«E quando te l'ha detto?» chiese Sam.
«Un po' a pezzi. Come diceva lei, è stato difficile per Rosalind. Non ho saputo niente fino a maggio, credo…» Damien arrossì ancora di più. «Ci stavamo… baciando e io cercavo di accarezzarle il… seno. Rosalind si infuriò e mi spinse via dicendo che non era quel tipo di ragazza. Rimasi un po' sorpreso… non mi pareva di aver fatto poi chissà che, no? Uscivamo da quasi un mese… insomma, non che questo mi desse il diritto di… però… comunque, ero solo stupito, ma Rosalind era preoccupata che potessi arrabbiarmi con lei. Allora… allora mi disse cosa le aveva fatto suo padre. Per spiegare come mai avesse reagito così.»
«E tu?» chiese Cassie.
«Le dissi che doveva andarsene! Ci saremmo presi un appartamento, i soldi li avremmo trovati… Io avevo lo scavo e Rosalind poteva trovarsi dei lavoretti come modella. Un tizio di una grossa agenzia di modelle l'aveva vista e le aveva detto più volte che sarebbe potuta diventare una top model, solo che suo padre non voleva… Non volevo che mettesse più piede, in quella casa, ma Rosalind disse di no, che non avrebbe lasciato Jessica. Riuscite a immaginarvi che tipo di persona è? Sopportare tutto solo per proteggere sua sorella. Non ho mai conosciuto nessuno così coraggioso.»
Se avesse avuto solo un paio d'anni di più, quella storia lo avrebbe mandato di corsa al telefono più vicino per chiamare la polizia, o il Telefono azzurro. Ma aveva solo diciannove anni. Gli adulti erano ancora solo degli estranei prepotenti che non capivano niente e ai quali non bisognava dire niente perché avrebbero usato le maniere forti e rovinato tutto. Probabilmente non gli era mai venuto in mente di poter chiedere aiuto.
«Disse perfino che…» Damien distolse lo sguardo. Stava per scoppiare di nuovo in lacrime. Pensai, vendicativo, che in galera sarebbe stato veramente nei guai se non la smetteva di farsi venire i lacrimoni ogni cinque minuti. «Mi disse che poteva anche darsi che non sarebbe mai riuscita a… a fare l'amore con me. Per via dei brutti ricordi. Non sapeva se si sarebbe mai più potuta fidare di qualcuno. Se mi fossi trovato una ragazza normale, mi disse… sì, usò proprio il termine "normale"… avrebbe capito. L'unica cosa che mi chiedeva, se mai fossi stato dell'idea di andarmene, era di farlo subito, prima che si fosse affezionata troppo a me…»
«Ma tu non volevi lasciarla» continuò Cassie piano.
«Certo che no» disse semplicemente Damien. «Io sono innamorato di lei.» C'era qualcosa nella sua espressione, una purezza così assoluta, temeraria e sconvolgente che, ci crediate o no, mi spinse a invidiarlo.
Sam gli porse un altro fazzoletto di carta. «C'è solo una cosa che non capisco» disse, pacato e consolatorio. «Volevi proteggere Rosalind… è ovvio, è naturale, qualsiasi uomo avrebbe fatto lo stesso. Ma perché eliminare Katy? Perché non Jonathan? Io sarei andato a prenderlo con le mie stesse mani.»
«Glielo dissi» fece Damien, poi si fermò, a bocca aperta, come se avesse detto qualcosa di pericoloso che potesse incriminarlo. Cassie e Sam ricambiarono il suo sguardo senza fare una piega.
«Be'…» proseguì, dopo un attimo. «Io… vedete, una notte Rosalind aveva male allo stomaco e alla fine riuscii a farglielo dire… Non voleva, ma lui… le aveva dato dei pugni. Quattro volte. Solo perché Katy gli aveva detto che Rosalind non le faceva cambiare canale per guardare un balletto in TV… Non era vero, naturalmente, Rosalind avrebbe cambiato canale se Katy glielo avesse chiesto… Io… non sono più riuscito a sopportarlo. Ci pensavo tutte le notti, quello che le toccava subire, non riuscivo a dormire… Non potevo sopportare che continuasse a succedere!»
Fece un respiro e riprese il controllo della voce. Cassie e Sam annuirono comprensivi.
