bene, non sono più costretta a dover avere a che fare con un semplice contadino. Questa è una piccola benedizione.»

Rand sbuffò, entrando nella camera. Lanfear era ancora imprigionata: poteva percepire un senso di oscurità attorno a lei, come una cupola d’ombra, così ne rimase fuori. Ma la pozza — la scena di annegare — era stata solo drammaticità. Lanfear era orgogliosa, ma non disdegnava certo di mostrare una facciata di debolezza quando la situazione lo richiedeva. Se Rand fosse stato in grado di accogliere in sé i ricordi di Lews Therin prima, non si sarebbe lasciato ingannare così facilmente da lei nel Deserto.

«Allora mi rivolgerò a te non come una damigella a cui serve un eroe,» disse Lanfear, squadrandolo mentre lui camminava attorno alla sua prigione «ma come una tua pari in cerca di rifugio.»

«Io pari a te?» disse Rand ridendo. «Quando mai hai considerato chiunque pari a te, Mierin?»

«Non t’importa nulla della mia prigionia?»

«Mi addolora,» disse Rand «ma non più di quanto mi addolorò quando ti votasti all’Ombra. Sapevi che ero lì, quando lo rivelasti? Non mi vedesti, dato che non volevo essere visto, ma io stavo osservando. Luce, Mierin, giurasti di uccidermi

«Ma lo volevo davvero?» chiese, voltandosi per guardarlo negli occhi.

L’aveva voluto? ... No. Non allora. Lanfear non uccideva persone che pensava sarebbero state utili, ed era così che l’aveva sempre considerato.

«Condividevamo qualcosa di speciale, un tempo» disse. «Tu eri il mio...»

«Per te ero un ornamento!» sbottò Rand. Prese un respiro profondo, cercando di calmarsi. Luce, quanto era difficile, con lei vicino. «Il passato è passato. Non mi importa nulla di quello, e sarei lieto di darti una seconda opportunità per la Luce. Purtroppo ti conosco. Lo stai facendo di nuovo. Giocarci tutti, incluso il Tenebroso stesso. Non ti importa nulla della Luce. A te importa solo il potere, Mierin. Sinceramente ti aspetti che creda che sei cambiata?»

«Non mi conosci così bene quanto pensi» disse Lanfear, osservandolo mentre lui girava attorno al perimetro della sua prigione. «Non l’hai mai fatto.»

«Allora dimostramelo» disse Rand, fermandosi. «Mostrami la tua mente, Mierin. Aprila completamente a me. Dammi il controllo su di te qui, in questo luogo dove i sogni vengono dominati. Se le tue intenzioni sono pure, ti libererò.»

«Ciò che chiedi è proibito.»

Rand rise. «Quando mai questo ti ha fermato?»

Lei parve rifletterci; doveva essere davvero preoccupata per la sua prigionia. Una volta avrebbe riso a una proposta del genere. Dal momento che questo era verosimilmente un luogo in cui lei aveva il controllo completo, se gliene avesse dato il permesso, lui avrebbe potuto metterla a nudo, sondare le profondità della sua mente.

«Io...» disse Lanfear.

Rand venne avanti, fino al margine della prigione. Quel tremolio nella sua voce... quello sembrava reale. La prima emozione sincera da parte sua.

Luce, pensò lui, cercando nei suoi occhi. Ha davvero intenzione di farlo?