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Era stato il passato ad allontanarlo.

— Mi dispiace, Ray.

Rimase imbarazzata, scoprendo di aver parlato ad alta voce. Ma solo i gabbiani potevano sentirla.

All’improvviso arrivò in un punto che destò tutti i suoi ricordi. Soppresse il senso di familiarità, ma il suo cuore batteva più forte. Non era lì per caso. Erano stati i piedi a indicarle la direzione. Piedi saggi. Meglio non fermarsi troppo a riflettere.

La baracca non era cambiata molto. C’era lo stesso recinto dall’aria lugubre, la stessa pompa di sentina che versava acqua oleosa nel canale di scolo. Lei discese la vecchia rampa di scale, si fermò davanti alla porta e bussò, con il cuore in gola.

Il vecchio delle guance incavate era ancora più vecchio e ossuto. Lei si sorprese che la riconoscesse. I suoi occhi si socchiusero, divertiti, nella cornice scura della porta. — Oh, sei tu — disse.

Teneva ancora le pillole nel retro.

18

Esisteva forse la possibilità di vendere la pietra. Byron non era in condizione di farne delle copie, dato che non osava arrischiare nemmeno una visita nel suo vecchio laboratorio. Avevano solo quella, e lui non era ben sicuro che Teresa avrebbe accettato di separarsene… ma quello era un problema che potevano discutere più tardi. Per il momento, avevano bisogno di soldi.

Noleggiò una barca e girò fino a trovare una cabina telefonica funzionante. Il numero che compose era riservato, e non si sorprese di sentire che non prendeva la linea. Si udì un silenzio sinistro, poi un trillo elettronico e infine un messaggio pseudorassicurante. IL NUMERO CHE AVETE COMPOSTO È FUORI SERVIZIO. RIMANETE IN LINEA E LA VOSTRA CHIAMATA SARÀ CORRETTAMENTE INOLTRATA.

Sì, all’Organizzazione!, pensò Byron amareggiato. Schiacciò il tasto per l’annullamento e balzò a bordo della sua barca a noleggio. Pochi secondi più tardi era già svanito nel traffico.

In una seconda cabina, nel cuore della zona industriale, fece un’altra chiamata, questa volta nei confini della Città Galleggiante. Parlò con un suo amico artista, un certo Montoya, e gli chiese come mai la linea video-ottica dell’istituto di Cruz Wexler a Carmel fosse stata disattivata.

Montoya sgranò gli occhi. — Forse non è stata una buona idea chiamarlo. Sei appena tornato in città? L’Organizzazione ha attaccato Wexler qualche settimana fa. L’istituto è chiuso e tutto il materiale è stato requisito.

Byron valutò l’informazione. Doveva essere successo subito dopo la loro partenza per il Brasile. E non era una coincidenza.

— Hanno fatto irruzione anche in alcune basi della Città Galleggiante — continuò Montoya. — Un brutto momento. C’era della brava gente lassù a Carmel quando l’azione è iniziata. — Scrollò la testa.

— Wexler l’hanno preso?

Montoya socchiuse gli occhi e si passò la lingua sulle labbra.

— Non è che non mi fidi di te, chiaro? Ma qualcuno potrebbe averti chiesto di domandarlo.

Byron afferrò l’obiettivo della telecamera e fece forza per orientarlo prima a destra e poi a sinistra, ruotandolo sul suo perno arrugginito. — Vedi qualcuno?

— Chiedilo a Cat — disse Montoya, e interruppe la comunicazione.

"Cat" Katsuma era un’abitante della Città della seconda generazione, molto graziosa e minuta, che eseguiva dipinti su cristallo per le gallerie in terraferma. Conosceva Byron e Teresa da anni, e si dimostro felice di rivederlo. — Avevo sentito delle brutte voci — confessò. — Sono felice di sapere che stai bene.

— Non posso lamentarmi — replicò Byron. — Dimmi di Wexler.

— Devi proprio parlare di lui?

— Vorrei chiarire alcune cose. — Purtroppo la speranza di ottenere del denaro sembrava ormai svanita.

— Bene. Incontriamoci nel pomeriggio, allora. — Cat nominò un caffè vicino alla diga, a sud delle fabbriche.

Lui pensò che Wexler gli dovesse, come minimo, una spiegazione.

