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«Ah… no… Insomma, sì, a volte si arrabbia, se qualcuno fa casino, ma non l'ho mai visto alzare davvero le mani, o cose simili.»

«E pensi che sarebbe capace di farlo, se fosse molto arrabbiato?» Mi pulii le dita e sfogliai il blocco, cercando di non ungere le pagine. «Il solito sbrodolone» mi rimproverò Cassie. Le mostrai il dito medio. Damien ci guardò, disorientato.

«Cosa?» chiese poi, esitante.

«Credi che Mark possa diventare violento se provocato?»

«Forse sì, non lo so.»

«E tu? Hai mai picchiato qualcuno?»

«No! Ma… no!»

«Avremmo dovuto prendere anche il pane all'aglio» disse Cassie.

«Io non ci sto di sicuro chiuso in una stanza degli interrogatori con due persone e della roba all'aglio. Cosa pensi ti ci vorrebbe per picchiare qualcuno, Damien?»

La bocca del ragazzo si spalancò.

«Non sembri un tipo violento, ma tutti hanno un punto di rottura. Per esempio, picchieresti qualcuno che insultasse tua madre?»

«Io…»

«Oppure per denaro? O per autodifesa? Cosa potrebbe spingerti a farlo?»

«Io non…» Damien sbatteva le palpebre in continuazione. «Non lo so. Insomma io… io non ho mai… però credo che, come diceva lei, tutti hanno un punto di rottura, non lo so…»

Annuii e presi mentalmente nota. «Magari ne vuoi una diversa?» chiese Cassie, guardando la pizza. «Per me la migliore resta quella con prosciutto e ananas, però di là ce n'è una tosta… salame piccante e salsiccia.»

«Cosa? Ma… no. No, grazie. Chi c'è…?» Aspettammo, masticando. «Chi c'è di là? Posso… posso chiederlo?»

«Certo» risposi. «C'è Mark. Abbiamo già mandato a casa Sean e il dottor Hunt, ma Mark non possiamo ancora lasciarlo andare.»

A mano a mano che elaborava le informazioni e le relative implicazioni, Damien mostrava un pallore sempre più accentuato. «E perché?» chiese debolmente.

«Questo non posso dirtelo» rispose Cassie, prendendo un altro pezzo di pizza. «Mi dispiace.» Gli occhi di Damien rimbalzarono, disorientati, dalle sue mani al suo viso, poi al mio.

«Quello che posso dirti, però» dissi, muovendo verso di lui il pezzo di crosta di pizza che avevo in mano, «è che questo è un caso davvero molto serio. Ho visto molta brutta roba nella mia carriera, Damien, ma questo… Non c'è peggior crimine al mondo che uccidere un bambino, in questo caso una bambina. Una vita spezzata per sempre, l'intera comunità gettata nel terrore. I suoi amici non supereranno mai lo shock, la sua famiglia ne sarà devastata…»

«A pezzi» rincarò Cassie, con la bocca piena. Damien deglutì, abbassò lo sguardo sulla 7-Up come se l'avesse dimenticata e si mise ad armeggiare con la linguetta.

«Chiunque abbia fatto una cosa del genere…» Scossi la testa. «Non so proprio come possa andare avanti senza fare i conti con se stesso.»

«Occhio al pomodoro» mi disse Cassie, passandosi un dito sull'angolo della bocca. «Insomma, non ti posso proprio portare da nessuna parte.»

Finimmo quasi tutta la pizza. Non mi andava, persino l'odore, grasso e penetrante, era troppo per me, ma la messinscena aveva messo Damien sempre più in agitazione. Alla fine accettò uno spicchio e se ne stette lì tapino a mordicchiare i pezzetti d'ananas, voltando la testa da Cassie a me e di nuovo a lei, come se stesse seguendo una partita di tennis troppo da vicino. Rivolsi un pensiero a Sam: era improbabile che salame piccante e mozzarella doppia potessero destabilizzare allo stesso modo anche Mark.

Mi vibrò il cellulare nella tasca. Controllai il display: Sophie. Uscii nel corridoio. Dietro di me, Cassie dichiarò: «Il detective Ryan lascia la stanza dell'interrogatorio».

«Ciao, Sophie» dissi.

