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«Sì, sul manico ci sono le mie iniziali.» Sean dette un altro morso alla ciambella. «Le incisi a fuoco molto tempo fa, una volta che pioveva che Dio la mandava e dovemmo stare dentro per ore. Ho un coltellino svizzero e avevo riscaldato un tappo di sughero con l'accendino».

«Accusasti Macker di averla presa. Perché?»

Si strinse nelle spalle. «Non lo so, perché è uno che fa cazzate di quel genere. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di rubarla davvero, con sopra le mie iniziali poi, quindi pensai che l'avesse semplicemente presa qualcuno per rompermi le palle.»

«E credi ancora che sia stato lui?»

«Mah, no. Poi ci ho pensato. Il dottor Hunt chiuse la baracca dei reperti quando uscimmo, e Macker non ha la chiave.» Improvvisamente lo sguardo gli si illuminò. «Ehi, ma è stata l'arma del delitto? Oh, merda!»

«No» dissi. «In quale giorno trovasti la moneta, te lo ricordi?»

Sguardo fisso nel vuoto, gambe ciondoloni, Sean sembrava deluso, ma ci pensò ugualmente. «Il cadavere fu trovato di mercoledì, no?» Aveva finito la ciambella. Appallottolò la pellicola, la lanciò in aria e la colpì con una specie di schiacciata, mandandola nel sottobosco. «Okay, quindi non fu il giorno prima perché facemmo quel cazzo di canale di scolo. Il giorno prima ancora.»

Mi capita di pensare ancora a quella conversazione con Sean. C'è qualche cosa di stranamente confortante nella memoria, anche se porta con sé la sua dose inesorabile di dolore. Credo che quel giorno, anche se mi è ancora difficile riconoscerlo, la mia carriera raggiunse l'apice. Non vado fiero di molte delle cose che ho fatto nel corso dell'Operazione Vestale, ma quella mattina almeno, nonostante tutto quello che era successo prima e nonostante tutto ciò che sarebbe accaduto dopo, quella mattina, dicevo, feci tutto alla perfezione, con la sicurezza e la facilità di uno che non aveva mai messo un piede in fallo in vita sua.

«Ne sei sicuro?» chiesi.

«Be', sì, direi di sì. Chieda al dottor Hunt. La catalogò nel registro dei reperti. Ma io sono un testimone? Dovrò testimoniare in tribunale?»

«Molto probabilmente sì» dissi. L'adrenalina aveva fatto passare in secondo piano la stanchezza e il cervello andava a tutta velocità, esaminando architetture e possibilità come in un caleidoscopio. Clic, clic, clic. «Ti farò sapere.»

«Bene!» disse allegramente Sean, forse risarcito della delusione per la faccenda dell'arma del delitto. «Entrerò in un programma di protezione dei testimoni?»

«No, però ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Voglio che tu torni a lavorare e che dica agli altri che abbiamo parlato di un tizio che hai visto gironzolare qua intorno qualche giorno prima dell'omicidio. Ti ho chiesto di descrivermelo meglio. Ce la fai a sostenere questa versione?» Niente prove e niente rischio di inquinarle, non volevo ancora spaventare nessuno.

«Ovvio!» mi assicurò Sean, offeso. «Un lavoro sotto copertura. Grande.»

«Grazie» dissi. «Ti raggiungerò più tardi.» Scivolò giù dal cofano e se ne andò saltellando verso gli altri, strofinandosi la nuca attraverso il berretto di lana. Aveva ancora dello zucchero agli angoli della bocca.

Chiesi a Hunt, il quale controllò sul registro e confermò quanto aveva detto Sean: aveva trovato la moneta il lunedì, qualche ora prima che Katy morisse. «Un reperto bellissimo» mi disse. «Bellissimo. C'è voluto un bel po' di tempo per… be', per identificarlo. Non disponiamo di esperti di numismatica qui e io sono un medievalista.»

«Chi ha le chiavi della baracca dei reperti?» chiesi.

«Un penny del periodo di Edoardo VI, inizio anni Cinquanta del XVI secolo» disse. «Oh, della baracca dei reperti? Perché?»

«Sì, della baracca dei reperti. Mi hanno detto che di notte è chiusa. È così?»

«Sì, sì, la chiudiamo tutte le sere. C'è quasi solo ceramica, ma non si sa mai.»

«E le chiavi chi le ha?»

«Be', ovviamente io» disse, togliendosi gli occhiali e strizzando gli occhi per mettermi a fuoco, mentre li puliva con il maglione. «E poi Mark e Damien. Per le visite. Alla gente piace vedere i reperti, no?»

