— Lei stava violando ogni procedura dell’Ente.
— Non sono un agente regolare. Svolgo un ruolo da jolly per Colin Kowalski, in funzione di informatore. Lei non saprebbe, ancora adesso, della mia esistenza se lui non gliene avesse parlato.
Ancora nessuna reazione. Aveva la capacità, come una specie di rettile, di frapporre una membrana nittitante fra se stessa e qualsiasi granello di sabbia volesse intrufolarsi. Notai questo di lei: i suoi limiti, la sua rigidità derivante dall’automatica assunzione di superiorità. Non riuscii tuttavia a fare a meno di sentirmi priva di valore rispetto a lei, in un modo che non avevo provato da mesi interi. Io, con la mia tuta sgualcita turchese e i capelli incolti, lei che sembrava uscita fuori da una pubblicità olovisiva per l’Enclave di Central Park East. Perfino le sue unghie erano perfette, modificate geneticamente in rosa, così da non avere mai il bisogno di essere laccate.
L’interrogatorio proseguì. Fui onesta quanto potevo esserlo, eccetto riguardo a ciò che concerneva Billy. La cosa non alleviò il mio umore che era mediamente pessimo.
Colin Kowalski arrivò circa alle nove di sera. Ero ancora agli arresti domiciliari, o quello che erano, ma Charlotte Prescott era apparentemente a corto di domande. La catena del cibo stava funzionando, servendo un’insaziabile fila di affamati che sbirciavano con curiosità lo scudo a energia-Y, affollati in metà del loro caffè, senza potere tuttavia vedere nulla a causa dello strato esterno che era stato reso opaco in una sola direzione.
— Colin. Sono felice che tu sia qui.
Era infuriato, non lo stava nascondendo, ma teneva l’ira sotto controllo. Aveva buoni motivi per tutte e tre le cose.
— Mi avresti dovuto contattare in agosto, Diana. Forse avremmo potuto bloccare prima la diffusione del disgregatore di duragem.
— Potete fermarlo adesso? — chiesi io, ma egli non rispose. Non avevo alcuna intenzione di farmi prendere in giro. Lo afferrai per il bavero della giacca — o meglio per quello che passa per essere un bavero nella nuova moda autunnale — e dissi, lentamente e con estrema chiarezza: — Hai trovato qualcosa. Di già. Colin, mi devi dire che cosa hai trovato finora. Devi. Ti ho portato io fin qui e inoltre non c’è un solo motivo al mondo per non dirmelo. Sai maledettamente bene che oramai ci sono tuoi agenti in ogni luogo nelle vicinanze.
Indietreggiò di un passo e liberò il bavero. Restai un po’ sconcertata nel notare quanto in fretta avessi dimenticato l’intolleranza dei Muli per il contatto fisico.
Non avevo tuttavia alcuna intenzione di smetterla. Forse non sarebbe stato necessario coinvolgere Billy più di quanto non lo fosse già per avermi tenuto nell’appartamento di Annie durante l’ultimo mese. — Cosa hanno trovato i tuoi agenti, Colin?
Me lo disse, non a causa della mia insistenza ma perché non esisteva un motivo al mondo per non farlo.
— Proprio quello che sospettavi tu, Diana, un laboratorio clandestino. Schermato. Abbiamo infranto lo scudo mezz’ora fa, non appena abbiamo scoperto l’area in cui cercare. I Super erano spariti ma il disgregatore di duragem aveva origine lì, decisamente. Quei bastardi non si sono nemmeno preoccupati di distruggere le prove. Il pericoloso ricombinante e la roba di nano-tecnologia in quel laboratorio…
— Che altro hanno cucinato per noi?
— Nulla che verrà fuori — disse lui e mi fissò dritto negli occhi. Troppo direttamente. Non riuscivo a capire cosa significasse quello sguardo.
Improvvisamente capii
— Colin, no, se non esaminerete tutto con estrema precisione…
L’esplosione scosse il caffè anche se ci trovavamo, probabilmente, a chilometri e chilometri di distanza e l’ECGS aveva preventivamente lanciato uno scudo antiscoppio attorno alla zona. Uno scudo antiscoppio trattiene tuttavia solamente le schegge volanti e, in ogni, caso, nulla è in grado di attutire un’esplosione nucleare. Le persone presso la catena alimentare si misero a gridare e si tennero strette le ciotole di zuppa e le bistecche di sinto-soia. L’olo-terminale che si trovava nella metà del caffè in cui stava anche la catena del cibo e che qualcuno aveva sintonizzato sulla trasmissione dei Campionati Nazionali di Scooter, vibrò momentaneamente.
