Выбрать главу

Tuon. Inoltre, qualcos’altro nei suoi ordini attirò l’attenzione di Mat.

«Cos’è che devo fare, ora?» chiese Mat.

«Insegnarlo» disse Tuon piano. «Tu sei il Principe dei Corvi. Questo farà parte dei tuoi doveri.»

«Dobbiamo parlarne» disse Mat. «Non va bene che tutti mi chiamino ‘altezza’. Non va affatto bene.»

Lei non replicò. Attese mentre le ricerche procedevano e non fece alcun movimento per ritirarsi nel palazzo.

Alla fine, Karede si avvicinò di nuovo. «Altissima, non c’è segno di quella cosa nei giardini, ma uno dei miei uomini ha trovato del sangue sul muro. Sospetto che l’assassino sia fuggito in città.»

«È improbabile che riprovi ancora stanotte,» disse Tuon «mentre siamo in allerta. Non spargete la notizia di questo ai soldati semplici o alle guardie. Informate la mia Parola che il nostro stratagemma ha cessato di essere efficace e che dovremo elaborarne uno nuovo.»

«Sì, Imperatrice» disse Karede, profondendosi di nuovo in un basso inchino.

«Per ora» disse Tuon «sgombrate e mettete in sicurezza il perimetro. Io passerò del tempo con il mio consorte, che ha richiesto che ‘lo faccia sentire amato’.»

«Non è esattamente...» disse Mat mentre i membri dei Sorveglianti della Morte scomparivano nell’oscurità.

Tuon esaminò Mat per un momento, poi iniziò a spogliarsi.

«Luce!» disse Mat. «Lo intendevi davvero?»

«Non ho intenzione di sedermi sul tuo ginocchio,» disse Tuon, tirando fuori un braccio dalla sua veste, scoprendo i seni «anche se potrei permetterti di sederti sul mio. Stanotte mi hai salvato la vita. Ciò ti frutterà un privilegio speciale. È...»

Si interruppe quando Mat la afferrò e la baciò. Tuon si tese per la sorpresa. Nel dannato giardino, pensò lui. Con soldati tutt’attorno e a portata d’udito. Be’, se Tuon credeva che Matrim Cauthon fosse timido, la aspettava una sorpresa.

Mat liberò le labbra di Tuon dal bacio. Lei aveva il corpo premuto contro il suo e Mat fu lieto di scoprire che era rimasta senza fiato.

«Non sarò il tuo giocattolo» disse Mat in tono severo.

«Non lo tollererò, Tuon. Se hai intenzione che tra noi le cose siano a quel modo, me ne andrò. Bada. A volte gioco a fare lo stupido. Con Tylin l’ho fatto sicuramente. Ma con te no.»

Tuon allungò una mano e gli toccò il volto, in modo sorprendentemente tenero. «Non avrei pronunciato le parole se in te avessi trovato solo un giocattolo. Comunque, un uomo senza un occhio non è un giocattolo. Hai conosciuto la battaglia; chiunque ti veda ora lo saprà. Non ti scambieranno per uno sciocco, e a me non serve a nulla un giocattolo. Preferisco avere un principe.»

«E mi ami?» chiese lui, costringendosi a pronunciare le parole.

«Un’Imperatrice non ama» disse lei. «Mi dispiace. Sono con te perché i presagi lo stabiliscono, e per questo sarà con te che darò ai Seanchan un erede.»

Mat ebbe un tuffo al cuore.

«Comunque» disse Tuon. «Forse posso ammettere che è.... bello rivederti.»

Be’, pensò Mat, suppongo di poter accontentarmi di questo. Per ora.

La baciò di nuovo.

16

Un silenzio fragoroso

Loial, figlio di Arent figlio di Halan, in segreto aveva sempre voluto essere avventato.

Gli umani lo affascinavano, di quello non faceva mistero. Era convinto che molti dei suoi amici lo sapessero, anche se non poteva esserne certo. Lo sorprendeva ciò che gli umani non sentivano. Loial poteva parlare con loro tutto il giorno, per poi scoprire che avevano sentito solo una parte. Pensavano forse che qualcuno parlasse non volendo che gli altri ascoltassero?

Loial ascoltava quando loro parlavano. Ogni parola che usciva dalle loro bocche rivelava nuove cose su di loro. Gli umani erano come il fulmine. Un lampo, un’esplosione, potere ed energia. E poi spariva. Come poteva essere?

Avventatezza. Si potevano apprendere delle cose dall’avventatezza. Stava cominciando a domandarsi se avesse imparato quella particolare lezione troppo bene.

