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Dosi di radice biforcuta
«Luce...» mormorò Perrin a Gaul, il suo sguardo che spaziava per il paesaggio. «Sta morendo.»
Il cielo nero ribollente, agitato e mulinante del sogno del lupo non era nulla di nuovo, ma la tempesta che il cielo aveva presagito per mesi era finalmente arrivata. Il vento soffiava in folate enormi, muovendosi da una parte e poi dall’altra secondo schemi innaturali. Perrin chiuse il mantello, poi lo rafforzò con un pensiero, immaginando che le cordicelle che lo tenevano chiuso fossero fissate per bene al loro posto.
Una piccola bolla di calma si espanse da lui, deviando il peggio dei venti. Fu più facile di quanto prevedeva, come se avesse allungato una mano per prendere un pesante pezzo di quercia e l’avesse trovato invece leggero come un legno di pino.
Il paesaggio pareva meno reale del solito. I venti violentissimi spianavano per davvero le colline, come erosione ad alta velocità. In altri punti il suolo si gonfiava, formando increspature di roccia e nuove alture. Pezzi di terra zampillavano in aria, frantumandosi. Il terreno stesso stava andando in pezzi.
Perrin afferrò Gaul per la spalla e li fece traslare entrambi lontano da quel posto. Perrin sospettava che fosse troppo vicino a Rand. In effetti, quando apparvero sulla familiare pianura a sud — il luogo dove aveva cacciato con Hopper — trovarono che la tempesta era meno potente.
Riposero i loro zaini pesanti, carichi di cibo e acqua, in una macchia di cespugli. Perrin non sapeva se potessero sopravvivere con cibo e acqua trovati nel sogno, ma non voleva doverlo scoprire. Qui dovevano avere il necessario per una settimana circa, e finché avessero avuto un passaggio ad aspettarli, si sentiva a suo agio — o almeno soddisfatto — con i rischi che stava correndo qui.
In questo posto il paesaggio non stava andando in frantumi come vicino a Shayol Ghul. Comunque, se osservava un tratto per un tempo sufficiente, poteva cogliere pezzi di... be’, di ogni cosa che venivano trascinati su tra i venti. Spighe di grano morte, frammenti di tronchi d’albero, globuli di fango e frammenti di roccia... tutto veniva trascinato lentamente verso quelle avide nuvole nere. Come era abitudine del sogno del lupo, quando si guardava indietro, cose che erano rotte spesso erano di nuovo integre. Perrin comprese. Questo posto stava venendo consumato lentamente così come il mondo della veglia. Qui era semplicemente più facile da notare.
I venti li sferzavano, ma non erano così forti da doverli tenere a bada. Sembravano i venti all’inizio di una tempesta, appena prima della pioggia e dei fulmini. Gli annunciatori di una distruzione in arrivo.
Gaul si era tirato lo shoufa sopra la faccia e si guardava intorno con aria sospettosa. I suoi vestiti erano cambiati in una tonalità che si confondeva con l’erba.
«Devi essere molto attento qui, Gaul» disse Perrin. «Un tuo minimo pensiero può diventare realtà.»
Gaul annuì, poi con esitazione si tolse il velo dalla faccia. «Ascolterò e farò come mi viene detto.»
Era incoraggiante che il vestiario di Gaul non cambiasse troppo mentre procedevano per il campo. «Solo cerca di tenere la mente sgombra» disse Perrin. «Libera da pensieri. Agisci per istinto e segui la mia guida.»
«Caccerò come i gara» disse Gaul annuendo. «La mia lancia è tua, Perrin Aybara.»
Perrin camminò per il campo, preoccupato che Gaul si inviasse accidentalmente da qualche parte solo pensandoti. L’uomo però subiva a malapena gli effetti del sogno del lupo.
I suoi abiti cambiavano un poco se veniva sorpreso, il velo che scattava al suo posto senza che lui lo toccasse, ma pareva limitarsi a questo.
«D’accordo» disse Perrin. «Ci porterò alla Torre Nera. Cacciamo una preda pericolosa, un uomo chiamato l’Assassino. Ti ricordi di Lord Luc?»
«Il lopinginnio?» disse Gaul.
Perrin si accigliò.
«È un tipo di uccello» affermò Gaul. «Della Triplice Terra. Non ho visto spesso quell’uomo, ma pareva un tipo che fa lo sbruffone e invece dentro è un codardo.»