«Ehi… un aggiornamento: nessun segno di scasso sulla serratura. Non è stata forzata. E la cazzuola è effettivamente lo strumento dello stupro. Sembra che sia stata lavata, ma ci sono tracce di sangue nelle crepe del manico. C'è anche un bel po' di sangue su una delle incerate. Stiamo ancora controllando i guanti e i sacchetti di plastica, ma mi sa che a ottant'anni saremo ancora qui. Sotto le incerate abbiamo trovato una torcia. È piena di impronte, ma sono tutte piccole e la torcia ha dei disegni di Hello Kitty, quindi immagino che appartenesse alla vittima, e che sia lo stesso per le impronte. Da voi come va?»

«Stiamo ancora lavorando su Hanly e Donnelly. Callaghan e Hunt sono fuori.»

«E me lo dici adesso? Cristo santo, Rob, abbiamo perso un sacco di tempo a esaminare l'auto di Hunt. Niente, ovviamente. E non ci sono tracce di sangue neppure nella macchina di Hanly. Milioni di capelli, fibre… Se anche ha trasportato la vittima di certo non si è dato la pena di ripulire e quindi può anche darsi che salti fuori qualcosa. In verità dubito che abbia mai pulito la macchina in generale. Se mai dovesse trovarsi a corto di siti archeologici, potrebbe sempre dedicarsi a esplorare sotto i suoi sedili anteriori.»

Mi richiusi la porta alle spalle, dissi rivolto alla telecamera: «Il detective Ryan rientra nella stanza dell'interrogatorio» e mi misi a sgomberare gli avanzi della pizza. «Era la Scientifica» comunicai a Cassie. «Hanno confermato che le prove corrispondono esattamente a quello che ci aspettavamo. Damien, ne vuoi ancora di questa?» chiesi, rimettendo nella scatola per buttarla la fetta di pizza senza ananas prima ancora che potesse rispondere.

«Ottimo» commentò Cassie, prendendo un tovagliolo di carta e dando una rapida pulita al tavolo. «Damien, hai bisogno di qualcosa prima che ci rimettiamo al lavoro?»

Damien la fissò, come per capire, poi scosse la testa.

«Bene» dissi, spingendo in un angolo il cartone della pizza e prendendo una sedia. «Cominciamo con il metterti al corrente di alcune delle cose che abbiamo scoperto oggi. Hai idea del perché vi abbiamo portato qui, voi quattro?»

«Per quella ragazzina» rispose lui, debolmente. «Katy Devlin.»

«Be', sì, certo. Ma ti sei chiesto perché abbiamo convocato solo voi quattro? E non il resto della squadra?»

«Avete detto…» Damien fece un gesto verso Cassie con la lattina di 7-Up. La teneva con tutte e due le mani, come se temesse che potessi togliergli anche quella. «Avete chiesto delle chiavi. Chi aveva le chiavi delle baracche.»

«Tombola» disse Cassie, annuendo convinta. «Ben detto.»

«Avete…?» Inghiottì. «Avete… trovato qualcosa in una delle baracche?»

«Proprio così» dissi. «In realtà abbiamo trovato qualcosa in due baracche, ma ci sei andato vicino. Non posso entrare nel dettaglio, naturalmente, ma il succo è questo: abbiamo le prove che Katy è stata uccisa nella baracca dei reperti la notte di lunedì e che il cadavere è rimasto nascosto in quella degli attrezzi per tutta la giornata di martedì. Nessuna delle serrature è stata forzata. Cosa significa secondo te?»

«Che ne so» disse Damien, dopo una pausa.

«Significa che cerchiamo qualcuno che aveva le chiavi. Ovvero Mark, il dottor Hunt e tu. E Hunt ha un alibi.»

Damien sollevò una mano, come fosse a scuola. «Ma… anch'io. Voglio dire, ho un alibi.»

Ci guardò speranzoso, ma entrambi stavamo scuotendo la testa. «Mi dispiace» disse Cassie. «Tua madre dormiva nelle ore che ci interessano. Non può coprirti. E comunque…» Si strinse nelle spalle e sorrise. «Voglio dire, sono sicura che la tua mamma è sincera ma, di solito, una mamma direbbe qualsiasi cosa pur di tenere il suo bambino fuori dai guai. Che il Signore le benedica per questo, ma significa anche che non possiamo fidarci di loro su una questione di questa gravità.»

«Mark ha lo stesso problema» aggiunsi. «Mel dice che era con lui, ma è la sua ragazza e le fidanzate non sono molto più affidabili delle madri. Un po' di più, ma non tanto. E quindi eccoci ancora qui.»

«E se hai qualcosa da dirci» aggiunse Cassie, incoraggiante, «questo è il momento.»

Silenzio. Bevve un sorso della sua 7-Up e ci guardò, tutto occhi azzurri trasparenti e sconcerto. Scosse la testa.