Loial camminava per una foresta di alberi troppo silenziosi, con Erith al suo fianco e altri Ogier che li circondavano. Tutti tenevano le asce in spalla o portavano lunghi coltelli mentre marciavano in direzione del fronte. Le orecchie di Erith si agitavano; non faceva parte dei Cantori d’Alberi, ma poteva percepire che c’era qualcosa di sbagliato nelle piante.

Era orribile, davvero orribile. Lui non riusciva a spiegare il senso di una sana macchia di alberi più di quanto potesse spiegare la sensazione di vento sulla pelle. Negli alberi sani c’era qualcosa di giusto, come l’odore della pioggia mattutina. Non era un suono, ma dava l’impressione di una melodia. Quando lui cantava a quegli alberi, si ritrovava a nuotare in quella sensazione giusta.

In questi alberi quella sensazione non c’era. Se vi si avvicinava, gli sembrava di poter sentire qualcosa. Un silenzio fragoroso. Non era un suono, ma una sensazione.

I combattimenti infuriavano davanti a loro nella foresta. Le forze della Regina Elayne si ritiravano cautamente verso est, fuori dagli alberi. Erano quasi al limitare del Bosco di Braem ora; una volta fuori, avrebbero marciato verso i ponti, li avrebbero attraversati e poi li avrebbero bruciati alle loro spalle. Poi i soldati avrebbero lanciato raffiche di distruzione contro i Trolloc che avessero cercato di attraversare il fiume dopo di loro su propri ponti. Bashere sperava di ridurre considerevolmente i numeri del nemico presso l’Erinin prima di continuare a est.

Loial era certo che tutto questo avrebbe rappresentato informazioni affascinanti per il suo libro, quando l’avesse scritto. Se fosse riuscito a scriverlo. Appiattì le orecchie mentre gli Ogier iniziavano il loro canto di guerra. Prestò la sua voce alla loro, lieto per quella tenibile canzone — il richiamo al sangue, alla morte — mentre riempiva il silenzio lasciato dagli alberi.

Iniziò a correre con gli altri, Erith al suo fianco. Loial si portò davanti, l’ascia sollevata sopra la testa. I pensieri lo lasciarono mentre si ritrovava arrabbiato, furioso verso i Trolloc. Non si limitavano a uccidere gli alberi. Sottraevano la pace agli alberi.

Il richiamo al sangue, alla morte.

Ruggendo la sua canzone, Loial si avventò sui Trolloc con la sua ascia, con Erith e gli altri Ogier che si univano a lui e fermavano l’impatto di questa unità di accerchiamento dei Trolloc. Non aveva avuto intenzione di guidare la carica degli Ogier. Lo fece comunque.

Colpì la spalla di un Trolloc con la faccia da ariete, tranciandogli il braccio. La cosa urlò e cadde in ginocchio, ed Erith le assestò un calcio in faccia, gettandola all’indietro tra le gambe di un Trolloc in arrivo.

Loial non interruppe la sua canzone, il richiamo al sangue, alla morte. Che udissero! Che udissero! Fendente dopo fendente. Tagliare legno morto, ecco cos’era tutto questo. Legno morto, marcio, orribile. Lui ed Erith si affiancarono all’anziano Haman, il quale — con le orecchie all’indietro — aveva un aspetto davvero feroce. Il placido Anziano Haman. Anche lui avvertiva la rabbia.

Una linea accerchiata di Manti Bianchi — che gli Ogier avevano soccorso — indietreggiò a fatica, facendo spazio agli Ogier.

Lui cantava e combatteva, ruggiva e uccideva, attaccando i Trolloc con un’ascia fatta per tagliare legno, mai carne. Lavorare con il legno era una faccenda devota. Questo… questo era uccidere erbacce. Erbacce velenose. Erbacce parassitane.

Continuò a fare a pezzi i Trolloc, perdendosi nel richiamo al sangue, alla morte. I Trolloc iniziarono a temere. Vide terrore nei loro occhi porcini e quello gli piacque. Erano abituati a combattere uomini, che erano più piccoli di loro.

Be’, che si scontrassero con qualcuno della loro stessa taglia. Ringhiarono quando la linea di Ogier li costrinse a indietreggiare. Loial metteva a segno colpo dopo colpo, tranciando braccia, spaccando toraci. Si fece strada a forza tra due Trolloc con l’aspetto di orsi, roteando la sua ascia e urlando dalla furia: adesso era furia per quello che i Trolloc avevano fatto agli Ogier. Si sarebbero dovuti trovare a godere della pace dello stedding. A costruire, cantare e far crescere.