«Be’, quella era una facciata» disse Perrin. «È a ogni modo è una persona molto diversa nel sogno: qui è un predatore chiamato l’Assassino che dà la caccia a lupi e uomini. È potente. Se decide di ucciderti, può comparire dietro di te in un batter d’occhio e immaginarti catturato da rampicanti e incapace di muoverti. Sarai immobilizzato mentre ti taglia la gola.»
Gaul rise.
«È divertente?» chiese Perrin.
«Ti comporti come se fosse qualcosa di nuovo» spiegò Gaul. «Eppure nel primo sogno, ovunque vado, sono circondato da uomini e donne che potrebbero legarmi in aria con un pensiero e uccidermi in qualunque momento. Sono abituato a essere inerme rispetto a qualcuno, Perrin Aybara. È così che va il mondo, in tutte le cose.»
«Comunque,» disse Perrin in tono severo «se troviamo l’Assassino — è un tipo con il volto squadrato e occhi che non sembrano del tutto vivi, e si veste di cuoio scuro — voglio che tu stia lontano da lui. Lascia che sia io a combatterlo.»
«Ma...»
«Hai detto che avresti obbedito, Gaul» lo interruppe Perrin. «Questo è importante. Ha ucciso Hopper; non permetterò che uccida anche te. Tu non combatterai l’Assassino.»
«Molto bene» disse Gaul. «Ti do il mio giuramento su questo. Non danzerò le lance con quest’uomo a meno che tu non lo ordini.»
Perrin sospirò, immaginando Gaul che se ne stava lì con le lance riposte, lasciando che l’Assassino lo uccidesse a causa di questo giuramento. Luce, quanto potevano essere suscettibili gli Aiel. «Puoi combatterlo se ti attacca,» disse Perrin «ma solo con lo scopo di fuggire. Non dargli la caccia, e se io lo sto affrontando, sta’ alla larga. Capito?»
Gaul annuì. Perrin mise una mano sulla spalla dell’Aiel, poi li traslò nella direzione della Torre Nera. Perrin non c’era mai stato prima, così dovette tirare a indovinare per trovarla. Il primo balzo fu sbagliato e li portò in una parte dell’Andor dove colline ricoperte d’erba parevano danzare nei venti mulinanti. Perrin avrebbe preferito semplicemente saltare da una collina all’altra, ma non pensava che Gaul fosse pronto per quello. Così traslò.
Dopo quattro o cinque tentativi, Perrin li portò in un posto dove notò una cupola trasparente vagamente viola che si innalzava in lontananza.
«Cos’è?» domandò Gaul.
«Il nostro obiettivo» disse Perrin. «Questo è ciò che impedisce a Grady e Neald di creare passaggi per la Torre Nera.»
«Proprio come è successo a noi nel Ghealdan.»
«Sì.» Vedere quella cupola gli riportò in mente ricordi vividi di lupi che morivano. Perrin li represse. Ricordi del genere potevano condurre a pensieri spontanei qui. Si concesse di provare una rabbia bruciante dentro di sé, come il calore del suo martello, ma si limitò a quello.
«Andiamo» disse Perrin, traslandoli di fronte alla cupola. Pareva vetro. «Se crollo a terra tirami via» disse a Gaul, poi entrò nella barriera.
Gli parve come se avesse colpito qualcosa di incredibilmente freddo. Gli succhiò via la forza. Barcollò, ma rimase concentrato sul suo obiettivo. L’Assassino. Uccisore di lupi. Quello che aveva ammazzato Hopper.
Perrin si raddrizzò quando gli tornarono le forze. Era più facile di quanto fosse stato l’ultima volta: essere nel sogno del lupo in carne e ossa lo rendeva davvero più forte. Non doveva preoccuparsi di trascinarsi dentro il sogno con troppa forza e lasciare il suo corpo a morire nel mondo reale.
Si mosse lentamente attraverso la barriera, come se fosse acqua, e uscì dall’altro lato. Dietro di lui, Gaul allungò una mano con un’espressione incuriosita in volto, poi toccò la parete della cupola con l’indice.
Gaul crollò immediatamente a terra, afflosciandosi come una bambola. Lance e frecce ruzzolarono via dal suo corpo e lui giacque perfettamente immobile, il torace che non si alzava. Perrin protese una mano — il suo braccio si mosse lento — e afferrò Gaul per la gamba per tirarlo dentro.