«Dissi… sì, dissi così: "Io lo ammazzo". Rosalind… non riusciva a credere che l'avrei fatto davvero, che l'avrei fatto per lei. E io… be', era un po' come se… insomma, non è che proprio scherzassi ma non dicevo neanche sul serio. Non avevo mai pensato di poter fare una cosa simile in tutta la mia vita. Ma quando vidi quanto fosse importante per lei anche solo che l'avessi detto… nessuno si era mai offerto di proteggerla prima… quasi pianse, e non è una ragazza che piange spesso, è una persona molto forte.»
«Sono sicura che lo è» disse Cassie. «Allora, come mai non sei andato a cercare Jonathan Devlin una volta che ti era venuta in mente quell'idea?»
«Ma se lui moriva» disse Damien, sporgendosi in avanti e facendo ampi gesti con le mani, ansioso, «la madre non sarebbe stata in grado di badare a loro, per via dei soldi e anche perché… è un po' fuori dalla realtà, no? Le avrebbero mandate in qualche istituto e le avrebbero separate, e Rosalind non avrebbe più potuto prendersi cura di Jessica… e Jessica ha così bisogno di lei, è messa così male che non riesce a fare niente. Rosalind pensa ai compiti e a un sacco di altre cose. E Katy… Katy sarebbe andata a fare le stesse cose a qualcun altro. Se solo non ci fosse stata lei, sarebbe andato tutto a posto! Il loro papà faceva quelle cose solo quando era Katy a spingerlo. Rosalind me lo raccontava e si sentiva così colpevole… Gesù, si sentiva colpevole… lei! A volte diceva che avrebbe voluto che Katy non fosse mai nata…»
«Ed è così che ti è venuta l'idea» disse Cassie con voce neutra, ma capivo dalla smorfia impercettibile della bocca che era arrabbiata. «Hai pensato di uccidere Katy.»
«È stata una mia idea» disse subito Damien. «Rosalind non c'entra niente. Non voleva… all'inizio ha detto di no. Non voleva che rischiassi tanto per lei. Era sopravvissuta per tanti anni, diceva, poteva sopravvivere altri sei, fino a quando Jessica non avesse raggiunto un'età sufficiente per consentire a loro due di uscire di casa. Ma io non potevo permettere che restasse lì! Per un pelo non era morta, quella volta della frattura alla testa. È rimasta in ospedale per due mesi. Sarebbe potuta morire.»
Improvvisamente anch'io m'infuriai, non contro Rosalind ma contro Damien, per essere stato così assurdamente idiota, un perfetto imbecille, il classico personaggio dei cartoni animati che va a mettersi da solo proprio dove cade l'incudine. Mi rendo conto, è ovvio, sia dell'ironia della cosa sia delle noiose implicazioni psicologiche che si celavano dietro la mia reazione, ma in quel momento l'unica cosa che riuscivo a pensare era di entrare fragorosamente nella stanza dell'interrogatorio e sbattere la faccia di Damien sulle cartelle cliniche. "Le vedi queste, deficiente? Dove la vedi qui la frattura alla testa? Non ti è venuto in mente di farti vedere almeno la cicatrice prima di uccidere una bambina per questo?"
«Quindi hai insistito» disse Cassie, «e alla fine Rosalind ha in qualche modo accettato.»
Questa volta Damien si accorse del tranello. «È stato per Jessica! A Rosalind non importava quello che poteva succedere a lei, ma Jessica… Rosalind temeva che avesse un crollo nervoso o qualcosa del genere. Non pensava che potesse sopportare altri sei anni così!»
«Ma Katy non ci sarebbe più stata per la maggior parte del tempo» disse Sam. «Stava per andare alla scuola di ballo a Londra. Adesso sarebbe già via. Non lo sapevi?»
Damien quasi ululò. «No! L'ho detto, ho chiesto a… non capisce… non le importava niente di fare la ballerina. Le interessava solo essere al centro dell'attenzione. In quella scuola nessuno le avrebbe dato importanza, non sarebbe stata niente di speciale, e sarebbe tornata prima di Natale… sarebbe tornata a casa!»
Di tutto quello che le avevano fatto, tra tutti e due, quella era la cosa che mi sconvolgeva di più: la perfezione diabolica, la gelida precisione con la quale aveva mirato alla sola cosa alla quale Katy Devlin aveva tenuto davvero, colpendola e distruggendola. Pensai alla voce bassa e profonda di Simone, alla scuola di danza. Sérieuse. In tutta la mia carriera non avevo mai sentito così chiaramente la presenza del male, il suo odore forte e marcescente nell'aria, viticci invisibili che si avvinghiavano alle gambe del tavolo, che sfioravano con oscena delicatezza maniche e gole. Mi si drizzarono i capelli sulla nuca.