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Incerto, strisciò fuori dalla fossa e si avvicinò alla casupola. Entrambi gli uomini erano addormentati. Cosa succedeva a uomini che dormivano nel sogno? Di norma, questo li avrebbe rimandati nel mondo della veglia, ma loro erano qui in carne e ossa.

Rabbrividì, pensando a quello che era stato fatto loro. ‘Convertiti’? Era quella la parola che aveva usato Lanfear? Luce. Sembrava ingiusto. Non che il Disegno sia mai giusto, riconobbe Perrin, ispezionando rapidamente il capanno.

Trovò l’onirichiodo conficcato nel terreno sotto il tavolo. Il pezzo di metallo argenteo assomigliava a un lungo punteruolo da tenda, istoriato per tutta la sua lunghezza con disegni. Era simile all’altro che aveva visto, ma non esattamente uguale. Lo strappò via, poi attese, mano sul martello, aspettando che l’Assassino venisse ad aggredirlo.

«Non è qui» disse Lanfear.

«Luce!» Perrin sobbalzò, il martello sollevato. Si voltò. «Perché continui a comparire a quel modo, donna?»

«Egli mi cerca» disse lei, lanciando un’occhiata verso l’alto. «Non dovrei essere in grado di fare questo, ed è diventato sospettoso. Se mi trova, lo saprà con sicurezza e io sarò distrutta, catturata e bruciata per l’eternità.»

«Ti aspetti che provi compassione per te, una dei Reietti?» sbottò Perrin.

«Io ho scelto il mio padrone» disse lei, esaminandolo. «Questo è il mio prezzo... a meno che non riesca a trovare un modo per liberarmene.»

«Cosa?»

«Penso che tu abbia la migliore possibilità» disse lei. «Mi occorre che tu vinca, Perrin, e che io sia al tuo fianco quando lo farai.»

Lui sbuffò. «Non hai imparato nessun trucchetto nuovo, vero? Porta le tue offerte altrove. Io non sono interessato.» Rigirò l’onirichiodo tra le dita. Non era mai riuscito a capire come funzionava l’altro.

«Devi ruotarlo in cima.» Lanfear protese una mano.

Perrin la fissò.

«Non pensi che l’avrei potuto prendere da sola, se avessi voluto?» domandò divertita. «Chi è stato a eliminare gli animaletti di M’Hael per te?»

Lui esitò, poi glielo porse. Lanfear fece scorrere il pollice dalla punta fino a metà e all’interno scattò qualcosa. Lanfear mise la mano in cima e ruotò la testa. Fuori il muro violetto indistinto si restrinse e scomparve.

Lei glielo riconsegnò. «Ruotalo di nuovo per attivare il campo — quanto più lo giri, tanto più si espanderà — poi fai scorrere il dito al contrario di come ho fatto io per bloccarlo. Stai attento. Ovunque lo metterai, avrà ramificazioni nel mondo della veglia così come in questo mondo, e impedirà perfino ai tuoi alleati di spostarsi dentro o fuori. Puoi passare con una chiave, ma non la conosco per questo chiodo.»

«Grazie» disse Perrin malvolentieri. Ai suoi piedi, uno degli uomini addormentati grugnì, poi rotolò sul fianco. «Non esiste... non esiste alcun modo per resistere alla Conversione? Non c’è nulla che possono fare?»

«Una persona può resistere per breve tempo» disse lei. «Solo per breve tempo. Prima o poi anche i più forti cedono. Se sei un uomo a cui si contrappongono delle donne, ti sconfiggeranno rapidamente.»

«Non dovrebbe essere possibile» disse Perrin inginocchiandosi. «Nessuno dovrebbe poter costringere un uomo a votarsi all’Ombra. Quando ci viene sottratto tutto il resto, questa scelta dovrebbe rimanerci.»

«Oh, loro hanno la scelta» disse Lanfear, pungolandone distrattamente uno con il piede. «Potevano scegliere di essere domati. Ciò avrebbe rimosso la loro debolezza e nessuno avrebbe più potuto Convertirli.»

«Non è un granché come scelta.»

«È così che ordisce il Disegno, Perrin Aybara. Non tutte le opzioni sono buone. A volte devi trarre il meglio da un destino avverso e cavalcare la tempesta.»

Lui la guardò con decisione. «E vuoi lasciar intendere che è questo che hai fatto? Ti sei unita all’Ombra perché era la tua opzione ‘migliore’? Non me la bevo nemmeno per un momento. Ti sei unita all’Ombra perché volevi il potere. Lo sanno tutti.»

