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«Kit del luminol» disse Sophie a uno dei suoi assistenti, che si staccò dal gruppo e andò ad aprire la portiera del furgone.

«Tre persone avevano le chiavi della baracca dei reperti» continuai. «Ian Hunt, Mark Hardy e Damien Donnelly. Non possiamo escludere neppure Sean Callaghan: potrebbe anche essersi inventato di aver dimenticato la cazzuola lì dentro. Hunt e Hardy hanno l'auto, il che significa che, se è stato uno dei due, possono aver nascosto o trasportato il corpo nel portabagagli. Callaghan e Donnelly non ce l'hanno, per quello che ne so, quindi se è stato uno di loro avrà nascosto il cadavere molto vicino, magari nel sito stesso. Dovremo passarlo al setaccio e sperare che siano rimaste delle prove. Cerchiamo la cazzuola, un sacchetto di plastica sporco di sangue e la scena del crimine, primaria e secondaria.»

«Hanno anche le chiavi delle altre baracche?» chiese Cassie.

«Scopritelo» risposi.

Il tecnico della scientifica era tornato con il kit del luminol in una mano e un rotolo di carta marrone nell'altra. Ci scambiammo uno sguardo e annuimmo, poi ci mettemmo in marcia. Un plotone ben istruito che scendeva giù per la collina, verso il campo degli scavi.

Un caso che si avvia alla soluzione è come una diga che frana. Gli elementi intorno a te si raccolgono e precipitano spontaneamente, inarrestabili, a tutta velocità. Ogni stilla d'energia profusa nelle indagini ritorna, incontrollata, e guadagna slancio di secondo in secondo, travolgendoti nel fragore. Mi dimenticai che non potevo soffrire O'Gorman, che Knocknaree mi faceva venire il mal di testa e che avevo mandato a puttane quel caso almeno una decina di volte; quasi mi dimenticai anche di quello che era successo tra me e Cassie. Credo sia una delle cose che amo di questo lavoro: il modo in cui, in certi momenti, puoi arrenderti completamente, abbandonare tutto e lasciarti andare al suo ritmo pulsante e meccanico, diventare null'altro che l'ingranaggio di un meccanismo perfettamente equilibrato ed essenziale.

Ci sparpagliammo, per precauzione, nell'avvicinarci all'area dove si trovavano gli archeologi. Ci lanciarono occhiate apprensive ma nessuno fuggì, nessuno smise neppure di lavorare.

«Mark» dissi. Era ancora inginocchiato in cima al suo terrapieno. Saltò su con un unico movimento rapido e pericoloso e mi fissò. «Devo chiederti di portare tutta la squadra nella baracca della mensa.»

Mark esplose. «Cazzo! Ma non ne avete avuto abbastanza? Di che cosa avete paura? Anche se oggi troviamo il Santo Graal, lunedì mattina la vostra gente raderà tutto al suolo comunque. Non ci potreste lasciare in pace almeno questi ultimi giorni?»

Per un attimo temetti quasi che mi si avventasse contro. Sentii Sam e O'Gorman che prendevano posizione alle mie spalle. «Calmati, ragazzo» disse O'Gorman, minaccioso.

«Non darmi del ragazzo. Ci rimane solo fino a venerdì alle cinque e mezzo, e qualsiasi cosa vogliate da noi dovrà aspettare fino ad allora perché non ce ne andiamo da nessuna parte.»

«Mark» s'intromise Cassie, dura, accanto a me. «Questa cosa non ha niente a che vedere con l'autostrada. E adesso ti dico quello che faremo: tu, Damien Donnelly e Sean Callaghan verrete con noi, adesso. Senza discutere. Se ci seguirete senza fare storie, il resto di voi potrà continuare a lavorare sotto la supervisione del detective Johnston. Intesi?»

Mark le lanciò uno sguardo di fuoco, poi sputò nella polvere e fece un cenno con il mento a Mel, che si stava già avvicinando. Gli altri archeologi rimasero a guardare, sudati e con gli occhi spalancati. Mark le dette istruzioni con tono aspro, indicando con il dito varie zone dello scavo. Poi, inaspettatamente, le mise una mano sulla spalla, gliela strinse e si avviò verso le baracche di lamiera, con i pugni affondati nelle tasche della giacca. O'Gorman lo seguì.

«Sean» chiamai. «Damien.» Sean fece un salto in avanti, impaziente di collaborare. Sollevò la mano aperta per darmi un cinque e, quando lo ignorai, mi rivolse uno sguardo complice. Damien si avvicinò più lentamente, tirandosi su i pantaloni multitasche. Sembrava stupito, al limite dello stordimento, ma trattandosi di lui la cosa non mi fece scattare nessun allarme.