Colin disse irrigidito: — Era troppo pericoloso per essere esaminato con precisione. Qualunque cosa fosse scappata da lì. Qualunque cosa su cui stessero lavorando.
Mi alzai barcollando anche se non c’era alcun motivo per barcollare. Mantenni un tono di voce equilibrato. — Colin, il laboratorio era realmente vuoto? Miranda Sharifi e gli altri Super erano veramente spariti prima che voi arrivaste?
— Sì, erano spariti — disse Colin e incrociò il mio sguardo con una tale fermezza, con una tale schiettezza che seppi immediatamente che stava mentendo.
— Colin…
— Il tuo servizio per l’ECGS è terminato, Diana. Abbiamo apprezzato il tuo aiuto. Ti verranno accreditati sul conto corrente sei mesi di stipendio e ti verrà fornita una discreta e non specifica lettera di raccomandazione semmai ne vorrai una. Ti viene, ovviamente, impedito di vendere la storia alla stampa sotto qualsiasi forma.
— "Colin"…
Per un secondo ci fu sul suo volto un lampo di schiettezza. — Hai chiuso, Diana. È finita.
Ma, ovviamente, non lo era.
Scivolai attraverso il generale pandemonio che regnava per la strada — reporter, abitanti del paese, agenti, perfino i primi curiosi arrivati con la ferrovia a gravità appena aggiustata — senza dare nell’occhio. Con la mia logora tuta invernale, una sciarpa che mi copriva la parte inferiore del volto, i capelli sporchi come quelli di tutti gli altri a East Oleanta, sembravo proprio soltanto un Vivo confuso in più. La cosa avrebbe potuto farmi piacere, se fossi stata capace di provare piacere per una qualunque cosa in quel preciso istante. C’era qualcosa di tremendamente storto nella mia testa e non sapevo di che si trattasse. Avevo ottenuto ciò che avevo voluto: a Huevos Verdes era stato impedito di immettere nell’ambiente una piaga come quella del disgregatore del duragem. Il paese, indipendentemente dai problemi economici che non erano mutati, aveva ora quanto meno una possibilità di recuperare, non appena il meccanismo a orologeria di tutti i disgregatori liberati avesse terminato il proprio numero prestabilito di repliche. Le bambine di dodici anni potevano mangiare; i vecchi non sarebbero più stati costretti ad arrancare attraverso la neve lungo binari ferroviari inutilizzabili ed essere attaccati per il cibo che portavano. Avevo ottenuto ciò che avevo voluto.
C’era qualcosa che non mi quadrava.
Le guardie stavano lasciando l’appartamento di Annie. Passai davanti a loro nel corridoio. Nessuna delle due mi lanciò una seconda occhiata. Billy giaceva sul divano, con Annie seduta su una sedia accanto alla sua testa, le labbra serrate tanto da creare un vuoto. Lizzie era seduta sul pavimento, masticando qualcosa che poteva essere una coscia di pollo.
— Tu. Fuori — disse Annie.
La ignorai, trascinando una seconda sedia accanto a Billy. Era lo stesso tipo di sedia in sintoplastica su cui ero stata seduta dirimpetto a Charlotte Prescott dalle unghie perfette, l’unico genere di sedia su cui mi fossi mai seduta a East Oleanta. Questa però era verde veleno. — Billy. Sai che cosa è successo?
Egli parlò, così piano che dovetti sporgermi in avanti per sentirlo: — Ho sentito, io. Hanno fatto saltare in aria l’Eden.
Annie disse: — E come facevano, loro, a sapere che c’era qualcosa da far saltare in aria? "Lei" glielo ha detto, dottoressa Turner! Ha portato lei gli uomini del governo a East Oleanta!
— Se non lo avessi fatto voi stareste ancora morendo di fame — risposi seccamente. Annie riusciva sempre a tirare fuori il peggio di me. Non dubitava mai di se stessa.
Annie si calmò, fumando. Billy disse: — È davvero andato? Lo hanno fatto davvero saltare in aria?