Lizzie mi fissò con espressione vacua, priva di speranza.
— Lizzie…
— Mi ha lasciato. Brad. Per Maura Casey!
È sbagliato ridere per gli amori infantili. Tanto per cominciare non è molto diverso da quello che fa la maggior parte degli adulti. Mi sedetti sul tronco accanto a lei.
— Lui dice… che sono troppo sveglia per essere un bene.
— I Vivi lo hanno sempre detto — replicai io gentilmente. — Brad non ha semplicemente ancora capito come stanno le cose.
— Ma io sono più sveglia di lui, io. — Si esprìmeva proprio come la bambina che ancora era. — Molto più sveglia. Lui è così stupido su tante cose!
— La maggior parte delle persone ti appariranno stupide, Lizzie. A cominciare da tua madre. È semplicemente il modo in cui sei fatta, e il modo in cui sarà ora il mondo. Per te.
Si soffiò il naso in una foglia. — Lo odio, io! Voglio che la gente mi capisce, io!
— Be’, meglio abituarsi alla cosa.
— Lui dice, lui, che cerco di controllarlo! Non lo faccio, io!
"Chi dovrebbe controllare la tecnologia?" mi disse la voce di Paul, steso a letto, compiaciuto di istruire la persona che aveva appena scopato. Compiaciuto di essere sopra. Lizzie probabilmente cercava davvero di controllare Brad. "Chiunque può" aveva detto Billy.
— Lizzie… a Charleston…
Lei balzò in piedi. — Ho detto che non ci vado, io, e non ci vado! Spero che c’è un attacco questa notte! Spero di morire! — Corse via, tuffandosi nel bosco, piangendo.
Mi lanciai dietro Lizzie a capofitto. A dieci metri, cominciai a guadagnare terreno. Lei era veloce, ma io avevo più muscoli e le gambe più lunghe. Era a un metro dalla mia mano. Mancavano ancora sei ore all’imbrunire. Avrei potuto legarla, trascinarla via fisicamente da Oak Mountain, dal pericolo, per quanta strada avrei potuto percorrere in sei ore. Se avessi dovuto, l’avrei messa KO e l’avrei portata in braccio.
Le mie dita le sfiorarono la schiena. Lei accelerò in avanti e saltò oltre un cespuglio. Anche io saltai e la caviglia mi si distorse nell’atterraggio.
Il dolore mi trafisse la gamba. Gridai. Lizzie non fece una piega. Forse pensò che stessi fingendo. Cercai di chiamarla ma un’improvvisa ondata di nausea, shock biologico, mi assalì. Voltai la testa appena in tempo per vomitare. Lizzie continuò a scappare e scomparve fra gli alberi. La udii anche quando non fui più in grado di vederla. Quindi non riuscii nemmeno più a sentirla.
Mi sedetti lentamente. Mi pulsava la caviglia, già gonfia. Non ero in grado di stabilire se fosse una distorsione o addirittura una frattura. Se lo fosse stato, il nano-meccanismo di Miranda l’avrebbe aggiustata. Non istantaneamente, però.
Mi venne un gran freddo, quindi cominciai a sudare. "Non svenire" mi dissi severamente. Non ora, non qui. Lizzie… Anche se fossi riuscita a ritrovarla, non avrei potuto portarla da nessuna parte.
Quando lo shock biologico fu passato, tornai zoppicando all’accampamento. Ogni passo fu un dolore e non solo per la caviglia. Quando raggiunsi la periferia dell’accampamento, alcuni Vivi mi aiutarono ad arrivare alla tenda. Quando vi arrivai, il dolore si era già affievolito. Era anche buio. Lizzie non c’era e non c’erano nemmeno Annie e Billy. Il terminale di Lizzie con la biblioteca di cristallo era sparito dalla sua tenda.
Mi rannicchiai davanti alla tenda, osservando il cielo. Era una nottata nuvolosa, senza stelle o luna. L’aria odorava di pioggia. Rabbrividii e sperai di sbagliarmi. Di sbagliarmi completamente, spettacolosamente, onniscientemente riguardo al movimento clandestino che nessuno ammetteva esistesse realmente, sui suoi bersagli, su ogni cosa.
Dopo tutto, che ne sapevo io?
"Miranda Libera, Miranda Libera, Miranda Libera."