«Abbiamo bisogno di parlare con voi» dissi. «Aspetterete nella mensa fino a quando non saremo pronti a portarvi in centrale.»

Aprirono tutti la bocca nello stesso momento, ma io mi girai e mi allontanai prima che potessero chiedere qualcosa.

Li radunammo nella baracca adibita a mensa, insieme a un agitatissimo dottor Hunt, con le mani ancora piene di documenti, e lasciammo O'Gorman a tenerli d'occhio. Hunt ci dette il permesso di perquisire il sito, con una spontaneità che lo fece scivolare ancora più in basso nell'elenco dei sospetti (chiese di vedere il mandato, ma si rimangiò subito tutto quando gli risposi che glielo avrei fornito se avesse avuto la pazienza di aspettare qualche ora). Sophie e la sua squadra si diressero verso la baracca dei reperti e iniziarono ad applicare la carta marrone alle finestre. Johnston, al sito, prese ad aggirarsi tra gli archeologi con un taccuino in mano, controllando le cazzuole e facendo brevi interrogatori individuali.

«La stessa chiave apre tutte le baracche» disse Cassie, uscendo dalla mensa. «Hunt, Mark e Damien ne hanno una a testa, Sean no. Non ce ne sono altre. E tutti dicono di non aver mai perso, prestato o smarrito la loro.»

«Allora cominciamo con le baracche» decisi, «poi passeremo all'esterno, se ce ne sarà bisogno. Sam, tu e Cassie volete occuparvi di quella degli attrezzi? Io e Sweeney ci faremo l'ufficio.»

L'ufficio era piccolo e ingombro di roba: mensole cariche di libri, scrivania stracolma di carte, tazze e pezzi di ceramica, oltre a un obsoleto computer. Sweeney e io lavoravamo rapidi e metodici aprendo cassetti, tirando fuori libri e controllando dietro prima di rimetterli a posto, spesso alla rinfusa. Non mi aspettavo di trovare alcunché. Lì non c'era posto per occultare un cadavere, ed ero abbastanza sicuro che la cazzuola e il sacchetto di plastica fossero stati gettati nel fiume o sepolti da qualche parte nello scavo. Ci sarebbe voluto un metal detector e un sacco di tempo e fortuna per trovarli. Riponevo tutte le mie speranze in Sophie, nella sua squadra e nei riti misteriosi che stavano compiendo nella baracca dei reperti. Passavo le mani lungo le mensole con gesti automatici. Avevo le orecchie tese con una concentrazione che quasi mi paralizzava: speravo di sentire un rumore da fuori, dei passi e la voce di Sophie che mi chiamava. Quando Sweeney fece cadere un cassetto e si lasciò sfuggire un'imprecazione a bassa voce quasi gli urlai di stare zitto.

Gradatamente, mi resi conto di quanto avessi puntato su quella cosa. Avrei potuto semplicemente chiamare Sophie e dirle di venire a controllare la baracca dei reperti, senza bisogno di dirlo a nessun altro se non fosse saltato fuori niente. Invece avevo messo sotto sequestro l'intero sito e chiamato praticamente tutti quelli che avevano a che fare con l'indagine. Se tutta la faccenda si fosse rivelata un fiasco non volevo nemmeno pensare a quel che avrebbe detto O'Kelly.

Dopo un tempo che mi parve lunghissimo sentii da fuori: «Rob!» e scattai in piedi, facendo cadere carte ovunque. Ma era la voce di Cassie: chiara, infantile, sovreccitata. «Rob, l'abbiamo trovata. La cazzuola. Nella baracca degli attrezzi, sotto un mucchio di incerate.» Era rossa in viso e senza fiato. Si era ovviamente dimenticata che da un pezzo in pratica non ci rivolgevamo più la parola. Me ne dimenticai anch'io, per un attimo, e la sua voce fu ancora la freccia luminosa e calda che raggiungeva il mio cuore.

«Resta qui» dissi a Sweeney, «continua a cercare.» Seguii Cassie che stava già correndo di nuovo verso la baracca degli attrezzi. Vedevo i suoi piedi muoversi rapidi, saltando solchi e pozzanghere.

La baracca era una baraonda di carriole buttate ovunque, picconi, pale e piccozze appoggiati al muro, pile traballanti di secchi di metallo, materassini in gommapiuma per lavorare in ginocchio e casacche fosforescenti (qualcuno aveva scritto "inserire un piede qui" e tracciato una freccia che puntava verso il basso, sulla schiena di quella che stava in cima al mucchio), il tutto incrostato di fango secco. Alcuni tenevano lì anche le biciclette. Cassie e Sam avevano lavorato spostandosi da sinistra a destra, e la parte a sinistra, con la tipica aria del posto che aveva subito una perquisizione, appariva moderatamente riordinata.