«Sì» confermai, «credo proprio di sì».

Tornai al parcheggio e chiamai Sam. Da uno degli alberi, un castagno, erano caduti dei ricci intorno alla mia macchina. Ne aprii uno e lanciai la castagna per aria, mentre aspettavo che Sam rispondesse. Se qualcuno mi avesse guardato, magari preoccupato, avrei avuto l'aria di uno che faceva una telefonata senza importanza, per prendere accordi con una ragazza per la sera.

«O'Neill» disse Sam.

«Sam, sono Rob.» Acchiappai al volo la castagna. «Sono a Knocknaree, allo scavo. Ho bisogno di te, Maddox e un po' di agenti di supporto qui, il più presto possibile, con una squadra della Scientifica. Chiama Sophie Miller, se puoi. Dille che porti un metal detector e qualcuno che lo sappia usare. Ci vediamo all'ingresso della zona residenziale.»

«Ricevuto» rispose Sam e chiuse.

Ci avrebbe messo almeno un'ora per organizzare il tutto e arrivare a Knocknaree. Spostai la mia auto più in alto sulla collina, fuori dalla visuale degli archeologi, e mi misi ad aspettare seduto sul cofano. L'aria odorava di erba morta e di tuoni. Knocknaree si era come richiusa su se stessa, le colline erano invisibili sotto le nuvole, il bosco un'ingannevole macchia scura lungo le pendici. Era passato un po' di tempo e ai bambini era stato dato di nuovo il permesso di giocare fuori, sentivo gridolini che venivano dall'interno della proprietà. Si sentiva ancora l'antifurto dell'automobile di prima e da qualche parte un cane continuava ad abbaiare furioso, ininterrottamente.

Ogni rumore sembrava avvolgermi con una nuova spira. Sentivo il sangue pulsarmi in ogni angolo del corpo. Il cervello andava ancora a pieno ritmo, ronzava e macinava collegamenti e brandelli di prove, cercando di mettere insieme quello che avrei detto agli altri quando fossero arrivati. E da qualche parte, sotto l'adrenalina, si faceva strada la presa di coscienza graduale e inesorabile che, se avevo ragione, la morte di Katy Devlin non aveva quasi sicuramente nulla a che vedere con quello che era accaduto a Peter e Jamie. Almeno nel senso che non c'erano prove per collegare i due eventi.

Ero così assorto che quasi mi dimenticai chi stavo aspettando. Quando iniziarono ad arrivare, li vidi con lo sguardo alterato e turbato di un estraneo: auto scure e discrete e furgoni bianchi che sopraggiungevano come in un'invasione, porte scorrevoli che si aprivano senza rumore, uomini in divisa nera e tecnici senza volto con il loro scintillante arsenale di strumenti. Freddi e pronti come chirurghi, si preparavano a sollevare palmo a palmo la pelle di quel posto per mettere alla luce i brulicanti e scuri strati che nascondeva. Le portiere delle auto sbattevano con un rumore soffocato e preciso, attutito dall'aria pesante.

«Allora, cos'è successo?» chiese Sam. Aveva portato con sé Sweeney, O'Gorman e un tizio dai capelli rossi che riconobbi vagamente per averlo visto sfrecciare in un momento di congestione della sala operativa, qualche settimana prima. Scivolai giù dal cofano della Land Rover e mi ritrovai circondato. Sophie e i ragazzi della sua squadra si infilarono i guanti, vidi il viso immobile e affilato di Cassie dietro la spalla di Sam.

«La notte della morte di Katy Devlin» cominciai, «dalla baracca dei reperti, sempre chiusa a chiave, è sparita una cazzuola. Le cazzuole che usano qui sono fatte con una lama di metallo a forma lanceolata fissata a un manico di legno dall'estremità arrotondata, lungo circa quindici centimetri, che si assottiglia verso la lama. Questa cazzuola in particolare, che ancora non è stata ritrovata, ha le iniziali "SC" incise a fuoco sul manico. Sono le iniziali del suo proprietario, Sean Callaghan, che dice di averla dimenticata nella baracca dei reperti verso le 17.30 di lunedì. Corrisponde alla descrizione di Cooper dell'oggetto usato per stuprare Katy Devlin. Nessuno sapeva che l'oggetto fosse nella baracca, quindi dev'essere stata un'arma afferrata d'impulso, e potrebbe essere proprio la baracca la scena primaria del crimine. Sophie, puoi iniziare da lì?»