La ragazza sorride: «Mi scusi, devo andare a scuola. Posso fare io? Numero!»
«Di casa dove abito?»
«Del cellulare…»
«Non me lo ricordo. Però ce l’ ho scritto sul palmo della mano.»
La ragazza sorride: «Ho capito» e rapidamente scrive “Ta”.
Io: «Ma che vuol dire?».
Lei si volta e, andando via: «Ti amo!».
Per noi vecchi ci vorrebbe un ufficio speciale nel quale delle giovani donne ti traducono in un messaggino un’intera lettera d’amore.
Entro: è un ufficio molto moderno, musica in sottofondo. Vado a uno sportello e consegno il telefonino.
«Desidera?»
«Devo mandare una lettera d’amore.»
«Dica…»
Mi manchi… tantissimo… Lo sai… che sei speciale per me, sei la migliore. Domani prendo il treno e… per una settimana staremo insieme… Il pensiero mi manda… su di giri. Tanti baci amore!
La ragazza velocissima scrive e, con voce fredda e professionale: «Tenga».
«Quant’è?»
«Due euro, sono quindici parole…»
Esco col telefonino in mano, mi avvicino a un vigile della mia età: «Me lo legge?».
Lui dà un’occhiata. C’è scritto: “Mmt+ lo sai ke 6 sxme, 6la+ dom prendo il 3no e x 1 se# starins. Il pens mi ma sdg. Xxx am!”.
Mi restituisce il cellulare: «Che fa, mi prende per il culo?».
La neolingua dei computer
Un giovanotto, purtroppo di cinquantasei anni, ha subito molestie da un politico omosessuale molto potente. Ma alla fine, grazie a una poderosa raccomandazione, è stato assunto in un ufficio di informatica.
Primo giorno di lavoro, un lunedì mattina: il quasi vecchio entra in uno stanzone. Mani spugnate, ciabatta turca al posto della lingua, ansima leggermente. Non c’è ancora nessuno, solo trentotto tavolini con degli schermi spenti e delle tastiere. Sono le 8.20, si siede a un tavolo laterale dove c’è scritto il suo nome. La cosa lo rassicura. Alle nove in punto il trillo violentissimo di un campanello lo sveglia di soprassalto. Entra una mandria silenziosa di giovanotti sui venticinque anni. Non si salutano, prendono posto, accendono gli schermi e si avventano sulle tastiere. Da un tavolo lontano un grido feroce: «Il mouse… è scomparso il mio mouse!».
Il giovanotto di cinquantasei anni balza in piedi e si precipita fuori dalla porta.
L’usciere di cinquantotto anni, seduto a un tavolinetto in corridoio: «Che succede?».
Il giovanotto: «È scappato un topo… fin da piccolo…».
L’usciere sorride: «Sono qui da cinque anni. All’ inizio per me è stato un inferno».
Il giovanotto rientra e si siede al suo posto. Da fuori, in corridoio, l’ usciere urla: «Deveee… schiacciareee… il pulsante alla destra dello schermooo… quello sul tavolooo!».
Si accende il suo schermo. Lui timidamente, al suo vicino di destra: «Scusi, che faccio adesso?».
«Prima l’ account, poi inserisci la password, vai al log-in e clicchi sul browser. Attento ai bug!»
«La ringrazio, molto gentile.» Respira a fatica. Si rivolge al vicino di sinistra: «Signore, mi scusi il disturbo, ma come… si va… Nel senso… che faccio?».
Quello, senza guardarlo, come ipnotizzato dal suo desktop: «Via al boot, parte il daemon, cerca i crack, e può andare in crash. È chiaro?».
«Chiarissimo, grazie.»
Dal corridoio la voce dell’ usciere: «Coraggiooo!».
Davanti a lui un giovanissimo impiegato si alza per andare al cesso. Lui lo afferra per un braccio: «Abbi pietà, mi dii una mano…».
«Guarda, sto esplodendo, comunque scorri la directory, fai drag and drop con il file scelto e, se vuoi, apri un guest book.»
Sono le tre del pomeriggio, il vecchio giovanotto si alza in piedi sul tavolo: «Ragazzi, abbiate pietà, come posso spegnere questo affare? Ho paura».
Un momento d’imbarazzante silenzio. Gli informatici si alzano tutti in piedi e, parlando tutti insieme: «Prima, la newsletter, traccia plotter, UB, bridge, host, token ring, router, forwarding, poi il plug-in e attento all’ hard-disk».
«Vi ringrazio, siete stati molto gentili, ma io esco un attimo.»
Scende dal tavolo, corre veloce verso una finestra e, sfondando il vetro, si butta di sotto. Gli informatici si risiedono tutti senza commentare. E ricominciano a battere freneticamente sui tasti.
Entra il vecchio usciere, si affaccia alla finestra: «Lo sapevo, quest’anno è il quarto…».
La nuova grammatica italiana
I vecchi accademici, fortunatamente, sono quasi tutti scomparsi. Negli ultimi anni della loro vita erano disperati. La sacra, prolissa, pomposa, imparlabile lingua italiana la usavano, ansimando, solo loro: i giudici dei tribunali, i notai, i funzionari ministeriali, gli psichiatri e i malati di mente.
Molti sono morti davanti al telefono a muro mentre, colpiti da un semplice infarto miocardico, chiedevano aiuto al 118: «Pronto? Sono un accademico. Secondo quanto enuncia il Bulgarelli nel suo geniale libello Come muoversi di fronte all’avvisaglia di qualsivoglia sintomo attribuibile o a un aneurisma, o a una trombosi miocardica…». Qui le centraliniste, che pensavano al solito scherzo di un masturbatore abituale, buttavano giù. E il disgraziato si abbatteva sul pavimento della cucina, folgorato. Questi imbecilli sono stati ritrovati quasi tutti in stato di avanzata decomposizione con la cornetta in mano. Ne mancano ancora due: uno lo stanno cercando ovunque, ma il suo telefono è sempre occupato. L’altro, invece, ha il segnale libero, ma già dalla portineria arriva un inquietante odore di cadavere.
Grazie a questi eventi fortunati la lingua italiana negli ultimi vent’anni ha subito una mirabile involuzione, in compenso è capita e parlata finalmente da tutti.
Nei programmi televisivi della notte compaiono, purtroppo, presidi di scuola media, scrittori falliti e sacerdoti omosessuali che analizzano questo fenomeno: «È colpa della televisione… della troppa libertà sessuale… ma, soprattutto, dell’ uso degli spinelli e dei comunisti!».
Queste diagnosi sono raccapriccianti, però devo dire che sono gli unici monologhi comici della televisione.
Cerchiamo ora di ricostruire per voi la nuova, vera, grammatica italiana.
Appendice
I verbi sono una barriera insormontabile.
PRESENTE INDICATIVO
io vado
tu vai
lui anda
noi andiamo
voi… fate quel che volete essi andono
PASSATO PROSSIMO
ieri andei
tu anche
lui non so
noi siamo ancora qui
loro no
quelli vadino
PASSATO REMOTO
io andetti
tu andi
lui andò
noi andettimo
voi andetette
essi anderettettero
PRESENTE INDICATIVO
io vengo
tu vengi
egli venge
noi eccoci qui
voi eccovi là
essi venno
PASSATO REMOTO
io venii
tu venitti
egli venditte
noi vittimo
voi vittimiste
essi vinnero
PRESENTE INDICATIVO
io indico a chi do