Drew Arlen aveva testimoniato. Aveva descritto gli esperimenti illegali di modificazione genetica effettuati da Huevos Verdes a East Oleanta, in Colorado, in Florida. Gli ultimi due laboratori erano apparentemente solo luoghi di appoggio per East Oleanta e Huevos Verdes, ma, Cristo Santo, i Super erano solamente in "ventisette". Come diavolo avevano fatto a fornire di personale quattro località?
Non erano come noi.
Questo divenne sempre più chiaro con il progredire del processo. Divenne altresì anche chiaro che Drew Arlen "era" come noi: arrancava nella stessa palude di buone intenzioni, insicurezze morali, comprensione limitata, passioni personali e restrizioni governative rispetto a quello che poteva o non poteva dire sul banco dei testimoni.
"Questa informazione è segreta" divenne la sua monotona risposta all’avvocato difensore di Miranda Sharifi, che era certamente l’uomo più frustrato del pianeta.
Proprio come in tempo di guerra.
Ma non era la "mia" guerra. Ero stata dichiarata noncombattente, mi erano state tolte armi, bagagli e impronta di retina da qualsiasi banca dati che non fosse pubblica. Nel corso dell’anno precedente ero stata prelevata tre volte, trasportata ad Albany e messa KO mentre bio-monitor confidavano i loro segreti a scienziati che, con ogni probabilità, si erano iniettati personalmente la stessa sostanza. I risultati del bio-monitoraggio non mi venivano comunicati. Ero una esiliata governativa.
Allora, perché mai doveva importarmi che gli Stati Uniti, in quanto Stati Uniti, fossero sul baratro della non esistenza, la prima uccisione nazionalistica realizzata facendo diventare lo stesso governo obsoleto?
Non lo so. Ma mi importava. Chiamatemi folle. Chiamatemi romantica. Chiamatemi cocciuta. Chiamatemi deliberato anacronismo auto-creatosi.
Chiamatemi patriota.
— Billy — dissi mentre arrancavamo lungo l’infinito tracciato della ferrovia a gravità sulle alte colline della Pennsylvania — sei ancora un americano?
Mi lanciò un’occhiata-alla-Billy, che è come dire intelligente senza il minimo barlume di comprensione lessicale. — Io? Sì.
— Sarai un americano se verrai ucciso da qualche fanatica difesa da ultima trincea dei Muli a Oak Mountain?
Gli occorse un minuto per decidere. — Sì.
— Sarai ancora un americano se verrai ucciso in un qualche attacco sferrato da un governo clandestino di Vivi puristi che pensa che tu ti sia svenduto al nemico genetico?
— Io non sarò ucciso da nessun altro Vivo, io.
— Ma se lo "fossi", moriresti come americano?
Stava perdendo la pazienza. I suoi vecchi occhi dalla giovane energia vagarono sui nostri compagni di cammino, in cerca di Annie. — Sì.
— Saresti ancora un americano se non ci "fosse più" nessuna America, nessun governo centrale, i Muli spazzati via da qualche movimento rivoluzionario clandestino e Miranda Sharifi marcisse in una prigione gestita unicamente da robot?
— Vicki, tu pensi troppo, tu — disse Billy. — Pensare a se riusciremo a restare vivi, noi, questo ha senso. Ma non ti puoi caricare tutto il maledetto paese sulle spalle, tu.
— La mente umana, osservò una volta Charles Lamb, è in grado di innamorarsi di qualsiasi cosa. Chiamami patriota, Billy. Tu credi ancora nel patriottismo, Billy?
— Io…
— Inoltre, una volta ho visto un cagnolino modificato geneticamente precipitare da un balcone e morire. — Billy, però, individuò improvvisamente Annie. Mi sorrise e si mosse per andare a camminare accanto alla sua amata il cui vestito, a dispetto di tutti i suoi sforzi, era stato consumato dal corpo prorompente. Assomigliava a una divinità pastorale, totalmente inconscia del fatto che la rivoluzione industriale fosse iniziata e che i telai stessero lavorando a ritmo di mitragliatrice.
Raggiungemmo Oak Mountain il 14 luglio, cosa che soltanto io trovai buffa, o quantomeno degna di nota. Erano già arrivate lì diecimila persone, secondo una stima approssimativa. Esse circondavano il terreno pianeggiante attorno alla prigione e si allargavano fino ai fianchi delle montagne circostanti. Per potersi nutrire erano stati liberati dai cespugli interi chilometri tutto attorno, anche se restavano degli alberi per fornire ombra. Nessuno si serviva di cibo vero: c’erano pochissimi escrementi. Le tende dai colori selvaggi delle Ex tute punteggiavano il terreno: turchese, arancione, cremisi, verde limone. Di notte si notavano i soliti fuochi da campo o i coni a energia-Y.
Durante la prima guerra mondiale erano morti più soldati per malattie, provocate dal fatto di essere ammassati insieme in condizioni scarsamente igieniche, che per le armi. All’assedio di Dunmar, avevano mangiato ratti e poi si erano mangiati a vicenda. Durante l’Azione Brasiliana, il danno causato alla foresta tropicale era stato maggiore rispetto al danno ai combattenti, visto che la tecnologia avanzata distruggeva tutto ciò che toccava. Mai più nulla del genere.
La storia era ancora attuale? La storia umana?
Billy aveva ragione. Pensavo troppo. Bisognava concentrarsi sul rimanere in vita.
— Mettiti più fango in faccia — mi disse Lizzie, osservandomi con espressione critica. Sembrava superfluo: tutti erano costantemente coperti di fango, cosa che era divenuta ben accetta. Il fango era pulito. Il fango era latte materno. Sospettai che Miranda e Compagnia avessero alterato il nostro senso dell’olfatto con la loro pozione magica. Le persone non sembravano puzzare le une rispetto alle altre.
— Infilati più foglie fra i capelli — disse Lizzie, inclinando criticamente la testa per studiarmi. Il suo volto grazioso era cupo di preoccupazione. — Qui ci sono delle persone strane, Vicki. Non capiscono che anche i Muli possono essere umani.
"Possono essere." Per tacita tolleranza, se ci uniamo ai Vivi e rinunciamo alle istituzioni tramite le quali controllavamo il mondo.
Il labbro di Lizzie fu scosso da un lieve tremito. — Se ti succedesse qualcosa…
— Non mi succederà niente — le risposi, senza crederci nemmeno per un istante. La strinsi forte, però, quella figlia che stava rapidamente scivolando via sia da Annie sia da me, e per la quale, nonostante tutto, combattevo come se non fosse già di una specie differente. Lizzie ormai era quasi completamente nuda, il suo "abito" ridotto a pochi stracci di cortesia. Nuda e inconsciamente disinteressata. C’erano delle tredicenni in quell’accampamento che erano altrettanto inconsciamente disinteressate e incinte. Nessun problema. Se ne sarebbero occupati i loro corpi. Non prevedevano alcun problema di parto, non avevano alcuna paura di dover mantenere il bambino, contavano sulle moltissime persone sempre attorno per aiutarle a occuparsi di quella prole casuale. Non era una gran cosa. Le bambine incinte erano serene.
— Stai bene attenta — disse Lizzie.
— Stai attenta anche tu — ribattei io ma, ovviamente, lei non fece altro che sorridere.