Mentre dirigeva la barca, a sud, riesaminò mentalmente tutto ciò che sapeva di Cruz Wexler.

Molti particolari erano di dominio pubblico. Wexler era, o era stato, una celebrità. Durante gli anni della guerra, gli oneiroliti di cristallo avevano cominciato a circolare sul mercato sotterraneo della droga. Avevano goduto di un momento di grande popolarità quando la curiosità generale aveva raggiunto il massimo. Wexler aveva tenuto una cattedra di Dinamica Caotica, ma era stato liquidato dopo la pubblicazione di alcuni articoli in cui definiva le pietre "manna psichica proveniente da una civiltà più antica e più sana". Perse la cattedra, ma in compenso guadagnò dei proseliti. Per alcuni anni era stato una figura di spicco nei circoli bohémien della Città Galleggiante, dove aveva anche delle proprietà. Ma la notorietà decrebbe e Wexler finì per ritirarsi nel suo istituto di Carmel, a lottare contro un enfisema progressivo e assumendo il ruolo di saggio per i seguaci più ostinati e fedeli. Aveva ancora un seguito tra gli artisti della Città che traevano la loro ispirazione dalle pietre. Tutti, di tanto in tanto, facevano un viaggio a Carmel per attingere alle sue presunte illuminazioni. Byron pensava che in gran parte fossero panzane. Ma era Wexler che gli aveva fornito le basi per il suo laboratorio e solo lui, probabilmente, era in grado di dare un senso al disastro di Pau Seco.

Ancorò la barca a un parcheggio dietro le rovine di un impianto di demolizione e raggiunse a piedi il bar che Cat gli aveva indicato. Era un quartiere abbastanza particolare. Non che fosse proprio brutto, ma risentiva dell’influsso dei bassifondi che si stendevano a sud. Riconobbe Cat, seduta a un grande tavolo con vista sul canale, all’interno del perimetro tracciato da una catena. C’era qualcuno con lei: un uomo con un berretto della Marina calcato sulle orecchie e la barba lunga di due giorni. Per Byron non fu difficile riconoscere Wexler. Ordinò una birra, sentendosi piuttosto nervoso, e si diresse al loro tavolo.

— Ciao — lo salutò Cat, con affetto.

Lui continuava a fissare Wexler. Wexler sosteneva lo sguardo, senza parlare. Aveva gli occhi calmi, azzurri. Era pur sempre una figura carismatica. La gente non credeva che potesse mentire, con quegli occhi così limpidi.

Respirava a fatica.

Cat si alzò, con un sospiro. — Noi parleremo più tardi — disse. Toccò la spalla di Byron e si chinò su di lui. — Trattalo bene, d’accordo? L’ho sistemato a casa mia. Non sa dove andare e ha i polmoni ridotti molto male.

Byron aprì bocca solo quando lei fu abbastanza lontana da non sentire. — Ho tutte le ragioni per credere che tu ci abbia fottuto — dichiarò.

Wexler annuì. — Immaginavo che l’avresti presa così.

— Una passeggiata, avevi detto. Una vacanza.

— Ci sono state delle circostanze impreviste — replicò Wexler. — Teresa sta bene?

— Abbastanza. — La domanda lo urtò.

— Avete la pietra?

No, pensò Byron. Non aveva il diritto di saperlo. Non ancora. Sorrise. — Preferisco lasciarti nel dubbio — rispose.

Wexler si appoggiò all’indietro e sorseggiò il caffè. — Non sono qui per mia scelta — disse infine. Si riferiva sicuramente alla Città-Galleggiante. — Forse l’avrai già capito.

— Cat mi ha detto che ti hanno silurato.

— Hanno fatto un’irruzione. Non me l’aspettavo.

— Non eri in casa? Una bella coincidenza.

— Non mi aspettavo niente del genere, altrimenti non vi avrei mandato in Brasile. Mi lasci spiegare, o preferisci rompermi il naso?

Byron si accorse di avere i pugni chiusi. Altre panzane, pensò tristemente. Tanto valeva ascoltarle. Di colpo si accorse che non era andato lì né per denaro né per vendetta, ma solo per il bene di Teresa. La sua infelicità era palese e preoccupante, e soprattutto intimamente collegata alla natura delle pietre. Se c’era qualcuno in grado di capire, si trattava sicuramente di Wexler.