La spirale rossa e blu pulsava, coperta dalla bandiera bianca rossa e blu. "Volontà e ideale", nessun’altra scritta. Volontà di chi? Quale ideale? Il Carcere di Oak Mountain giaceva silente e buio sotto la luce ritmica.
"Miranda Libera, Miranda Libera, Miranda Libera".
Stavo ancora seduta davanti alla mia tenda, cullandomi la caviglia. Annie l’aveva bendata stretta con una striscia di tessuto che la mia pelle stava probabilmente consumando. Ero seduta a circa quattrocento metri dai diecimila cantori. Il loro canto mi arrivava chiaramente.
Il cielo era scuro, coperto. L’aria estiva odorava di pioggia, di pino, di fiori selvatici. Mi resi conto per la prima volta che quei profumi erano forti come al solito, mentre il puzzo del sudore umano risultava soffocato rispetto ai miei nervi olfattivi mutati. Miranda e Compagnia sapevano il fatto loro.
Le torce tenute in mano dai cantori si mischiavano con coni a energia-Y: ondeggiante luce primitiva e solida alta tecnologia. Sopra di essa, il bagliore rosso e blu. Larghe strisce e stelle brillanti.
Il primo aereo arrivò dalla montagna priva di nome indicata da Brad, volando senza luci, uno scintillio metallico visibile solo se lo si stava cercando. Non avrebbero avuto bisogno di aerei, sarebbe stato sufficiente utilizzare artiglieria a lunga gittata. Qualcuno voleva registrare l’azione in primo piano. Barcollai in piedi, già piangendo. L’aereo giunse fino alla prigione e si abbassò, sfiorando i cantori col suo rombo. La gente si mise a gridare. Esso lasciò cadere una singola bomba a impatto, che esplose al centro della folla, a malapena sufficiente a provocare cinquanta morti, perfino in quell’ammasso di corpi. Stavano giocando.
Le persone cominciarono a spintonare e accalcarsi, gridando. I fortunati che si trovavano ai margini della ressa corsero via liberi, verso i distanti pendii boschivi. Riuscii a scorgere sagome, alle loro spalle, distanti ma separate che inciampavano le une sulle altre. Miranda mi aveva lasciato una vista da 20/20.
Un secondo aereo, che non avevo visto in precedenza, mi volò sopra provenendo dalla direzione opposta e scomparve oltre le mura della prigione. Non udii la seconda bomba, che doveva essere caduta dall’altra parte delle mura. L’esplosione fu soffocata dalle grida.
Le persone cominciarono a calpestarsi a vicenda.
Billy. Annie. Lizzie…
Il primo aereo aveva virato e stava tornando da dietro le mie spalle. Questa volta, lo sapevo, non sarebbe stato per giocare. Troppe persone dai margini della folla stavano arrancando verso luoghi più sicuri. La bomba avrebbe forse fatto saltare in aria la stessa Oak Mountain? Ovvio. Era lì che si trovava il principale abominio. Non sapevo che genere di scudi avesse la prigione, ma se l’attacco fosse stato di tipo nucleare…
L’ologramma sopra la prigione cambiò per l’ultima volta.
Pensai di avere visto Lizzie. Follia! Non era possibile distinguere gli individui a quella distanza. La mia mente voleva semplicemente che io morissi con la massima angoscia drammatica possibile. Pensai quindi di vedere correre Lizzie in avanti ed essere calpestata da persone in preda al panico che cercavano di scappare da ciò che era stato inevitabile dal momento della creazione della prima modificazione genetica.
Serrai gli occhi per morire. Quindi li aprii nuovamente.
In tempo per vedere il nanosecondo in cui accadde.
Lo scudo attorno a Oak Mountain brillò più sfolgorante dell’ologramma nel cielo. In un istante il carcere venne avvolto da una luce argentata. L’istante dopo la stessa luce argentata schizzò fuori dalle pareti della prigione sulla folla sottostante, in cornicioni grottescamente allungati di pura energia. La bomba, o qualsiasi cosa fosse stata, colpì la cima dello scudo a energia e detonò, o rimbalzò, o venne ributtata indietro. Un aereo esplose nel mezzo di un lampo che mi accecò, ma non si trattava di un ordigno nucleare. Un attimo dopo una seconda esplosione: l’altro aereo. Quindi silenzio di morte.
La gente aveva smesso di correre, nella maggior parte dei casi. Sollevò lo sguardo verso l’opaco tetto argentato che la proteggeva, il tetto di radiazioni ad alta tecnologia di fabbricazione umana.