Una volta dall’altra parte, Gaul annaspò, poi si rotolò gemendo. Si mise a sedere, tenendosi la testa. Perrin andò a prendergli con calma frecce e lance.
«Questa sarà una buona esperienza per aumentare il nostro ji» disse Gaul. Si alzò in piedi e si sfregò il braccio dove aveva colpito il suolo. «Le Sapienti definiscono malvagio venire in questo posto come abbiamo fatto noi? Credo che a loro piacerebbe portare qui gli uomini per istruirli.»
Perrin fissò Gaul. Non si era accorto che quell’uomo lo avesse sentito parlare con Edarra del sogno del lupo. «Cos’ho fatto per meritarmi la tua lealtà, Gaul?» disse Perrin, perlopiù tra sé e sé.
Gaul rise. «Non è nulla che hai fatto.»
«Cosa intendi? Ti ho liberato da quella gabbia. Ecco perché mi segui.»
«Quello è il motivo per cui ho iniziato a seguirti» disse Gaul. «Non perché sono rimasto. Vieni, non c’è un pericolo a cui stiamo dando la caccia?»
Perrin annuì e Gaul si tirò il velo sulla faccia. Assieme camminarono sotto la cupola, avvicinandosi alla struttura all’interno. C’era una distanza notevole dal margine di una di queste cupole al centro, ma Perrin non voleva balzare ed essere colto di sorpresa, così continuarono a piedi, attraversando un paesaggio di praterie aperte punteggiate da macchie di alberi.
Camminarono per circa un’ora prima di notare le mura. Alte e imponenti, sembravano come quelle attorno a una grande città. Perrin e Gaul arrivarono fino a esse, con Gaul che esplorava con estrema attenzione, come se si aspettasse che qualcuno potesse attaccarli in qualunque momento. Comunque, nel sogno del lupo, queste mura non sarebbero state sorvegliate. Se l’Assassino era qui dentro, sarebbe stato in agguato nel cuore della cupola, al centro. E probabilmente avrebbe predisposto una trappola.
Perrin posò la mano sulla spalla di Gaul e li portò sulla cima delle mura in un istante. Gaul si mosse furtivamente da un lato, accucciato, per sbirciare dentro uno dei posti di guardia coperti.
Perrin andò verso il margine interno delle mura, guardando dentro. La Torre Nera non era imponente come lasciava intendere l’esterno: un villaggio distante di capanne e piccole case, e al di là un grosso progetto in costruzione.
«Sono arroganti, non diresti?» chiese una voce femminile.
Perrin sobbalzò, ruotando, evocando il martello nelle proprie mani e approntando un muro di mattoni attorno a sé come protezione. Una donna giovane e bassa con i capelli argentei era in piedi accanto a lui, eretta come per cercare di sembrare più alta di quanto era. Indossava abiti bianchi, legati in vita con una cintura argentea. Non riconobbe la faccia, ma conosceva il suo odore.
«Caccialuna» disse Perrin, quasi un ringhio. «Lanfear.»
«Non mi è più permesso usare quel nome» disse lei, picchiettando un dito sul muro. «Egli è così severo con i nomi.»
Perrin indietreggiò, guardando da un lato all’altro. Era in combutta con l’Assassino? Gaul apparve fuori dal posto di guardia e si immobilizzò nel vederla. Perrin protese una mano per fermarlo. Poteva balzare da Gaul e fuggire prima che lei attaccasse?
«Caccialuna?» chiese Lanfear. «È così che mi chiamano i lupi? Non è corretto, niente affatto. Io non caccio la luna. La luna è già mia.» Si sporse in basso, appoggiando le braccia sul parapetto alto fino al torace.
«Cosa vuoi?» domandò Perrin.
«Vendetta» sussurrò lei. Poi lo guardò. «Proprio come te, Perrin.»
«E devo credere che anche tu vuoi l’Assassino morto?»
«L’Assassino? Quell’orfano che Moridin usa come garzone? Lui non mi interessa. La mia vendetta sarà contro un altro.»
«Chi?»
«Colui che ha causato la mia prigionia» disse lei piano, con intensità. All’improvviso alzò lo sguardo verso i cieli. Sgranò gli occhi allarmata, poi scomparve.