«Pensa quel che vuoi, cucciolo di lupo» disse lei, i suoi occhi che diventavano duri. «Io ho sofferto per le mie decisioni. Ho sopportato dolore, agonia, tristezza straziante per ciò che ho fatto nella mia vita. La mia sofferenza supera quello che potresti concepire.»

«E di tutti i Reietti» disse Perrin «tu hai scelto il tuo posto e l’hai accettato più volentieri.»

Lei storse il naso. «Pensi di poter credere a storie vecchie di tremila anni?»

«Meglio fidarsi di quelle che delle parole di una come te.»

«Come desideri» disse lei, poi abbassò di nuovo lo sguardo sugli uomini addormentati. «Se ti aiuta a capire, cucciolo di lupo, dovresti sapere che molti pensano che uomini come questi siano uccisi quando avviene la Conversione. E poi qualcos’altro invada il corpo. Alcuni lo pensano, perlomeno.» Scomparve.

Perrin sospirò, poi mise via l’onirichiodo e traslò di nuovo sul tetto. Non appena comparve, Gaul ruotò, tendendo l’arco. «Sei tu, Perrin Aybara?»

«Sono io.»

«Mi domando se debba chiederti una prova» disse Gaul, la freccia ancora incoccata. «Mi sembra che in questo posto chiunque possa cambiare facilmente il proprio aspetto.»

Perrin sorrise. «L’aspetto non è tutto. So che hai due gai’shain, una che vuoi, l’altra no. Nessuna pare contenta di comportarsi come dovrebbe fare un gai’shain. Se sopravviviamo a tutto questo, una potrebbe sposarti.»

«Una potrebbe» confermò Gaul, abbassando il suo arco. «Pare che dovrò prendere tutte e due o nessuna. Forse è la punizione per averle costrette a riporre le lance, anche se non è una mia scelta che lo facciano, ma loro.» Scosse il capo. «La cupola è sparita.»

Perrin tenne in alto l’onirichiodo. «Proprio così.»

«Qual è il nostro prossimo compito?»

«Aspettare» disse Perrin, sistemandosi sul tetto «e vedere se togliere la cupola attirerà l’attenzione dell’Assassino.»

«E in caso contrario?»

«Allora andremo nel posto successivo in cui è probabile trovarlo» disse Perrin, sfregandosi il mento. «E si tratta di qualunque posto dove ci siano lupi da uccidere.»

«Ti abbiamo sentito!» urlò Canler ad Androl nel mezzo del conflitto. «Che io sia folgorato se non è vero! Eravamo su nella mia bottega e ti abbiamo sentito parlare, implorare! Abbiamo deciso che dovevamo attaccare. Ora o mai più.»

Flussi esplodevano per tutta la stanza. Terra eruttava e Fuoco schizzava dai seguaci di Taim sulla predella verso gli uomini dei Fiumi Gemelli. I Fade si spostavano furtivi per la stanza con mantelli che non si muovevano, sfoderando le spade.

Androl si precipitò lontano da Canler, a testa bassa, dirigendosi verso Pevara, Jonneth ed Emarin sul lato della stanza. Canler l’aveva sentito? Il passaggio che aveva creato, appena prima che Taim lo sollevasse in aria. Doveva essersi aperto, così piccolo che non era riuscito a vederlo.

Poteva creare di nuovo passaggi. Ma solo molto piccoli. A cosa serviva? È stato sufficiente a fermare il Fuoco Malefico di Taim, pensò, raggiungendo Pevara e gli altri. Nessuno dei tre era in condizioni di combattere. Intessé un passaggio, colpendo il muro, spingendo...

Qualcosa cambiò.

Il muro scomparve.

Androl sedette, stordito per un momento. Scoppi ed esplosioni nella stanza gli aggredivano le orecchie. Canler e gli altri combattevano bene, ma i ragazzi dei Fiumi Gemelli affrontavano Aes Sedai completamente addestrate e forse una dei Reietti. Stavano cadendo uno a uno.

Il muro era sparito.

Androl si mise in piedi lentamente, poi tornò verso il centro della stanza. Taim e i suoi combattevano sulla predella; i flussi provenienti da Canler e dai suoi ragazzi perdevano energia.

Androl guardò verso Taim e provò un potente, travolgente impeto di rabbia. La Torre Nera apparteneva agli Asha’man, non a quest’uomo.

Era il momento che gli Asha’man la riconquistassero.

Androl ruggì, sollevando le mani ai suoi fianchi, e intessé un passaggio. Il potere si riversò attraverso di lui. Come sempre, il suo passaggio scattò al suo posto più veloce degli altri, diventando più grande di quanto un uomo della sua forza avrebbe potuto farlo.