Perrin passò il martello da una mano all’altra mentre Gaul veniva avanti furtivo, cercando di guardare in tutte le direzioni allo stesso tempo. «Quella cos’era?» mormorò. «Una Aes Sedai?»
«Peggio» disse Perrin con una smorfia. «Gli Aiel hanno un nome per Lanfear?»
Gaul trasse un brusco respiro.
«Non so cosa vuole» disse Perrin. «Per me non ha mai avuto senso. Con un po’ di fortuna, le nostre strade si sono soltanto incrociate e lei continuerà a perseguire i suoi obiettivi.»
Perrin non ci credeva, non dopo quello che i lupi gli avevano detto in precedenza. Caccialuna voleva lui. Luce, si disse, come se non avessi già abbastanza guai.
Li traslò fino in fondo alle mura e proseguirono.
Toveine si inginocchiò accanto a Logain. Androl fu costretto a osservare mentre gli accarezzava il mento, i suoi occhi stanchi che si aprivano e la guardavano con orrore.
«È tutto a posto» disse lei con dolcezza. «Puoi smettere di resistere. Rilassati, Logain. Arrenditi.»
Lei era stata Convertita facilmente. A quanto pareva, collegati con tredici Mezzi Uomini, era più facile per degli incanalatori maschi Convertire incanalatrici femmine e viceversa. Ecco perché stavano avendo così tanti problemi con Logain.
«Prendetelo» disse Toveine indicando Logain. «Facciamola finita, una volta per tutte. Si merita la pace della ricompensa del Sommo Signore.»
Gli sgherri di Taim trascinarono via Logain. Androl lo osservò disperato. Era evidente che Taim considerava Logain un premio. Convertito lui, il resto della Torre Nera avrebbe ceduto facilmente. Molti dei ragazzi lassù avrebbero accettato di buon grado il loro destino se Logain gliel’avesse ordinato.
Come può continuare a lottare?, pensò Androl. Il solenne Emarin era stato ridotto a un relitto piagnucolante dopo sole due sessioni, anche se non era ancora stato Convertito. Logain ne aveva subite quasi una dozzina e ancora resisteva.
Ciò sarebbe cambiato, poiché adesso Taim aveva le donne. Poco dopo la Conversione di Toveine ne erano arrivate altre, sorelle dell’Ajah Nera guidate da una donna orrenda che parlava con autorità. Le altre Rosse che erano venute con Pevara si erano unite a loro.
Una preoccupazione assonnata fluì attraverso il legame di Pevara fino ad Androl. Lei era sveglia, ma piena di quella bevanda che le impediva di incanalare. La mente di Androl invece era relativamente sgombra. Quanto tempo era passato da quando lo avevano costretto a bere i rimasugli dalla tazza che prima avevano dato a Emarin?
Logain... non durerà molto a lungo. La trasmissione di Pevara era intrecciata di stanchezza e una crescente rassegnazione. Cosa... Si interruppe, i pensieri che diventavano confusi. Che io sia folgorata! Cosa facciamo?
Logain urlò di dolore. Non l’aveva mai fatto prima. Sembrava un pessimo segno. Presso la porta, Evin si alzò e guardò. All’improvviso lanciò un’occhiata sopra la spalla, sobbalzando per qualcosa.
Luce, pensò Androl. Potrebbe essere... la sua follia, causata dalla corruzione? È ancora lì?
Androl notò per la prima volta che era schermato, cosa che non facevano mai ai prigionieri a meno che non lasciassero che la loro dose di radice biforcuta scemasse così da poterli Convertire.
Questo gli causò una fitta di panico. Lui sarebbe stato il prossimo?
Androl?, trasmise Pevara. Ho un’idea.
Cosa?
Androl iniziò a tossire attraverso il suo bavaglio. Evin sobbalzò, poi si avvicinò, tirando fuori la sua fiasca d’acqua e versandone un po’ sul bavaglio. Abors — uno dei tirapiedi di Taim — oziava contro il muro. Era lui a tenere lo schermo. Lanciò un’occhiata ad Androl, ma qualcosa dall’altro lato della stanza attirò la sua attenzione.
Androl tossì più forte, così Evin slegò il bavaglio e lo fece rotolare di lato, lasciando che sputasse fuori l’acqua.
«Zitto ora» disse Evin, guardando con la coda dell’occhio Abors, che era troppo lontano per sentire. «Non farli arrabbiare con te, Androl.»